L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XV
 
 LICIDA
 
 Licida
 Con questo ferro, indegno,
990il sen ti passerò... Folle che dico,
 che fo? Con chi mi sdegno? Il reo son io,
 io son lo scellerato. In queste vene
 con più ragion l’immergerò. Sì, mori,
 Licida sventurato... Ah perché tremi,
995timida man? Chi ti ritiene? Ah questa
 è ben miseria estrema. Odio la vita,
 m’atterisce la morte e sento intanto
 stracciarmi a brano a brano
 in mille parti il cor. Rabbia, vendetta,
1000tenerezza, amicizia,
 pentimento, pietà, vergogna, amore
 mi trafiggono a gara. Ah chi mai vide
 anima lacerata
 da tanti affetti e sì contrari! Io stesso
1005non so come si possa
 minacciando tremare, arder gelando,
 piangere in mezzo all’ire,
 bramar la morte e non saper morire.
 
    M’accendo, m’agghiaccio
1010fra sdegno e furore.
 Confuso minaccio,
 tra pianto ed orrore.
 Spietato il destino
 tremare mi fa.
 
1015   L’amico infelice
 per me si diè morte,
 seguir la sua sorte
 quest’alma saprà.
 
 Fine dell’atto secondo