L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA IX
 
 MEGACLE solo
 
 Megacle
 Che intesi, eterni dei! Quale improvviso
 fulmine mi colpì! L’anima mia
 dunque fia d’altri! E ho da condurla io stesso
 in braccio al mio rival! Ma quel rivale
405è il caro amico. Ah quali nomi unisce
 per mio strazio la sorte! Eh che non sono
 rigide a questo segno
 le leggi d’amistà. Perdoni il prence,
 ancor io sono amante. Il domandarmi
410ch’io gli ceda Aristea non è diverso
 dal chiedermi la vita. E questa vita
 di Licida non è? Non fu suo dono?
 Non respiro per lui? Megacle ingrato
 e dubitar potresti? Ah se ti vede
415con questa in volto infame macchia e rea
 ha ragion d’abborrirti anche Aristea.
 No, tal non mi vedrà. Voi soli ascolto,
 obblighi d’amistà, pegni di fede,
 gratitudine, onore. Altro non temo
420che il volto del mio ben. Questo s’eviti
 formidabile incontro. In faccia a lei,
 misero, che farei! Palpito e sudo
 solo in pensarlo e parmi
 instupidir, gelarmi,
425confondermi, tremar... No, non potrei...