L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XI
 
 LICIDA ed ARISTEA
 
 Licida
 Che laberinto è questo! Io non l’intendo.
 Semiviva Aristea... Megacle afflitto...
 Aristea
850Oh dio.
 Licida
                 Ma già quell’alma
 torna agli usati uffici. Apri i bei lumi,
 principessa, ben mio.
 Aristea
                                          Sposo infedele!
 Licida
 Ah, non dirmi così. Di mia costanza
 ecco in pegno la destra.
 Aristea
                                             Almeno... O stelle!
855Megacle ov’è?
 Licida
                             Partì.
 Aristea
                                          Partì l’ingrato!
 Ebbe cor di lasciarmi in questo stato!
 Licida
 Il tuo sposo restò.
 Aristea
                                   Dunque è perduta
 l’umanità, la fede,
 l’amore, la pietà? Se questi iniqui
860incenerir non sanno,
 numi, i fulmini vostri in ciel che fanno?
 Licida
 Son fuor di me! Di’, chi t’offese, o cara,
 parla. Brami vendetta? Ecco il tuo sposo,
 ecco Licida...
 Aristea
                           Oh dei!
865Tu quel Licida sei! Fuggi, t’invola,
 nasconditi da me. Per tua cagione,
 perfido, mi ritrovo a questo passo.
 Licida
 E qual colpa ho commessa? Io son di sasso!
 Aristea
 
    L’atroce affanno
870ch’io provo in petto
 vien dal tuo inganno,
 o traditor,
 spietato cor,
 va’ che il tuo aspetto
875terror mi fa.
 
    Troppo è funesto
 questo tuo affetto
 che a mio dispetto
 nel cor mi sta.