De gustibus non est disputandum, Venezia, Fenzo, 1754

Vignetta Frontespizio
 SCENA XII
 
 Il CAVALIERE, don PACCHIONE e detta
 
 il Cavaliere
                                Obbediente
450vengo, madama, a’ cenni vostri.
 Pachione
                                                            Anch’io
 faccio per obbedirvi il dover mio.
 Artimisia
 Mesti vi veggo e scoloriti in viso.
 Qualche affanno improviso
 v’agita, vi conturba e opprime il cuore?
455In verità, signore, (Al cavaliere)
 con tal malinconia
 voi mi fate una bella compagnia.
 il Cavaliere
 Sol per darvi piacer...
 Artimisia
                                          Basta, non voglio
 sentire altra ragione.
460Qual disgrazia è accaduta a don Pacchione?
 don Pachione
 Dirò... Per me non parlo,
 che non curo mangiar; ma veramente
 l’ora s’avanza e per destin fatale
 quel vitel sì prezioso anderà a male.
 Artimisia
465Ecco il solito stil...
 don Pachione
                                   Per me non parlo.
 Per me fatta non è quella pietanza.
 Io mi pasco d’amore e di speranza.
 Artimisia
 Sentite. (Al cavaliere)
 il Cavaliere
                   E poi direte
 che son io l’infedel che non v’adora.
 Artimisia
470Questa cosa finor non dissi ancora.
 il Cavaliere
 Dunque se del mio amor...
 Artimisia
                                                   Tacete. Io peno
 nel vedervi penar, miseri entrambi.
 L’ora infatti del pranzo
 avanzando si va; mi disse il cuoco
475che vi manca non poco a dar in tavola
 e affamata son io come una diavola.
 Qualche cosa si faccia almeno intanto.
 Diciamo una canzone,
 stiamo un po’ in allegria,
480beviam la cioccolata in compagnia.
 don Pachione
 Sì sì la cioccolata
 darà un po’ di ristoro.
 il Cavaliere
 Scemerà una canzone il mio martoro.
 Artimisia
 Eccola qui la canzonetta amena
485con musica e parole.
 Ecco la cioccolata a chi ne vuole.
 don Pachione
 (Questa è per me).
 il Cavaliere
                                      Porgete a me quel foglio.
 Artimisia
 Aspettate, che pria bevere io voglio.
 don Pachione
 (E quando me la dà?)
 il Cavaliere
                                           Potrei frattanto
490darle una ripassata.
 don Pachione
 Si raffredda quell’altra cioccolata.
 Artimisia
 Ho finito. Tenete;
 lo stomaco con questa reficiate;
 su bevetela presto; e voi cantate.
 don Pachione
495Signora, in verità...
 il Cavaliere
                                      Se mi permette...
 Artimisia
 Quel ch’io dico si fa né si ripette.
 
    Bevete, se mi amate
 non ci pensate su.
 Per amor mio cantate,
500non aspettate più.
 
 don Pachione
 
    Ah pazienza! Canterò.
 
 il Cavaliere
 
 Per piacervi, io beverò.
 
 don Pachione
 
    «Il misero augelletto
 vede chi mangia il miglio
505e nella gabbia stretto
 canta digiuno ancor».
 
 Artimisia
 
    Che vi par? Non è bellina?
 
 il Cavaliere
 
 Bella inver ma canta male,
 se vi piace, io canterò.
 
 don Pachione
 
510Egli canti, io beverò.
 
 Artimisia
 
    Seguitate. Mi piacete.
 Terminate, via bevete,
 che ambidue vi goderò.
 
 il Cavaliere, don Pachione a due
 
    Che pazienza, che tormento!
515Questo è gusto? Signor no.
 
 Artimisia
 
 V’è altro gusto? Signor no.
 
 don Pachione
 
    «Muore di fame il lupo,
 vede mangiare e freme...»
 
 il Cavaliere
 
    Ma gli manca sino il fiato.
520Deh lasciate...
 
 Artimisia
 
                             Signor no.
 
 don Pachione
 
    Se l’amico s’è annoiato,
 quegli avanzi...
 
 Artimisia
 
                               Signor no.
 
 don Pachione
 
    Canti chi vuol cantare,
 io non ne posso più.
 
 Artimisia
 
525   «Muore di fame il lupo...»
 Io non ne posso più.
 
 il Cavaliere
 
    «Vede mangiare e freme...»
 
 don Pachione
 
 No non ne posso più.
 
 Artimisia
 
    Dunque si canti insieme.
 
 il Cavaliere, don Pachione, Artimisia a tre
 
530Cantisi dunque su.
 
 a tre
 
    Fiero tormento è amore,
 fame crudel tormenta;
 viva chi si contenta,
 viva chi gode ognor.
 
 Fine dell’atto primo