De gustibus non est disputandum, Venezia, Fenzo, 1754

Vignetta Frontespizio
 SCENA III
 
 ARTIMISIA e detti
 
 Artimisia
                                        Olà, fermate.
 don Pachione
610Ma perché?
 Rosalba
                         Poverino!
 Deh lasciate ch’ei beva
 questo caffè di zucchero ripieno.
 Artimisia
 Non signore.
 don Pachione
                           Perché?
 Artimisia
                                            Perché è veleno.
 don Pachione
 Veleno?
 Rosalba
                  (Oimè, che dite?)
 Artimisia
615(State zitta; ridete e non partite).
 don Pachione
 Qual tradimento è questo?
 Artimisia
 Tal periglio funesto
 per cagione del merto a voi sovrasta.
 Ho scoperto l’arcano e tanto basta.
 don Pachione
620Chi vuolmi avvelenar?
 Artimisia
                                            Tutti.
 don Pachione
                                                         Ma come?
 Artimisia
 L’amor, la stima che ho per voi nel petto
 tutti accese d’invidia e di dispetto.
 A comperar veleni
 so che taluno è stato;
625e voi temer dovete
 tutto quel che mangiate e che bevete.
 don Pachione
 Dunque me n’anderò.
 Artimisia
                                           Mi maraviglio,
 voi dovete restar.
 don Pachione
                                   Ma se mi vogliono
 avvelenar.
 Artimisia
                      Difendervi potete.
630Basta che non mangiate e non bevete.
 don Pachione
 Mangiare o non mangiar per me è tutt’uno.
 Morirò avvelenato o ver digiuno.
 Voglio di qua partir.
 Artimisia
                                        Tutte le porte
 chiuse voi troverete,
635senza licenza mia non partirete.
 don Pachione
 Deh Rosalba gentile,
 parlate in mio favore.
 Rosalba
                                          Io non m’imbroglio.
 don Pachione
 Deh lasciate ch’io parta.
 Artimisia
                                              No, non voglio.
 don Pachione
 Maledetto il momento
640ch’io son venuto qui. Muoio di fame,
 non posso satollarmi
 e poi vogliono ancora avvelenarmi?
 Se morto mi volete,
 Pacchione creperà;
645ma ammazzatelo presto in carità.
 
    Donne crudeli e perfide,
 donne spietate e barbare,
 toglietemi d’impaccio,
 deh fatemi crepar.
 
650   Con una spada ziff.
 Con un coltello zaff.
 O con un laccio ih!
 O con un maglio ah!
 
    Ma nel mio seno
655non vuo’ veleno,
 ma l’astinenza,
 ma l’appetenza
 mi fa tremar.
 
    Crudeli e perfide,
660spietate e barbare,
 di mal di stomaco
 non vuo’ crepar.