De gustibus non est disputandum, Venezia, Fenzo, 1754

Vignetta Frontespizio
 SCENA V
 
 ARTIMISIA, poi CELINDO
 
 Artimisia
 Cara cugina mia, ti credo poco.
 Queste cosuccie fredde,
690che non paiono in viso punto scaltre,
 son accorte, son furbe più dell’altre.
 Ecco Celindo; poverino, ei pena
 ma non mi basta ancor. Mi piace il gioco.
 Voglio tirarlo innanzi ancora un poco.
 Celindo
695Artimisia pietà...
 Artimisia
                                  Sì, disponete
 del mio amor, di mia fé, che vostra io sono.
 Celindo
 Non pretendo da voi...
 Artimisia
                                           Tutto vi dono.
 Che volete di più?
 Celindo
                                    Mi giunge nuovo,
 Artimisia gentil, codesto amore.
700La mia fede, il cuore
 ad Erminia donai, voi lo sapete.
 Artimisia
 È ver; voi non potete
 lasciarla, abbandonarla.
 Sperar l’affetto vostro a me non lice.
705Ah misera infelice!
 Penar senza speranza mi conviene.
 Altri avranno i contenti ed io le pene.
 Celindo
 (Mi fa pietade).
 Artimisia
                                (Ha da cascar, se fosse
 più duro d’un macigno).
 Celindo
                                               (Ma non posso
710Erminia abbandonar). (Da sé)
 Artimisia
                                             Non giova al mondo
 fede, sincerità, costanza, amore;
 per guadagnare un cuore,
 che le grazie più belle in sé raduna,
 merito non ci vuol, ci vuol fortuna.
 Celindo
715Spiacemi che sì tardi
 scoperto il vostro foco...
 Ah sfortunato io sono...
 Artimisia vi stimo.
 Artimisia
                                      (Or viene il buono). (Da sé)
 No no, di mia nipote
720la bellezza v’alletta.
 Ella è più giovanetta.
 È ver che la mia dote
 supera dieci volte
 gli assegnamenti suoi;
725ma una vedova alfin non è per voi.
 Celindo
 Non è per me?
 Artimisia
                              No, ingrato,
 io non sono per voi. Se la mia mano
 fosse stata, crudele, a voi gradita
 non avereste Erminia preferita.
 Celindo
730Ma se...
 Artimisia
                  Non v’è più tempo.
 Senza frutto il mio cuor si strugge in pianto.
 Come la cera al foco
 si disfan le mie carni a poco a poco.
 Celindo
 Veggo però che ancora
735e fresca e grassa e ritondetta siete.
 Artimisia
 Ah, crudele, il mio mal voi ben vedete.
 Celindo
 Se potessi... Vi giuro...
 Artimisia
 No, d’amor non mi curo.
 Basta di chi v’adora
740che pietade mostriate e poi si mora.
 Celindo
 Se della mia pietà... dell’amor mio...
 (Stelle, che fo?) (Da sé)
 Artimisia
                                 (Principia
 il merlotto a cader). (Da sé)
 Celindo
                                        Voi che d’Erminia
 nel sen potete regolar gli affetti...
 Artimisia
745Ah Celindo, v’intendo.
 Celindo
                                            A voi s’aspetta...
 Artimisia
 Non più, la vostra mano.
 Celindo
 La mia mano? Perché?
 Artimisia
 Non state a replicar. La mano a me.
 Celindo
 Oh cieli! Eccola.
 Artimisia
                                Accetto
750di questa mano il dono.
 E perché giusta io sono,
 ma perché nell’amor tradir non soglio,
 portatela ad Erminia, io non la voglio.
 Celindo
 Come?
 Artimisia
                 Tant’è.
 Celindo
                                Se voi...
 Artimisia
755Ognun badi, Celindo, a’ fatti suoi.
 Celindo
 Se per me voi penate...
 Artimisia
 Capperi; vi gonfiate
 nel sentir che una donna
 peni e smani per voi.
 Celindo
                                          No, mi tormenta
760che vi cruci per me d’amore il foco.
 Artimisia
 Lo potrei anche dir così per gioco.
 Celindo
 Ah sì, di me senz’altro
 gioco vi prenderete.
 Con chi merto non ha far lo potete.
 Artimisia
765(Ecco qui mia nipote). (Da sé)