Candace, Venezia, Rossetti, 1740

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA V
 
 CANDACE e poi EVERGETE creduto Lagide
 
 CANDACE
530Qual più degno olocausto ad un tiranno
 che un suo figlio svenato
 per suo comando? O mio felice inganno.
 EVERGETE
 Reina, un Evergete
 devi a l’Egitto; Aulete
535se ne usurpa il gran nome e te ne appella
 in testimon; me pure
 tale dicesti; or qual di noi sen vanta
 ingiustamente?
 CANDACE
                                Questi
 del geloso amor mio
540fu l’illustre consiglio;
 dissi Aulete mio figlio
 sino d’allor che il traditor Tilame
 in sua vece svenò d’Agatoclea
 il bambino innocente;
545quegli mi strinsi al sen, quello bagnai
 del pianto che per te gettava il core;
 ed ecco della mia frode felice
 il degno frutto.
 EVERGETE
                              Aulete dunque, o madre,
 ch’è una parte di me, fia che s’usurpi
550una morte non sua?
 CANDACE
                                       Senti qual fasto
 noi diam ne la sua morte
 alla nostra vendetta;
 d’Amasi è figlio Aulete; il padre istesso
 sia il carnefice suo.
 EVERGETE
                                      Qual nuovo orrore?
 CANDACE
555Devi a la tua salvezza
 tutto quel sangue; il devi
 del tuo gran genitor a l’ombra augusta.
 EVERGETE
 Debbo a la mia virtù, debbo a la legge
 d’una sagra amistà, debbo a la gloria
560de le regie mie fasce
 la salvezza d’Aulete;
 rifiuto una corona
 che mi vien da la frode e da la strage
 d’un amico innocente.
 CANDACE
565Innocente tu apelli
 d’un traditore il figlio? E chiami amico
 colui ch’ha ne le vene
 il sangue reo di chi t’uccise il padre?
 EVERGETE
 Non va dal padre al figlio
570de’ paterni delitti
 la turpe eredità; né da me chiede
 il genio d’Aprio una viltà plebea;
 ad Amasi men vado; agli occhi suoi
 il mio gran nome d’Evergete ostento.
 CANDACE
575Ah figlio incauto, pensa,
 pensa meglio a te stesso.
 Previeni il tuo periglio.
 Da un nemico crudel guarditi, o figlio. (Parte)
 EVERGETE
 E dimmi, o madre,
580degno figlio di re. Seguo la luce
 che mi deriva da’ paterni allori
 e vo’ che un atto grande
 il nome mio, la mia memoria onori.
 
    Ah mi sento nelle vene
585il valor del regio sangue;
 mi conosca e cada esangue
 il tiranno traditor.
 
    Vil timore non conviene
 a colui ch’è di re figlio;
590di cimento, di periglio
 non paventa un regio cor.