Gustavo primo re di Svezia, Venezia, Rossetti, 1740

Vignetta Frontespizio
 SCENA VI
 
 Piazza principale di Edmora.
 
 LEARCO, ERNESTO, popolo e soldati
 
 Ernesto
 Popoli, è tempo ormai
 che d’un empio tiran si scuota il giogo.
 Da che l’avidità de’ re stranieri
140fu di noi vincitrice o da noi vinta
 non vi fu mai chi ardisce
 contro questa felice ultima parte
 volger l’armi superbe. Eccoci adesso
 minacciati, assaliti; e ciò fia poco;
145rammentate le stragge
 de’ cittadini. Quelle spade istesse,
 che i miseri han svenato, oggi rivolte
 son contro noi; felice quello a cui
 servon d’esempio le miserie altrui.
150Learco in te confida
 tutta la speme nostra.
 Learco
                                          A voi la vita
 io deggio e non ricuso
 oggi esporla per voi. Mi raccoglieste
 povero, abbandonato ed han due lustri
155che figlio son di Dalecarlia anch’io.
 Che più si tarda? Ecco il pensier costante
 degno di noi. O trionfare appieno
 o invendicati non cadere almeno.
 Ernesto
 Secondi il ciel pietoso
160la tua destra, il tuo core; e se tu sei
 scelto da’ sommi dei
 liberator del nostro afflitto regno
 tu ne sarai Learco
 il suo regge, il suo padre, il suo sostegno.
 Learco
165Or pensiamo a pugnar. Sarà fra noi
 diviso il merto e il premio.
 Non è di chi comanda
 tutto l’onor della vittoria.
 Ernesto
                                                Oh prode,
 oh degna d’ogni lode anima invitta!
170Tu ben chiaro dimostri
 sotto l’oscuro manto
 d’incognito stranier che in te si asconde
 un eroe della terra o pur del cielo.
 Learco
 Tanto non vi trasporti il vostro zelo.