La fiera di Sinigaglia, Venezia Zatta, 1794

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza o sia centro della fiera con varie botteghe, fra le quali una bottega di caffè, una di chincaglie, una di panni e sete, eccetera. Da una parte locanda con fenestra dirimpetto alla bottega da caffè.
 
 Il conte ERNESTO sedendo al caffè, LISAURA per la fiera, LESBINA sulla porta della sua bottega, GIACINTA alla fenestra della sua locanda, ORAZIO alla sua bottega di panni, PROSPERO alla sua bottega di chincagliere, GRIFFO passeggiando
 
 tutti
 
    Dove sono i tempi andati?
 I negozi son spiantati
 e la fiera questa sera
 bene o mal terminerà.
 
 Lisaura
 
5   Poverina, son meschina,
 chi mi aiuta per pietà?
 Amorosi, generosi,
 fate a me la carità.
 
 Orazio, Prospero, Griffo a tre
 
    Chi vuol comprare stringa il contratto,
10l’ultimo giorno chi ha fatto ha fatto,
 tutti procurino sollecitar.
 
 Lesbina
 
    Volete caffè?
 Venite da me;
 rosolio perfetto
15chi brama gustar?
 
 Giacinta
 
    In questa locanda
 chi brama alloggiar?
 Con pochi quattrini
 vi faccio scialar.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
20   È l’ultimo giorno,
 si dà a buon mercato
 e quel ch’è restato
 lo voglio donar.
 
 Griffo
 
    Venditori, compratori,
25del sensale principale
 vi potete approfittar.
 
 tutti
 
    Passa il tempo e se ne va.
 E la fiera questa sera
 bene o mal terminerà.
 
 Conte
30Ehi! Dite, quella giovane. (A Lesbina, alzandosi da sedere)
 Lisaura
                                                  Signore.
 Conte
 Cercate un qualche aiuto?
 Lisaura
                                                  Veramente
 è grande il mio bisogno
 ma son nata civile e mi vergogno.
 Conte
 Disponete di me; del conte Ernesto
35fate pur capitale;
 in ricchezze e in bon cor non vi è l’eguale.
 Per tutta la Romagna
 conosciuto è il mio nome e rispettato.
 Griffo
 (Sì, da tutti si sa ch’è uno spiantato). (Da sé)
 Lisaura
40A voi mi raccomando.
 Ho bisogno di tutto.
 Conte
                                       Sì ho capito.
 Giacinta.
 Giacinta.
                    Che comanda?
 Conte
                                                 A questa giovane
 date un appartamento
 e il suo mantenimento
45datele da par mio.
 Giacinta
 E chi paga, signor?
 Conte
                                      Pagherò io.
 Giacinta
 Ma il danar che mi deve?
 Conte
                                                 Eh ragazzate. (Voltandole le spalle)
 Lesbina. (Chiamandola)
 Lesbina
                    Comandate.
 Conte
 A questa forastiera
50date mattina e sera
 e caffè e cioccolata.
 Lesbina
 Saldi prima il suo conto.
 Conte
                                               Eh via, sguaiata. (Voltandole la schiena)
 Griffo. (Chiamandolo)
 Griffo
                 Sono a servirla.
 Conte
                                               A quella donna
 voglio fare un vestito e regalarle
55voglio una tabacchiera. Andate subito
 da Prospero e da Orazio,
 dite loro in mio nome
 che vi dian quel che occorre.
 Griffo
                                                      Favorisca;
 i debiti con essi ha ancor saldati?
 Conte
60Non mi state a seccar, saran pagati.
 
    Se si desta al rumor delle schiere
 stringe il ferro il guerriero più ardito;
 e all’invito dell’armi già parmi
 che feroce sen corra a pugnar.
 
65   Io non sono, mia bella, così
 perché ho il cor di pietade ripieno
 e vien meno se chiedegli aita
 la bellezza che sa lacrimar. (Parte)
 
 SCENA II
 
 I suddetti fuori del conte
 
 Griffo
 (Povera disgraziata
70se si fida di lui!) (Da sé)
 Lisaura
                                  Son fortunata.
 Trovato ho finalmente
 un signor generoso,
 facile, di buon cor, ricco e pietoso.
 O voi di quest’albergo
75vaga, gentil padrona, (A Giacinta)
 permettete ch’io venga e l’uscio aprite.
 Giacinta
 Signora, compatite;
 da me non alloggiate,
 se un miglior pagator non vi trovate. (Entra)
 Lisaura
80Che maniera indiscreta! Voi, frattanto
 che torna il signor conte,
 permettete ch’io venga a ricovrarmi. (A Lesbina)
 Lesbina
 Dite al conte che venga a soddisfarmi. (Entra)
 Lisaura
 Si usa ad un cavaliere
85sì poco di rispetto?
 Fate voi quel che ha detto. (A Griffo)
 Griffo
                                                   I mercadanti
 aspettano i contanti.
 Quand’egli pagherà
 vossignoria servita resterà.
 
90   Il signor conte, se nol sapete,
 è un protettore senza monete,
 di quei che si usano ai nostri dì.
 
    Ei si diletta giocare un poco;
 fa il generoso se vince al gioco;
95ma quando perde, ridotto al verde,
 il suo bel spirito suole adoprar;
 e si diletta di stoccheggiar. (Parte)
 
 SCENA III
 
 LISAURA e PROSPERO ed ORAZIO nelle loro botteghe
 
 Lisaura
 Dunque, per quel che io sento,
 capitai molto male;
100trovato ho un protetor che poco vale.
 La sorte mi è contraria
 se chi ha di sollevarmi il bel desio
 non sa come si far; e io resto intanto
 esposta all’ira del destino mio.
 
105   Sperai vicino il lido,
 credei calmato i vento
 ma trasportar mi sento
 fra le tampeste ancor. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ORAZIO solo dalla sua bottega
 
 Orazio
 Van pur male i negozi! In questa sera
110terminata è la fiera. Ho da pagare
 quattro o cinque cambiali
 e mi manca il denaro e i capitali.
 Griffo vorrei veder. Quell’animale
 so ch’è un bravo sensale.
115Potria con la sua testa
 provvedere con arte al mio bisogno;
 ma scoprir le mie piaghe io mi vergogno.
 Eccolo qui davver.
 
 SCENA V
 
 GRIFFO e detto
 
 Griffo
                                    Signor Orazio,
 la ragione cantante
120Pandolfi e Malcontenti
 contro di voi esclama
 e, compatite, truffator vi chiama.
 Orazio
 Come! Non ho girato
 a suo favor la lettera
125sopra Isacco Valcerca in Inghilterra?
 Griffo
 Questo nome inventato
 non vi è, non è mai stato,
 si sa che questo è l’uso
 di certi mercadanti
130che per tirar innanti
 e coglier tempo da saldare i conti
 lettere false ad inventar son pronti.
 Orazio
 Di voi mi meraviglio.
 Il mio stil non è questo.
 Griffo
135La lettera è in protesto;
 incognito è il traente,
 sognato è l’accettante; e il giratario,
 che a voi la mercanzia
 fidò del suo paese,
140vuol da voi la valuta e più le spese.
 Orazio
 Pagherò; mi dia tempo.
 Griffo
                                              È già passato
 il tempo concordato; egli sospetta
 di fraude e di malizia
 e ricorrere intende alla giustizia.
 Orazio
145Come! Contro un par mio?
 Non si sa chi son io?
 Griffo
                                        Nessun ci sente.
 Si sa, signor Orazio,
 che siete rifinito
 e che vi manca poco a andar fallito.
 Orazio
150Non è ver, non è vero,
 ho roba, ho capitali,
 ho crediti, ho quattrini,
 ho pieni i magazzini
 e in dogana vi son di mia ragione
155più di sedici balle di cotone.
 Griffo
 Bene, se voi volete,
 farò che in pagamento
 le balle di coton siano accettate.
 Orazio
 Ehi! Sono ipotecate. (Piano a Griffo)
 Griffo
160Via, dunque d’altri generi
 fate l’assegnamento. Non diceste
 che avete i magazzini
 pieni di mercanzia?
 Orazio
 Ehi! Non è roba mia. (Piano come sopra)
 Griffo
                                          Dunque in contanti
165il debito pagate.
 Orazio
 Ma voi mi tormentate.
 Griffo
                                            Sì, ho capito.
 Bondì a vossignoria,
 pensateci da voi, ch’io vado via.
 Orazio
 No, fermate, sentite.
 Griffo
                                        E che volete?
 Orazio
170Aiutatemi voi, se lo potete.
 Griffo
 Confidatemi il vero
 ed io vi assisterò.
 Orazio
 Sono un uomo d’onore e pagherò.
 Griffo
 Ma non basta.
 Orazio
                             Cospetto!
 Griffo
175Via, parlatemi chiaro;
 non avete né roba né danaro?
 Orazio
 Per dir la verità
 or sono un poco scarso e se potessi
 trovar delle ragioni...
 Griffo
180Non potete dispor di quei cotoni?
 Orazio
 Gli ho disposti una volta e ho da spedirli
 a un mio corrispondente
 e ho incassato il valsente.
 Griffo
                                                Vi dirò;
 in caso di bisogno
185ho veduto degl’altri in vita mia
 vendere a due la stessa mercanzia.
 Orazio
 Non dite mal; ma temo
 che siano i miei cotoni
 un pochino patiti e non si possa
190col denaro esitarli.
 Griffo
 Cercherò d’impegnarli.
 Ritroverò qualcuno
 di quei che soglion dare
 al sei per cento ma col pegno in mano.
 Orazio
195Griffo, mi raccomando;
 fatemi comparir. Presentemente
 di denari e di roba io non abbondo
 ma un mercante son io famoso al mondo.
 
    Pochi san lo stato mio
200e un mercante qual son io
 in Italia non si dà.
 
    Ho negozi in quantità,
 ho una casa in Barcellona,
 ho del traffico in Lisbona,
205ho commercio in Allemagna,
 Inghilterra, Francia e Spagna;
 e nell’Indie Occidentali
 sono avvezzo a trafficar.
 
    Ma noialtri mercadanti
210ora abbiamo, or non abbiamo
 e conviene strolicar.
 Quelle balle di cotone
 procurate d’impegnar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 GRIFFO, poi PROSPERO
 
 Griffo
 Ei far vorrebbe il grande
215ma si abbassa dappoi quando gli preme;
 superbia e povertà stan male insieme.
 Converrà ch’io procuri
 quei cotoni impegnar. Non che mi caglia
 di oprar per lui ma la premura mia
220solo è di guadagnar la sensaria.
 Io so che il signor Prospero
 è un uom che ha del denaro
 ma so che è un uomo avaro e spesse volte
 l’uccellator griffagno
225si lascia lusingar da un bel guadagno.
 Ehi, dite al signor Prospero (Ad una giovane)
 che senta una parola. Con costui
 che finge l’uom da bene,
 tutta l’arte più fina usar conviene.
 Prospero
230Chi mi vuol?
 Griffo
                           Compatite.
 Prospero
                                                  Vi saluto.
 Griffo
 Sono da voi venuto
 per proporvi un negozio.
 Prospero
                                                Amico caro,
 se ho da sborzar denaro,
 vel dico innanzi tratto,
235presentemente ne son senza affatto.
 Griffo
 Spiacemi in verità. Volea parlarvi
 di un certo negozietto
 che potea profittarvi
 senza un menomo dubbio d’alcun danno
240un migliaio di scudi in men d’un anno.
 Prospero
 Dite davver!
 Griffo
                          Mi spiace
 che non siete nel caso.
 Prospero
                                           Vi dirò,
 sono senza denar ma il troverò.
 Griffo
 Se voi foste nel caso
245di prestar del contante...
 Prospero
                                               Ho da prestare?
 Il denar non saprei dove trovare.
 Griffo
 Ma col pegno alla mano.
 Prospero
                                              Ah! Qualche volta
 anche con pregiudizio
 scomodarsi conviene e far servizio.
250Cosa vorriano dar per ipoteca?
 Griffo
 Sedici o venti balle
 di coton di Levante.
 Prospero
 Di buona qualità?
 Griffo
                                    Roba perfetta.
 Prospero
 Aiutar chi ha bisogno a noi si aspetta.
 Griffo
255Ditemi francamente
 il vostro sentimento.
 Che volete per cento?
 Prospero
                                          In tai negozi
 non pretendon che il giusto i pari miei.
 Mi contento del sei.
 Griffo
                                       Siete onestissimo.
 Prospero
260Per il prossimo mio son pietosissimo.
 Il sei per cento è il frutto
 del denaro ch’io do; ma il due per cento
 vi vuol pel magazzino e il due per cento
 per la mia provigione
265per vendere il cotone; e s’io lo fido
 con periglio di qualche fallimento
 mi vien anche per questo il due per cento.
 Griffo
 Ma tutti questi casi
 non potriano accader.
 Prospero
                                          No, non voglio
270incontrar qualche imbroglio.
 Così siam cauti il proprietario ed io
 e vuo’ che l’util mio mi sia pagato
 di un anno anticipato, onde ogni mille,
 che saran numerati,
275cento e venti per me siano levati.
 Griffo
 Bravo! Così mi piace.
 Quello che si ha da far che sia ben fatto.
 Prospero
 Quando faccio un contratto,
 vi parlo schiettamente,
280a me piace di farlo onestamente.
 
    Io non fo come gli avari
 che indiscreti, che usurari
 von la gente scorticar.
 Se di più di quel che ho detto
285mi vuol fare un regaletto
 non lo voglio ricusar.
 
    Il mio cor non è venale,
 son cortese e liberale,
 fo del bene a chi mi par.
290Dalle balle del cotone,
 con licenza del padrone
 per stoppino o per filar
 un pochino vuo’ pigliar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 GRIFFO solo
 
 Griffo
 Ma che uomo dabbene!
295Per scarso premio de’ denari sui,
 il cotone vorria mezzo per lui.
 Ma Orazio è in caso tale
 da far per liberarsi ogni contratto
 ed io frattanto il mio negozio ho fatto. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 LESBINA sola
 
 Lesbina
 
300   I mestieri van pur male.
 Da far bene più non vi è,
 consumato ho il capitale.
 Cosa mai sarà di me?
 
 Ma son pur sfortunata! Io fo un mestiere
305che con pochi baiocchi
 tant’altri han principiato
 e veduti si sono a cangiar stato.
 Tanti su questa fiera
 arricchiti si sono ed io meschina
310sono quasi in rovina e pur mi pare
 non esser così brutta
 né tanto sgraziata
 per vedermi da tutti abbandonata.
 Prospero chincagliere
315mi vede volentier ma è un avaraccio.
 Viene alla mia bottega,
 mi fa l’innamorato;
 esser distinto nel mio cor pretende
 ma m’incomoda molto e poco spende.
320Affé, che mi ha veduto;
 eccolo il vecchio astuto. Vuo’ provare
 se in qualcosa costui mi può giovare.
 
 SCENA IX
 
 PROSPERO e la suddetta
 
 Prospero
 Che fate qui, Lesbina?
 Lesbina
 Vado a cercar fortuna. (Inquieta)
 Prospero
325Cosa avete, ben mio?
 Lesbina
                                          Batto la luna.
 Prospero
 Voglio allegra vedervi.
 Lesbina
                                           Eh, signorsì,
 starò allegra davver se va così.
 Prospero
 Che? Vi sentite mal?
 Lesbina
                                         No, sto benissimo.
 Prospero
 Quando voi state ben, son contentissimo.
 Lesbina
330Anch’io sarei contenta,
 se avessi come voi denari in tasca
 e penar non dovessi il pane, il vino.
 Sono senza un quattrino;
 non so come mi fare.
 Prospero
335Eh voi avete voglia di burlare.
 Lesbina
 Signor, dico davvero;
 fra le donne son io più sfortunate.
 Prospero
 Ma che belle giornate!
 Questo tempo consola.
 Lesbina
340Eh povera figliuola,
 da tutti abbandonata.
 Prospero
 Questa sera la fiera è terminata.
 Lesbina
 Voi anderete alla patria.
 Prospero
                                               E voi, Lesbina,
 restate a Sinigaglia?
 Lesbina
                                        Io non lo so;
345dove vuole il destin mi porterò.
 Prospero
 Quanto mi spiacerà se non vi vedo.
 Lesbina
 Eh signor, non vi credo.
 Prospero
                                              In verità,
 voi mi piacete assai... (Con tenerezza)
 Lesbina
                                           Se fosse vero... (Con tenerezza)
 Prospero
 Io sono un uom sincero.
 Lesbina
                                              Veramente
350si vede apertamente
 che mi volete bene assai, assai
 ma un regaluccio non mi fate mai.
 Prospero
 Zitto, che presto presto
 vi voglio regalar.
 Lesbina
                                 Davver?
 Prospero
                                                   Senz’altro.
 Lesbina
355Cosa volete darmi?
 Prospero
                                      Un regalone.
 Lesbina
 Ma che cosa?
 Prospero
                           Due libre di cotone.
 Lesbina
 Io non ne so che far. Perché non darmi
 della vostra bottega
 qualche galanteria?
 Prospero
360Oh non si può toccar la mercanzia.
 Lesbina
 Sì sì, vi compatisco,
 la ragion la capisco. Non volete
 che vedano i garzoni
 che una donna da voi sia regalata.
 Prospero
365Brava, Lesbina mia, bella e onorata!
 Lesbina
 Fate bene, signor; di queste cose
 niuno ha da saper niente.
 Fatel segretamente. Ho da pagare
 la pigion di bottega. Oh me felice
370se dal vostro buon cor la grazia ottengo!
 Dieci scudi, signore...
 Prospero
                                          Eh vengo, vengo. (Verso la bottega)
 Lesbina
 Non vi muove a pietà lo stato mio?
 Prospero
 Povera figlia!... Ci vedremo... Addio. (Parte)
 
 SCENA X
 
 LESBINA sola
 
 Lesbina
 Oh avaro malorato,
375che tu sia bastonato! Ma chi sa?
 Se mi metto all’impegno
 sottigliare saprò l’arte e l’ingegno.
 Non son quella che sono,
 se nol fo delirar. Può darsi anco
380mi riesca di vederlo,
 ad onta della perfida avarizia,
 non vil trofeo di femminil malizia.
 
    Se una donna si mette in puntiglio,
 chi è colui che non deggia cascar?
385Dagli strali di un tenero ciglio
 cor non vi è che si possa guardar.
 
    Due parole, due vezzi, un sospiro,
 un risetto, una bella smorfietta
 ogni core più crudo diletta
390ed un sasso potrebbe spezzar.
 
    Non vuo’ disperar;
 mi voglio provar;
 quell’avaro vuo’ far disperar. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Camera della locanda.
 
 GIACINTA sola
 
 Giacinta
 Oh! La fiera quest’anno
395è andata male assai;
 profitto più meschin non ebbi mai.
 Se quel povero Orazio
 non mi avesse aiutato,
 di me che saria stato? Egli, meschino,
400fa quel che può ma temo
 che poco ancora possa andare innanti,
 che stia male di roba e di contanti.
 In questa mia locanda
 non si vedono più quei soggettoni
405che spendeano i dobbloni... Sento gente.
 Chi è qui? Oh il conte Ernesto.
 Che vuol quello spiantato?
 Affé ch’è accompagnato
 da quella forastiera. Oh questa è vaga!
410Non la voglio alloggiar, se non mi paga.
 
 SCENA XII
 
 Il conte ERNESTO, LISAURA e la suddetta
 
 Conte
 Ehi, padrona, una stanza
 date alla forastiera.
 Giacinta
                                      Mi perdoni;
 ho le stanze impedite.
 Conte
                                           Ad un mio pari
 non si fa un’insolenza.
 Giacinta
415Né si viene da me con prepotenza.
 Conte
 Di voi mi meraviglio;
 so che il luogo l’avete.
 Giacinta
 Ella mi ha da pagar...
 Conte
                                          Zitto, tacete.
 (Non vorrei mi facesse
420svergognar con quest’altra). Or or vedrete
 se le stanze trovar le faccio a un tratto.
 Lisaura
 Non fate maggior foco;
 mi potrete condurre in altro loco. (Piano al conte)
 Conte
 No no, sono impuntato;
425esser voglio servito e rispettato. (Piano a Lisaura)
 Sentite. (Accostandosi a Giacinta)
 Giacinta
                   Che comanda?
 Conte
 Quanto vi devo dar? (Piano a Giacinta)
 Giacinta
                                         Due scudi e mezzo. (Piano al conte)
 Conte
 (Eccovi cinque scudi. (Glieli dà di nascosto)
 Alloggiate costei). (Piano a Giacinta)
 Giacinta
                                    Ella è padrone. (Forte)
 Conte
430Più rispetto alle nobili persone. (Forte)
 Giacinta
 Tosto sarà servita.
 Conte
 Quella donna insolente ho intimorita.
 Lisaura
 Bravo! Ho piacer davvero! (Al conte)
 Conte
                                                    Andate tosto
 le stanze a preparar.
 Giacinta
                                        L’obbligo mio
435non dubiti da me sia trascurato.
 Il signor conte è un cavalier garbato.
 
    Mi consolo con voi, signorina,
 di un sì grande e gentil protettor;
 di servirvi gradisco l’onor (A Lisaura)
440(fin che dura il denar che mi diè).
 
    Dite pur, che ho da fare per lei? (Al conte)
 Comandate, ch’io tutto farò. (A Lisaura)
 Vi conosco, lo vedo, lo so. (A tutti due)
 Voi vi amate, furbetti, di cor;
445vostra serva, vel giuro, sarò
 (quando sia generoso con me). (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Il CONTE, poi LISAURA
 
 Conte
 Io poi con questa gente
 mi faccio rispettar.
 Lisaura
                                      Ma che diceva?
 Il denaro voleva anticipato?
 Conte
450A ciò non ho badato;
 se avessi udito simile insolenza,
 alla vostra presenza
 l’avrei mortificata.
 Basta, le stanze a preparare è andata!
455Qui per or resterete,
 qui servita sarete; or or verranno
 mercanti d’ogni sorte
 con panni e stoffe e tabacchiere e astucci;
 tutto quel che vi piace
460prendete pur, valetevi di me.
 Ho ordinato il caffè,
 cioccolata, rosolio e zuccherini.
 Ad un par mio non mancano quattrini.
 Lisaura
 Signor, ben obligata,
465vi protesto un sincero aggradimento.
 (Fin che la va così, non mi scontento).
 
 SCENA XIV
 
 GIACINTA e detti
 
 Giacinta
 Signor, è qui venuto
 un sensal, due mercanti ed una donna
 con caffè e cioccolata.
470Tutta questa brigata
 di un forastier domanda
 ch’è nella mia locanda. Da lei forse
 fu mandata a chiamar cotesta gente?
 Conte
 Sì, da me fur chiamati.
475Sono a tempo arrivati.
 Cara Lisaura, a soddisfarci andiamo. (Parte)
 Lisaura
 Sono con voi. (Quel che si può pigliamo). (Parte)
 
 SCENA XV
 
 GIACINTA, poi GRIFFO, poi ORAZIO, poi PROSPERO, poi LESBINA
 
 Giacinta
 Costor probabilmente
 ancor non sanno niente
480chi sia che gli ha chiamati.
 Quando il vedranno resteran burlati.
 Orazio l’ho avvertito,
 Prospero è un uomo avaro,
 non dà senza il denaro; ed il sensale,
485che spera guadagnar la sensaria,
 coi mercanti scontento anderà via.
 Ecco Griffo primiero.
 Sentir vogl’io se quel che penso è vero.
 Griffo
 
    Bel negozio che si è fatto!
490Bella cosa! Bel contratto!
 Cavalier senza contante
 far l’amante non potrà.
 
 Orazio
 
    Mi perdoni, vado via, (Verso la scena)
 io non do la mercanzia
495a chi soldi non mi dà.
 
 Prospero
 
    Sono un povero mercante
 che ha bisogno di contante (Come sopra)
 e credenza non si fa.
 
 Lesbina
 
    Quel spiantato, quel sguaiato
500sempre vuol venir da me.
 Chi mi paga il cioccolato?
 Chi mi paga il mio caffè?
 
 Giacinta
 
    Poverini, sfortunati,
 voi ci siete capitati.
505Io pagata sono stata
 ma danari più non ha.
 
 Griffo
 
    Compatite, miei signori,
 dell’incomodo vi ho dato,
 sono stato anch’io burlato,
510nol sapevo in verità.
 
 Orazio, Prospero a due
 
    Quel spiantato se ne vada.
 Noi torniam per quella strada
 per cui siam venuti qua.
 
 Giacinta
 
    Cos’avete voi portato? (Ad Orazio)
 
 Lesbina
 
515Cos’avete voi recato? (A Prospero)
 
 Giacinta
 
 Vuo’ vedere.
 
 Lesbina
 
                          Vuo’ sapere.
 
 Griffo
 
 Soddisfarle si dovrà.
 
 Orazio
 
    Questa stoffa di Parigi.
 
 Prospero
 
 Questa mostra d’Inghilterra.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
520Bella, bella in verità. (Prendono esse le cose suddette)
 
 Giacinta
 
    Avete altro?
 
 Orazio
 
 Questi galloni.
 
 Lesbina
 
 Qualch’altra cosa? (A Prospero)
 
 Prospero
 
 Questi bottoni.
 
 Giacinta, Lesbina a due
 
525   Vuo’ vedere, date qua.
 
 Griffo
 
 Soddisfarle si dovrà.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
 Belli, belli, in verità.
 
 Giacinta
 
    Questa stoffetta la voglio per me.
 
 Lesbina
 
 Quest’orologio lo voglio per me.
 
 Orazio
 
530   Servitevi pure.
 
 Prospero
 
 Rendetelo a me.
 
 Giacinta
 
 Vuo’ questi galloni.
 
 Lesbina
 
 Vuo’ questi bottoni.
 
 Orazio
 
 Per me ve li do.
 
 Prospero
 
535Io dico di no.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
 Li tengo per me.
 
 Griffo
 
 Va ben per mia fé.
 
 Prospero
 
    Rendetemi la mostra,
 rendetemi i bottoni.
 
 tutti
 
540   Con donne, perdoni,
 così non si fa.
 
 Prospero
 
    Io dico di no.
 
 tutti
 
 Io dico di sì,
 va bene così.
 
 Prospero
 
545   Oh povero me!
 
 tutti
 
 Signor, che cos’è?
 
 Prospero
 
 Son tutto sudato.
 
 tutti
 
 Rimedio non c’è.
 
    E viva il signor Prospero
550che generoso è stato,
 la bella ha regalato
 e non vi pensa più.
 
 Prospero
 
 Ohimè non posso più.
 
 Fine dell’atto primo