Farnace, Venezia, Rossetti, 1739

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA IV
 
 TAMIRI e detti
 
 TAMIRI
 (Pupille, o voi sognate o questi è certo
 il diletto mio sposo).
 FARNACE
 (Cieli! Vive Tamiri e il mio comando
 non eseguì?)
 TAMIRI
                           Qual nume
455mosso a pietà degli aspri miei tormenti
 ti riconduce a consolarmi, o caro?
 FARNACE
 Quel nume spergiurato
 da te vil donna.
 TAMIRI
                               Ah che quel nume stesso...
 FARNACE
 Taci. Cotanto è dunque
460dolce la vita ai miseri che ponno
 goderne ancora in servitù crudele?
 TAMIRI
 Io ben volea morendo
 fuggir l’ingiurie della mia fortuna
 ma Berenice...
 FARNACE
                              Intendo.
465Berenice ti diede
 col sangue suo la sua viltà. Ma forse
 al primo tradimento
 il secondo accopiasti
 e all’oltraggio del barbaro trionfo
470il figlio mio serbasti.
 TAMIRI
 Ah lo serbai (deh secondate, o cieli,
 l’amorosa menzogna)
 ma lo serbai di quella tomba in seno.
 Ivi è sepolta, oh dio!
475l’unica tua delizia e l’amor mio.
 FARNACE
 Dunque morì l’amata prole? Ah troppo,
 troppo ottenne da me la mia sciagura.
 Si è servito alla gloria, omai si serva
 alla paterna tenerezza. Parli,
480parli alquanto il dolore,
 poi la virtù il sommerga entro del core.
 
    Il tuo pianto, i tuoi sospiri
 giusti sono, o sposa amata,
 io non serbo un’alma ingrata,
485teco langue anche il mio cor.
 
    Il tiranno in me tu miri,
 il crudele in me tu vedi
 ma nel sen più che non credi
 provo estremo il mio dolor.