L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XIII
 
 LICIDA e poi AMINTA
 
 Licida
 In angustia più fiera
 io non mi vidi mai. Tutto è in ruina
920se parla Argene. È forza
 raggiungerla, placarla... E chi trattiene
 la principessa intanto? Il solo amico
 potria... Ma dove andò? Si cerchi. Almeno
 e consiglio e conforto
925Megacle mi darà.
 Aminta
                                   Megacle è morto.
 Licida
 Che dici Aminta!
 Aminta
                                   Io dico
 purtroppo il ver.
 Licida
                                 Come? Perché? Qual empio
 sì bei giorni troncò? Trovisi; io voglio
 ch’esempio di vendetta altrui ne resti.
 Aminta
930Principe nol cercar. Tu l’uccidesti.
 Licida
 Io! Deliri?
 Aminta
                       Volesse
 il ciel ch’io delirassi. Odimi. In traccia
 mentre or di te venia, fra quelle piante
 un gemito improvviso
935sento; mi fermo, al suon mi volgo e miro
 uom che sul nudo acciaro
 prono già s’abbandona. Accorro; al petto
 fo d’una man sostegno,
 con l’altra il ferro svio. Ma quando al volto
940Megacle ravvisai,
 pensa com’ei restò, com’io restai.
 Dopo un breve stupore «Ah qual follia
 bramar ti fa la morte?»
 io volea dirgli, ei mi prevenne: «Aminta,
945ho vissuto abbastanza»
 sospirando mi disse
 dal profondo del cor. «Senza Aristea
 non so viver né voglio. Ah son due lustri
 che non vivo che in lei. Licida, oh dio,
950m’uccide e non lo sa. Ma non m’offende,
 suo dono è questa vita, ei la riprende».
 Licida
 Oh amico! E poi?
 Aminta
                                   Fugge da me, ciò detto,
 come partico stral. Vedi quel sasso,
 signor, colà che il sottoposto Alfeo
955signoreggia ed adombra? Egli v’ascende
 in men che non balena. In mezzo al fiume
 si scaglia; io grido invan. L’onda percossa
 balzò, s’aperse in frettolosi giri,
 si riunì, l’ascose. Il colpo, i gridi
960replicaron le sponde e più nol vidi.
 Licida
 Ah qual orrida scena
 or si scuopre al mio sguardo!
 Aminta
                                                       Almen la spoglia
 che albergò sì bell’alma
 vadasi a ricercar. Da’ mesti amici
965questi a lui son dovuti ultimi uffici.