Vittorina, London, Cadell, 1777

Vignetta Frontespizio
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera con due porte laterali.
 
 La MARCHESA e ROBERTO
 
 Roberto
 Cose grandi, signora.
 Chi preveder potea quel ch’è arrivato?
 Marchesa
 Chi l’ordine vi ha dato
 di toglier Vittorina
850al segretario e al camerier di mano?
 Roberto
 Esposta ho la mia vita...
 Marchesa
 Perfido! Mi hai tradita. Ed Isabella!
 La trovasti? Partì!
 Roberto
                                    Gli ordini ho dati...
 E partita la credo...
855o partirà...
 Marchesa
                       Che vedo!
 Mentitor! Qui Isabella!
 Roberto
                                             E che per questo?
 Se voi gliel dite, partirà più presto.
 Marchesa
 Chiudi l’uscio.
 Roberto
                              Obbedisco.
 Marchesa
                                                     (In quante guise
 mi assalisce il furor!)
 Roberto
                                          Povera donna!
 Marchesa
860Va’ via, servo impostore,
 rendi i tuoi conti al segretario e parti.
 E di servirmi più non lusingarti.
 
    Ah non resisto al peso
 di tante ingiurie e tante.
865Un infedele amante!
 Una superba ingrata!
 Un’alma scellerata! (A Roberto)
 M’empiono il sen d’orror.
 
    L’amor, l’onore offeso
870freme e vendetta chiede.
 Vedrò l’infido al piede.
 La rea punir m’impegno,
 farò ad un servo indegno
 provare il mio rigor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 ROBERTO, poi donna ISABELLA
 
 Roberto
875Qual turbine! Megl’è ch’io me ne vada,
 prima che sul mio capo il fulmin cada.
 donna Isabella
 Siete voi l’arrogante,
 siete voi ’l villanaccio
 che mi ha fitta la porta nel mostaccio?
 Roberto
880Perdon, cara Isabella...
 donna Isabella
 Come! Qual insolenza!
 Con me tal confidenza! Ma che vedo!
 Siete lo sciagurato
 che rapire volea la mia figliuola.
 Roberto
885Rapirla! Anzi salvarla
 e da onorato galantuom sposarla.
 donna Isabella
 Voi mia figlia sposar? Voi la cugina
 sposar della marchesa?
 Roberto
                                             (Oh che mai sento!
 Vittorina... per dirla...
890mostrava nell’aspetto...)
 donna Isabella
 Marchesa, a tuo dispetto
 ti troverò, ti parlerò.
 Roberto
                                        Guardate;
 che ingiustizia! Che torto! Una cugina!
 D’una dama la figlia!
895La collera mi piglia.
 No, signora marchesa,
 soffrir non so l’orgoglio.
 Qui restar più non voglio. Se bisogno
 avete d’un agente o di un fattore,
900eccomi, di servirvi io avrò l’onore.
 
    Questa è una buona dama
 che merita rispetto,
 che di servir prometto
 con zelo e fedeltà.
 
905   Non basta un marchesato,
 da un morto ereditato.
 Bisogna trattar bene,
 giustizia usar conviene;
 e questa è quella dama
910che ve l’insegnerà. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Donna ISABELLA
 
 donna Isabella
 
    «Quest’è una buona dama
 che merita rispetto»!
 Conosco il tuo progetto
 ma non ti riuscirà.
 
915Se non fossi irritata com’io sono,
 rider mi avrebbe fatto,
 quando fuori sortì con questo tratto.
 
    «Non basta un marchesato
 da un morto ereditato».
920Non basta, dico anch’io,
 e in faccia il labbro mio
 glielo ripeterà.
 
 SCENA IV
 
 Il BARONE e la suddetta
 
 Barone
 Ebben, donna Isabella,
 la marchesa vedeste?
 donna Isabella
                                          Non ancora;
925ma quanto tarda più, ve lo prometto,
 l’ira s’accresce e aumentasi il dispetto.
 Barone
 Placatevi. Pentita
 credo sia la marchesa; io vi propongo
 un genero, un marito
930nobile, avvantaggioso, un buon partito.
 donna Isabella
 Sì, vostro figlio istesso
 me n’ha parlato.
 Barone
                                 Ebben, che cosa dite?
 donna Isabella
 Io son contenta,
 se contenta è mia figlia.
 Barone
935Assicuriamo dunque
 prima quel che più preme.
 Poi la marchesa... la vedremo insieme.
 donna Isabella
 Contradirvi non voglio,
 vado in questo momento.
 Barone
940Chi di me più felice e più contento!
 donna Isabella
 
    Voi avrete una buona figliuola,
 non di quelle del tempo moderno.
 Della casa si prende il governo;
 voi vedrete che donna sarà.
 
945   Con chi ride il suo labbro è ridente,
 con chi soffre il suo core è dolente;
 se si grida, non dice parola.
 È un tesoro che pari non ha. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Il BARONE, poi il CAVALIERE
 
 Barone
 Eh son io il fortunato;
950e per me quel tesoro è destinato.
 Cavaliere
 Eccomi, agli ordin vostri
 reso mi son. Non altrimente avrei
 riposto il piè fra queste soglie.
 Barone
                                                         Eppure
 fra queste orrende soglie
955abita quella che sarà tua moglie.
 Cavaliere
 Ah genitor!
 Barone
                        Che vedo!
 Vi turbate? Fremete? A questo segno
 fissate ha le radici
 l’odio nel vostro cuore?
 Cavaliere
960Odio non è...
 Barone
                           Che cos’è dunque?
 Cavaliere
                                                               È amore.
 Eccomi a’ vostri piè. Senza volerlo,
 colpevole son io.
 Vittorina che amate è l’idol mio.
 Barone
 Come! Che! Vittorina!
965Alzatevi; che sento! E come? E quando?
 Cavaliere
 Sino dal primo dì ch’io la mirai,
 mi piacque e l’adorai. Forza mi feci
 per piacervi e obbedirvi. Ah l’amor mio,
 padre, è giunto a tal segno
970ch’ogn’altra aborro ed ho la vita a sdegno.
 Barone
 Povero figlio mio!
 Cavaliere
                                    Se il sagrificio
 necessario è all’onor, morir son pronto;
 imponete, ordinate
 ma ch’io lasci il mio ben non isperate.
975Ah padre...
 Barone
                        Figliuol mio,
 quanto t’amo lo sai ma debbo... Ohimè...
 Pietà... Cieli! Consiglio...
 Tutto farò per consolarti, o figlio!
 
    Una prova di tenero affetto
980è il veder che mi stacco dal petto
 la mia fiamma per cederla a te.
 
    Che bellezza! Che brio! Che portento!
 Io sperava di viver contento
 ma... quel core non era per me.
 
985   La passione m’attira per là.
 La natura mi spinge di qua.
 Miei pensier, miei desiri, che dite?
 La ragione ha deciso la lite.
 Mi par dura ma ingiusta non è. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Il CAVALIERE, poi VITTORINA
 
 Cavaliere
990Povero genitor! Dell’amor suo
 quai prove non mi diè? Qual nuovo effetto
 di sua bontà, del suo paterno affetto!
 Vittorina
 (Mia madre, oh ciel! dove sarà? Per tutto
 la cerco invan. Pavento
995che or sta di sdegno accesa,
 gl’insulti a provocar della marchesa).
 Cavaliere
 Vittorina, voi qui?
 Vittorina
                                     (Cieli!) Scusate.
 Cavaliere
 Idolo mio, restate.
 Pare che la fortuna
1000cangi in nostro favor.
 Vittorina
                                         Come! Mi han detto
 che la marchesa affretta
 di sue nozze la pompa e che a momenti
 in dolce laccio unita...
 Cavaliere
 Con chi?
 Vittorina
                    Con voi, crudele!
 Cavaliere
                                                     Ah no, mia vita.
1005In questo punto il padre mio le parla.
 Ei sa ch’io vi amo; all’amor mio vi cede
 e alla mia libertà veglia e provvede.
 Vittorina
 E s’egli non l’ottien?
 Cavaliere
                                        Chi può forzarmi
 ad un nodo abborrito?
 Vittorina
1010Lasciatemi partire.
 Cavaliere
                                      Oh dio! Restate,
 s’egli è ver che mi amate,
 lusingarmi e sperar mi si conceda,
 la costanza trionfi e il cor non ceda.
 
    La costanza, la speranza,
1015idol mio, non vi abbandoni.
 Cari vende amor suoi doni;
 vuol che soffra un fido cor.
 
 Vittorina
 
    Sono amante e son costante;
 di soffrire io non mi stanco.
1020Non dispero ma non manco
 alle leggi dell’onor.
 
 Cavaliere
 
    L’onor vostro è cura mia.
 
 Vittorina
 
 Non ancor, non ne son degna.
 
 Cavaliere
 
 L’amor mio per voi s’impegna.
 
 Vittorina
 
1025Altri impegni ha il vostro amor.
 
 a due
 
    Crudo fato... dispietato!
 Cangi, cessi il tuo rigor.
 
 Cavaliere
 
    Ma ciel! Parlate.
 Che destinate?
1030Di tormentarmi?
 Di abbandonarmi?
 Non so resistere.
 Fremo d’orror.
 
 Vittorina
 
    Non vi abbandono.
1035Fedel vi sono.
 Ma oppressa ho l’anima
 dal mio dolor.
 
 a due
 
    Lo spirto m’agita,
 il sen mi lacera
1040speranza fragile,
 crudel timor.
 
 Cavaliere
 
    Per dar pace al mio tormento,
 vi domando un giuramento
 sull’altar del dio d’amor.
 
 Vittorina
 
1045   L’ara e il nume ah dove sono?
 
 Cavaliere
 
 Nel mio petto amore ha il trono,
 qua la mano; qua giurate.
 
 Vittorina
 
 No; l’amor che voi vantate
 regna ancor nel petto mio;
1050e qua giuro.
 
 Cavaliere
 
                         Giuro anch’io.
 
 Vittorina
 
 Arrestate; non osate.
 
 Cavaliere
 
 Sull’altar del vostro cuore...
 
 Vittorina
 
 Non è sordo il dio d’amore;
 di lontan vi sente ancor.
 
 a due
 
1055   Tenero affetto,
 crudel rispetto
 combatte l’anima,
 distrugge il cor.
 
    Astri tiranni!
1060Fra tanti affanni
 un raggio io chiedovi
 consolator.
 
    Ah il cor mi dice:
 «Sarai felice.
1065La sorte barbara
 non sarà ognor». (Partono)
 
 SCENA VII
 
 Sala illuminata.
 
 Il CONTE
 
 Conte
 Come! Ancor la marchesa
 d’un infedel, d’un che l’insulta è accesa?
 Io vuo’ de’ torti miei giustizia farmi.
1070Ma che un’altiera donna si abbandoni
 a chi l’insulta ancor difficil parmi.
 
    Donne belle, il vostro cuore
 di che mai non è capace?
 Guerra fate a chi vuol pace,
1075poi amate chi vi offende;
 fortunato è chi v’intende.
 Giuste siate e meno ingrate,
 se volete dominar.
 
 SCENA VIII
 
 La MARCHESA e detto
 
 Marchesa
 Conte, voi qui?
 Conte
                               Venuto
1080sono a render tributo
 d’applauso e di rispetto
 della vostra costanza al degno oggetto.
 Marchesa
 Qualunque sieno i sensi
 del labbro vostro... (Ah l’infedel s’appressa,
1085l’alma da sdegno oppressa...
 Qual destin! Qual orrore!
 Sagrificar alla vendetta il cuore!)
 
 SCENA ULTIMA
 
 Il CAVALIERE, il BARONE, donna ISABELLA, VITTORINA ed i suddetti
 
 Barone
 Marchesa, ecco mio figlio; se il volete,
 ch’ei vi ami o ch’ei non vi ami,
1090forse vi sposerà. Tutto vi è noto,
 nasconderlo, tacerlo inutil fora;
 ei Vittorina adora...
 Marchesa
                                       In faccia mia...
 Barone
 Un momento vi chiedo in cortesia.
 Vittorina
 (Ah mi palpita il cor!)
 Cavaliere
                                           (No, non temete).
 donna Isabella
1095Quanto semplice siete!
 Allorch’io le ho parlato
 divenuta è un’agnella.
 Quando si strilla ben, non è più quella.
 Barone
 Or decider conviene;
1100mio figlio è qui presente,
 se sposarvi acconsente,
 sia l’impegno o l’amor che a ciò lo sprona,
 Vittorina abbandona ed io per rendere
 giustizia al merto e far tacere il mondo
1105critico e malizioso
 voi sposate mio figlio ed io la sposo.
 Qual è il vostro consiglio?
 Marchesa
 Voi sposar Vittorina!
 Barone
                                         O il padre o il figlio!
 Marchesa
 E in ogni guisa avrei
1110cotal gente a soffrir sugli occhi miei?
 Vittorina
 
    No signora, non temete;
 al dover non mancherò.
 
    Non ambisco e non aspiro
 che alla pace ed al ritiro.
1115Voi di me dispor potete;
 rassegnata obbedirò.
 
    Non signora, non temete,
 al dover non mancherò.
 
 donna Isabella
 Come! Sciocca che sei, a una fortuna
1120che offre il ciel con prodigioso evento
 rinonziare vorrai per complimento?
 Vittorina
 
    Madre mia, deh riflettete
 al dover che abbiam contratto.
 Tutto il ben ch’ella mi ha fatto
1125come mai mi scorderò?
 
    Madre mia, se giusta siete...
 No signora, non temete,
 al dover non mancherò.
 
 Cavaliere
 Ah! Vittorina, oh cieli!
1130L’esempio, è ver, della virtù voi siete
 ma per troppa virtù voi vi perdete.
 Vittorina
 
    Ah signor, non condannate
 quell’onor che in me pregiate.
 Voi mi amate e vi amo anch’io;
1135peno, è ver, nel dirvi addio;
 ma innocente io morirò.
 
    No signora, non temete,
 al dover non mancherò.
 
 Marchesa
 (Qual virtù! Qual coraggio!
1140L’ira nel seno estinta,
 di me stessa arrossisco e son convinta).
 Conte, venite meco.
 Conte
                                       A che pensate?
 Marchesa
 Il momento è per voi. Non replicate.
 Conte
 (Perderlo non convien).
 Marchesa
                                              Meritereste (Al cavaliere e Vittorina)
1145che l’ira mia... Ma no, crudel non sono;
 tutto accordo e permetto e vi perdono. (Parte col conte)
 a quattro
 
    Numi, pietosi numi,
 qual prodigioso evento!
 Qual giorno! Qual momento!
1150Da un eccessivo duolo
 il cor poc’anzi oppresso,
 rissente a un punto stesso
 l’eccesso del piacer.
 
    Chi nell’onor confida,
1155chi ha la virtù per guida
 non ha di che temer.
 
 Il fine