L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XII
 
 LICIDA e poi ARGENE
 
 Licida
880A me barbaro! O numi!
 Perfido a me? Voglio seguirla e voglio
 sapere almen che strano enigma è questo.
 Argene
 Fermati, traditor.
 Licida
                                   Sogno o son desto!
 Argene
 Non sogni, no; son io,
885l’abbandonata Argene. Anima ingrata,
 riconosci quel volto
 che fu gran tempo il tuo piacer. Se pure
 in sorte sì funesta
 delle antiche sembianze orma vi resta.
 Licida
890(Donde viene? In qual punto
 mi sorprende costei? Se più mi fermo
 Aristea non raggiungo). Io non intendo,
 bella ninfa, i tuoi detti. Un’altra volta
 potrai meglio spiegarti.
 Argene
                                              Indegno, ascolta.
 Licida
895(Misero me!)
 Argene
                            Tu non m’intendi? Intendo
 ben io la tua perfidia. I nuovi amori,
 le frodi tue tutte riseppi e tutto
 saprà da me Clistene
 per tua vergogna.
 Licida
                                   Ah no. Sentimi Argene.
900Non sdegnarti. Perdona
 se tardi ti ravviso. Io mi rammento
 gli antichi affetti e se tacer saprai
 forse... Chi sa?
 Argene
                              Si può soffrir di questa
 ingiuria più crudel? «Chi sa» mi dici!
905Invero io son la rea. Picciole pruove
 di tua bontà non sono
 le vie che m’offri a meritar perdono.
 Licida
 Ascolta. Io volli dir...
 Argene
                                        Lasciami, ingrato;
 non ti voglio ascoltar.
 Licida
                                         (Son disperato).
 Argene
 
910   Barbaro traditore
 non mi parlar d’amore,
 parlami di vendetta,
 parla di crudeltà.
 
    Crudele tu mi fai,
915per vendicarmi omai
 ho sin scordato i nomi
 d’amore e di pietà.