Candace, Venezia, Rossetti, 1740

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA VII
 
 CANDACE e poi LAGIDE creduto Aulete
 
 CANDACE
315Or più che mai geloso,
 veglia, o cuore di madre, al gran periglio
 del tuo Evergete; Aulete
 tale si creda e sia
 la doppia frode un certo asilo al figlio.
320Eccolo, a l’armi, o cor.
 LAGIDE
                                          Con quale mai
 nome più sacro, o donna augusta, io debba
 oggi appellarti, il mio stupore incerto
 da te ricerca. Io dunque,
 né m’ingannò Tilame,
325io di te nato? E del grand’Aprio il sangue
 gira nelle mie vene?
 CANDACE
 Vieni fra le mie braccia,
 miglior parte di me, sola speranza
 del mio giusto dolor, dolce mio figlio;
330se malcauto Tilame
 l’arduo arcano scoprì, luogo non resta
 a l’arti mie; tu solo,
 cara reliquia, sei del mio tradito
 signore e sposo; a te riserba il cielo
335quell’illustre corona
 che ti guarda il mio amore ed il mio zelo.
 (Giovi l’inganno, o cieli). (A parte)
 LAGIDE
 Ma sì lunga stagion perché celarmi
 il carattere illustre
340di tuo figlio e di re?
 CANDACE
                                       Non mai geloso
 abbastanza è l’amore in cor di madre.
 Ad immatura età non ben si affida
 custodito segreto. Amasi vivo
 il mio spavento ancora
345non ben s’accheta e tutto il cor non cede.
 LAGIDE
 Eh no madre, non più, non più si tema
 il regnante furor, già tutto applaude
 a la nostra speranza.
 CANDACE
 Solo il tempo, Evergete,
350nuocer ti può; tu vanne,
 rapido ostenta al popolo, ai soldati
 in te d’Aprio l’erede;
 precipiti, non cada
 Amasi dal suo soglio;
355e prima ch’ei ti vegga, il ferro ei senta
 ne le fibre crudeli
 del cuore traditor; a te s’aspetta,
 figlio, d’Aprio la tua, la mia vendetta.
 LAGIDE
 Rapido a la grand’opra
360madre men vo; ma pria
 concedi che prostrato
 al tuo piede real un bacio imprima
 su la materna destra;
 e tale ardore in questo bacio io prenda
365che del padre e di te degno mi renda.
 
    Tu m’acendi l’alma in petto
 di coraggio e di valor;
 e già sento dal tuo cor
 la virtù che parla in me.
 
370   Si vedrà l’illustre affetto
 del materno tuo consiglio,
 si vedrà che degno figlio
 i natali ebb’io da te.