L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA II
 
 ALCANDRO e detti
 
 Alcandro
 Oh sacrilego! O insano!
 Oh scelerato ardir!
 Aristea
                                     Vi sono ancora
 nuovi disastri, Alcandro?
 Alcandro
                                                In questo istante
 rinasce il padre tuo.
 Aristea
                                       Come?
 Alcandro
                                                       Che orrore!
1050Che ruina! Che lutto,
 se ’l ciel nol difendea, ne avrebbe involti!
 Aristea
 Perché?
 Alcandro
                  Già sai che per costume antico
 questo festivo dì con un solenne
 sacrificio si chiude; or mentre al tempio
1055venia fra’ suoi custodi
 la sacra pompa a celebrar Clistene,
 perché non so né da qual parte uscito,
 Licida impetuoso
 ci attraversa il cammin. Non vidi mai
1060più terribile aspetto. Armato il braccio,
 nuda la fronte avea, lacero il manto,
 scomposto il crin. Dalle pupille accese
 uscia torbido il guardo e per le gote
 d’inaridite lagrime segnate
1065traspariva il furore. Urta, roverscia
 i sorpresi custodi. Al re s’avventa:
 «Mori» grida fremendo e gli alza in fronte
 il sacrilego ferro.
 Aristea
                                  Oh dio!
 Alcandro
                                                   Non cangia
 il re sito o color. Severo il guardo
1070gli ferma in faccia e in grave suon gli dice:
 «Temerario! Che fai?» Vedi se il cielo
 veglia in cura de’ re. Gela a que’ detti
 il giovane feroce. Il braccio in alto
 sospende a mezzo il colpo. Il reggio aspetto
1075attonito rimira, impallidisce,
 incomincia a tremar, gli cade il ferro
 e dal ciglio, che tanto
 minaccioso parea, prorompe il pianto.
 Aristea
 Respiro.
 Argene
                   O folle!
 Aminta
                                   O sconsigliato!
 Aristea
                                                                Ed ora
1080il genitor che fa?
 Alcandro
                                  Di lacci avvolto
 ha il colpevole innanzi.
 Aminta
                                            (Ah si procuri
 di salvar l’infelice).
 Megacle
 E Licida che dice?
 Alcandro
                                    Alle richieste
 nulla risponde. È reo di morte e pare
1085che nol sappia o nol curi. Ognior piangendo
 il suo Megacle chiama; a tutti il chiede.
 Lo vuol da tutti e fra’ suoi labbri, come
 altro non sappia dir, sempre ha quel nome.
 
    Quel dolente pastorello,
1090che smarita ha la compagna,
 va smanioso, se ne lagna
 né riposo sa trovar.
 
    Così lui, che il caro amico
 cerca invano, invan richiama,
1095va mostrando quella brama
 che cagiona il suo penar.
 
 Megacle
 Più resister non posso. Al caro amico,
 per pietà, chi mi guida?
 Aristea
                                               Incauto! E quale
 sarebbe il tuo disegno? Il genitore
1100sa che tu l’ingannasti;
 sa che Megacle sei. Perdi te stesso,
 presentandoti al re, non salvi altrui.
 Megacle
 Col mio principe insieme
 almen mi perderò.
 Aristea
                                     Senti. E non stimi
1105consiglio assai miglior che il padre offeso
 vada a placargli io stessa?
 Megacle
                                                 Ah che di tanto
 lusingarmi non so.
 Aristea
                                     Sì. Questo ancora
 per te si faccia.
 Argene
                               O generosa, o grande,
 o pietosa Aristea. Facciano i numi
1110quell’alma bella in questa bella spoglia
 lungamente albergar; ben lo diss’io,
 quando pria ti mirai, che tu non eri
 cosa mortal. Va’, mio conforto...
 Aristea
                                                           Ah basta;
 non fa d’uopo di tanto.
1115Un sol de’ guardi tuoi
 mi costringe a voler ciò che tu vuoi.
 
    Così grande è il nostro amore
 ch’ogni moto del tuo core
 bramo anch’io di secondar.
 
1120   Io m’attristo alle tue pene
 e la gioia mia proviene
 dal poterti consolar.