La fiera di Sinigaglia, Roma, Grossi, 1760

Vignetta Frontespizio
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo interno nella bottega di caffè.
 
 LESBINA sola
 
 Lesbina
560Mi son ben divertita
 con quell’avaro ingrato;
 ma Prospero dirà ch’io gli ho rubato.
 Di ciò me ne dispiace
 e a dir ver non ho pace
565se con lui non mi son giustificata;
 e voglio comparir donna onorata.
 Però mi spiacerebbe
 perdere l’orologio; dei bottoni
 poco m’importa; basteriami solo
570mi lasciasse goder quest’oriuolo.
 
 SCENA II
 
 PROSPERO e la sudetta
 
 Prospero
 (Oh che smania ch’io sento!
 Vivere non poss’io,
 se non riacquisto l’orologio mio).
 Lesbina
 (Eccolo qui il volpone.
575Per aver l’orologio ei venirà
 ma mi vuo’ lusingar ch’ei non l’avrà).
 Prospero
 (Conviene andar bel bello).
 Lesbina
 (Per deluder costui ci vuol cervello).
 Prospero
 Lesbina vi saluto.
 Lesbina
580Mio signor benvenuto.
 Prospero
                                            Che ora abbiamo?
 Lesbina
 Non lo so in verità.
 Prospero
                                     Non lo sapete
 e al vostro fianco l’orologio avete.
 Lesbina
 Oh oh! Non ci pensavo.
 Non me ne ricordavo; ma siccome
585la mostra non è mia,
 non l’avevo nemmeno in fantasia.
 Prospero
 Eh lo so che stamane
 meco avete scherzato e son venuto
 da voi a ripigliarlo,
590perché pronto ho l’incontro d’esitarlo.
 Lesbina
 Per quanto lo vendete?
 Prospero
                                             Almeno, almeno
 per ventidue zecchini.
 Lesbina
                                           A questo prezzo
 anch’io lo comprerò.
 Prospero
 Ma mi preme il danar.
 Lesbina
                                            Vi pagherò.
 Prospero
595Come! Se mi diceste
 che siete in povertà?
 Lesbina
 Sempre non si ha da dir la verità.
 Se povera mi fingo
 ho anch’io la mia raggione. Un giorno poi
600vi narrerò il perché.
 Ma l’orologio è mio.
 Prospero
                                       (Povero me!)
 Credo non vada bene.
 Guardate che ora fa.
 Lesbina
                                        Sedici e mezzo. (Guardando la mostra)
 Prospero
 Va male, va malissimo,
605lo so ch’è imperfettissimo.
 Un galantuomo io sono.
 Datemi quel, ve ne darò un più bono.
 Lesbina
 Ma perché se è cattivo
 vendere lo volete
610da galantuom per ventidue zecchini?
 Prospero
 Perché... perché colui
 non so chi diavol sia
 e la mia mercanzia vender mi preme.
 Ma alla cara Lesbina,
615perché le voglio ben di vero core,
 ne vuo’ dare un più bello e assai migliore.
 Lesbina
 Ma quando?
 Prospero
                          Presto, presto.
 Lesbina
 Finché l’altro portate, io terrò questo.
 Prospero
 Ma perder non vorrei
620l’occasion d’esitarlo. In confidenza,
 siam sul fin della fiera
 e il danar mi bisogna innanzi sera.
 Lesbina
 Veramente bisogno
 avete di danaro?
 Prospero
                                  Oh se sapeste
625tutti gli affanni miei.
 Lesbina
 Se diceste davver, vi aiuterei.
 Prospero
 Come?
 Lesbina
                 Segretamente,
 già nessuno ci sente. Io mi ritrovo
 da parte del danar che non mi frutta.
630Per non tenerlo in ozio
 lo darò a voi da mettere in negozio.
 Prospero
 Ma prendere il danaro
 per pagar l’interesse è uno sproposito.
 Lesbina
 Senza interesse vel darò in deposito.
 Prospero
635Oh via per compiacervi
 dunque lo prenderò.
 Lesbina
 Vado a pigliarlo e vel consegnerò.
 Prospero
 Datemi l’orologio.
 Lesbina
                                    Oh quest’è bella!
 Io mi fido di voi dandovi in mano
640tutto quello che ho al mondo e un orologio
 a me dunque lasciar non vi fidate?
 Prospero
 Via, via, il danaro in mano mia portate.
 Lesbina
 Subito, immantinente
 vi porto il mio tesoro.
645(Credo consisterà
 in trenta paoli, se ci arriverà).
 
    Se di me voi vi fidate,
 io di voi mi fiderò.
 Ma un tesoro ancor maggiore,
650la mia fede ed il mio core,
 ed a voi lo serberò.
 
    L’orologio vagheggiando
 e i minuti misurando,
 a voi sempre penserò;
655e dirò: «Son fortunata,
 sono stata regalata»
 e quel poco che potrò
 ancor io vi donerò. (Parte)
 
 SCENA III
 
 PROSPERO, poi GRIFFO
 
 Prospero
 La sua fede, il suo core,
660il suo cortese amore
 può far le voglie mie contente e liete
 ma più assai gradirò le sue monete.
 Chi l’avesse mai detto
 ch’ella avesse danari e si fingesse
665povera a questo segno?
 Ma così deve far chi ha dell’ingegno.
 Griffo
 Ma caro signor Prospero
 vi cerco e non vi trovo; quell’amico,
 che brama ipotecare il suo cotone,
670del negozio vorria la conclusione.
 Prospero
 Vi dirò; ci ho pensato.
 L’altr’ieri ne ho comprato
 una grossa partita da un mercante
 col danaro contante. Ancor lo faccio
675in dogana tener per conto mio
 e di più caricar non mi vogl’io.
 Griffo
 Voi mi deste parola ed i mercanti
 non deggiono mancar.
 Prospero
                                           Son galantuomo,
 mancar non sono avvezzo. Mi dispiace
680d’averne in quantità; ma se vi preme,
 fate che il proprietario,
 con tutte l’altre condizioni espresse,
 cresca a me qualche cosa d’interesse.
 Griffo
 Volete ancor di più?
 Prospero
                                        Qualche cosetta;
685di poco io mi contento;
 basta ch’egli mi cresca un due per cento.
 Griffo
 Il quattordici adunque
 s’ha da pagar?
 Prospero
                              Che dite?
 Il quattordici a me! Non son sì ghiotto.
690Mi contento dell’otto. Ed il restante
 voi sapete cos’è
 e un sensal come voi saprà il perché.
 
 SCENA IV
 
 ORAZIO e detti
 
 Orazio
 Ehi Griffo, una parola.
 Prospero
 (Ecco qui lo spiantato
695che ha venduto i cotoni a bon mercato).
 Griffo
 (Siete giunto in buonora). (Piano ad Orazio)
 Orazio
 (Che Prospero non senta i fatti nostri). (Piano a Griffo)
 Griffo
 (Egli è colui che il danaro darà). (Come sopra)
 Orazio
 (Prospero?) (Come sopra)
 Griffo
                          (Appunto). (Come sopra)
 Orazio
                                                 (Ohimè! Gli avete detto
700ch’io son quel che vorrebbe
 la robba ipotecar?) (Come sopra)
 Griffo
                                       (Non l’ha saputo). (Come sopra)
 Orazio
 (È quegli a cui venduto
 ho lo stesso coton, come vi ho detto).
 Griffo
 (Oh! Zitto, zitto, non gli diam sospetto).
 Orazio
705(Ora come faremo?)
 Griffo
 (Lasciate fare a me, rimedieremo).
 Prospero
 (Scommetto che lo sciocco (Da sé)
 medita col sensale un qualche scrocco).
 Griffo
 Signor Prospero caro,
710mi dispiace di darvi
 una trista novella.
 Prospero
                                    E cosa è stato?
 Griffo
 Voi avete comprato
 da questo galantuomo
 il cotone ad un prezzo e in tal maniera
715che a un mercante d’onor non istà bene
 e stornare il contratto a lui conviene.
 Prospero
 Ho sborzato il danaro.
 Orazio
                                           Cento zecchini
 mi ha pagato in contanti
 e il resto in tanti guanti
720vecchi, storpi, retenti,
 buoni soltanto da stirar gli unguenti.
 Due casse egli mi ha date
 d’aghi e spille spuntate,
 dei pettini di corno
725per pettini d’avorio e sessantotto
 tabbacchiere di legno e un specchio rotto.
 Prospero
 Tutta robba perfetta.
 Griffo
                                         E perché mai
 per prezzo del cotone
 prendere cose tai? (Ad Orazio)
 Orazio
                                      Me ne vergogno.
730Ma di cento zecchini avea bisogno. (A Griffo)
 Griffo
 E voi vi approfittate
 delle buone occasion. (A Prospero)
 Prospero
                                          Non mi seccate.
 Griffo
 Signor vi parlo schietto.
 Si anderà alla giustizia.
 Orazio
735E palese farò la sua malizia.
 Prospero
 Siete ladri assassini.
 Orazio
                                        Bravo, bravo.
 Un galantuom voi siete.
 Ma se non rifarete
 al pover venditore il prezzo onesto,
740voi anderete in prigion, ve lo protesto.
 Prospero
 
    Tal insulto ad un mio pari?
 Ho sborsato i miei danari
 ed ho fatto quel contratto
 ch’è piacciuto al venditor.
745(Ah mi sento dal timor
 palpitar in seno il cor).
 
    Ehi sentite, senza lite
 qualche cosa vi darò. (Ad Orazio)
 Ascoltate, non parlate,
750riconoscervi saprò. (A Griffo)
 Se volete due zecchini...
 Assassini, malandrini.
 (Dar danari, o questo no). (Da sé)
 
    Vi darò una tabacchiera. (A Griffo)
755Ci vedremo questa sera. (Ad Orazio)
 Ah mi sento dal tormento
 che più fiato in sen non ho.
 Maledetti io creperò. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ORAZIO e GRIFFO
 
 Griffo
 L’avaro è spaventato;
760non temete, ch’io spero
 ridurlo in caso tale
 che vi paghi il coton quello che vale.
 Orazio
 Oh Griffo benedetto!
 Griffo
                                         Avete ancora
 quella robba che in cambio egli vi ha data?
 Orazio
765L’ho in magazzin gettata
 senza speranza di cavarne un pavolo.
 Griffo
 Bene, vedrete ch’io non sono un cavolo.
 Orazio
 Siete un uomo di garbo.
 Griffo
                                               Ma intendiamci;
 una man lava l’altra.
 Orazio
                                        Vi ho capito.
770Sì, sarete servito.
 Domandatemi pur quanto volete,
 tutto dal mio bon cor, tutto otterrete.
 Griffo
 Non voglio che l’onesto.
 Anch’io vivo di questo e se m’ingegno
775col mio cervello e coll’industria mia,
 è di dover ricompensato io sia.
 
    Nel mio mestiere
 suole accadere
 dei casi brutti;
780non è per tutti
 fare il sensal.
 
    Saper non basta
 pesi e misure
 ma le imposture
785convien saper.
 
    Saper conoscere
 chi può pagare,
 saper distinguere
 chi vuol gabbare,
790darla ad intendere
 all’uno e all’altro;
 e pronto e scaltro
 per profittar
 saper discorrere,
795saper trattar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 ORAZIO, poi il conte ERNESTO
 
 Orazio
 Questi son quei mezzani
 che per dritto o per torto
 fanno trovar contanti
 e pricipitan spesso i mercadanti.
800Ma io per dir il vero,
 per far di più di quello
 comportava il mio stato,
 da me stesso mi son precipitato.
 il Conte
 Galantuom vi saluto.
 Orazio
                                         Signor conte,
805per dir la verità,
 mi potria favorir con più bontà.
 il Conte
 Noialtri cavalieri
 il grado nostro sostener dobbiamo.
 E non è poco, se vi salutiamo.
 Orazio
810Grazie di tanto onor. (Con ironia)
 il Conte
                                          Voi specialmente
 da me non meritate
 trattamento civil.
 Orazio
                                   Chiedo perdono.
 Nello stato in cui sono,
 creda vosignoria,
815fidar non posso la mia mercanzia.
 il Conte
 Basta, vi compatisco e nonostante
 che mi abbiate trattato un poco male,
 di voi fo capitale.
 Orazio
                                  In quel che posso
 son qui per obbedirla.
 il Conte
                                           Ho di bisogno
820di un abbito per me,
 di uno per la mia dama e le livree
 voglio per li staffieri.
 Orazio
 Ed io la servirò ben volentieri.
 Ma signor...
 il Conte
                         Vi capisco
825povero galantuomo!
 Bisogno avete di danar. Sentite.
 Danar per or non vi darò alla mano,
 vi darò, se volete, tanto grano.
 Orazio
 Ed io lo prenderò.
830Ed io la servirò senza il danaro.
 Ma mi assegni porzion del suo granaro.
 il Conte
 Il granar di quest’anno
 per altri è già disposto;
 ma vi farò sicuro,
835promettendovi il gran l’anno venturo.
 Orazio
 E se vien la tempesta?
 il Conte
                                            In questo caso
 vi pagherò col vino.
 Orazio
                                      E se l’inverno
 fa le viti seccar?
 il Conte
                                Son cavaliere.
 Pagherò ad ogni patto
840e si farà il contratto,
 id est un istrumento
 di pagar l’interesse al sei per cento.
 Orazio
 Coi mercanti del loco
 si può fare il contratto in tal maniera
845ma non con quei che vengono alla fiera.
 il Conte
 Ma questa è un’insolenza.
 Voglio essere servito.
 E se il negate vi farò pentito.
 Orazio
 Pian, pian, la non si scaldi padron mio,
850che so scaldarmi anch’io.
 il Conte
                                                Maggior rispetto
 mertano i pari miei.
 Orazio
 Son servitor di lei,
 la venero e la stimo;
 ma se non ha denari,
855signor conte padron, noi siam del pari.
 
    Cosa val la nobiltà
 senza il lustro del contante?
 Il signore ed il mercante
 non si stima, se non ha.
 
860   Non ho il capo cincinnato,
 non vo liscio né stuccato
 ma mi faccio rispettar,
 se la quaglia fo cantar.
 
    Mi fanno ridere
865questi zerbini,
 senza quattrini,
 quando pretendono
 farsi stimar.
 
    Non se n’avvedono,
870si fan burlar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 Il CONTE solo
 
 il Conte
 Con questi impertinenti
 a raggione mi sdegno.
 Sono in un forte impegno,
 mi preme di servir la forastiera
875ed in tutta la fiera
 non trovo un sol mercante
 che mi voglia fidar senza il contante.
 Ingratissima sorte, e perché mai,
 se nascer mi facesti
880di cuor sì liberale,
 forza non darmi al mio costume eguale?
 L’entrate ho consumate,
 le terre ho ipotecate e i mercadanti,
 che non sanno per niente il lor dovere,
885fan morir di vergogna un cavaliere.
 
    Se peggiora il mio destino,
 se non cangia il crudel fato,
 infelice, sventurato,
 son costretto a disperar.
 
890   Chi il natal sortì meschino
 per costume al mal s’avvezza
 ma chi è nato in splendidezza
 povertà fa delirar. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Prospetto della dogana della fiera.
 
 PROSPERO con facchini, doganiere e ministri
 
 Prospero
 Via signor doganiere,
895consegnar favorisca
 le balle di coton che ho comperate
 e che colla mia marca ho già marcate. (Doganiere fa segno che se le prenda)
 Prospero
 Prendetele facchini.
 Ecco i miei magazzini. (Accenna i suoi magazzini)
900Trasportate là dentro (Principia il trasporto)
 tutte coteste balle.
 (Parmi dietro le spalle
 aver sempre il sensal pien di malizia
 e pavento il rigor della giustizia).
905Fate presto vi dico. (Ai facchini)
 Oimè! Son nell’intrico,
 eccoli qui i bricconi.
 Ah Griffo indegno il ciel te la perdoni.
 
 SCENA IX
 
 GRIFFO, ORAZIO e li sudetti e un ministro
 
 Griffo
 Piano, piano, fermate. (Ai facchini)
910Per ordin dei signori
 giudici della fiera
 da questo lor ministro
 ad istanza d’Orazio Galaurone,
 si sequestran le balle di cotone. (Doganiere fa cenno ai facchini che partano)
 Prospero
915(Povero me! Son morto!)
 A me codesto torto?
 Griffo
 Se di ciò vi lagnate,
 il di più che gli spetta a lui rifate.
 Orazio
 I pettini e le spille,
920le tabacchiere e i guanti
 e ogni genere vostro peregrino
 resta per conto vostro in magazzino.
 Prospero
 Voglio le balle mie.
 Griffo
                                      Se le volete,
 fate quel che dovete.
925Pagate giustamente...
 Prospero
 No non vo’ dare niente,
 perfida ingrata gente;
 da tutti assassinato,
 sono precipitato. Anche Lesbina
930mi promise il danar per ingannarmi.
 Mi carpì l’orologio
 e uno scudo volea depositarmi.
 Non vi è più carità, non vi è raggione,
 vuo’ abbandonarmi alla disperazione.
 
 SCENA X
 
 ORAZIO, GRIFFO e li sudetti
 
 Griffo
935La mercanzia è fermata.
 Ora vado in giudizio
 e dirò le raggioni.
 Orazio
                                   Un avvocato
 ritrovate per me d’abilità.
 Griffo
 No, che il coton nella difesa andrà.
940Lasciate fare a me, so il mio mestiere
 e farò il mio dovere. Io mi contento
 con poco esser pagato.
 Povero voi, se c’entra un avvocato. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 ORAZIO e le persone sudette che non parlano
 
 Orazio
 Griffo è un uom singolare. Io son sicuro
945coll’assistenza sua tornar in piedi.
 Pagherò i creditori e se non posso
 al presente pagar, Griffo dabbene
 troverà dei pretesti
 per deluder le lettere e i protesti.
950Quel che più mi pesava
 nella disgrazia mia era il vedere
 a spassarsi tant’altri e non potere.
 Or che dall’usuraro
 il mio restante avrò,
955cospetto! io scialerò. Vuo’ divertirmi
 né pei debiti voglio intisichirmi.
 
 SCENA XII
 
 LISAURA e detti
 
 Lisaura
 
    Son pur nata sfortunata;
 non so dir che mai sarà.
 
    Son da tutti abbandonata,
960vuo chiedendo invan pietà.
 
 (Il conte più non vedo.
 Rifinito del tutto io già lo credo).
 Orazio
 (La povera ragazza,
 se del suo cavalier fa capitale,
965la passerà pur male).
 Lisaura
                                         (Veramente
 io so che i mercadanti
 hanno robba e contanti e sperar posso,
 con periglio minor dell’onestà,
 impetrare da lor qualche pietà).
 Orazio
970(Quasi quasi davvero,
 per burlarmi del conte, con costei
 far qualcosa di più m’impegnerei).
 Lisaura
 Riverisco signore.
 Orazio
                                    Vi saluto.
 Ite cercando aiuto?
 Lisaura
                                      Son costretta
975da barbara disdetta
 il vitto mendicar.
 Orazio
                                   Ma cosa siete?
 Fanciulla o maritata?
 Ordinaria, civil, serva o padrona?
 Lisaura
 Son zitella signore e per disgrazia
980son nata nobilmente,
 onde non so far niente; i genitori
 morti mi sono ed io
 senza aiuto verun, senz’arte alcuna
 cerco per onestà la mia fortuna.
 Orazio
985Veramente il motivo è così onesto
 o chiedete mercé per un pretesto?
 Lisaura
 Giuro sull’onor mio...
 Orazio
                                          Non vi scaldate,
 tutto vi crederò.
 Sono un uom di buon cor, vi aiuterò.
 Lisaura
990Oh lo volesse il ciel.
 Orazio
                                      Ma il signor conte
 voi dovete lasciar.
 Lisaura
                                    L’ho già lasciato.
 Orazio
 È un povero spiantato;
 io vi farò veder come si fa,
 quando un uomo s’impegna come va.
 Lisaura
995Grazie alla bontà vostra. (Finalmente
 il ciel mi ha provveduto).
 Orazio
 (Quando avrò del danar, le darò aiuto).
 
 SCENA XIII
 
 GIACINTA e detti
 
 Giacinta
 Presto signor Orazio,
 salvatevi, fuggite.
 Orazio
                                   Cos’è stato?
 Giacinta
1000Voi siete ricercato.
 Orazio
 Da chi?
 Giacinta
                  Dalla giustizia. I creditori
 vi cercano per tutto.
 Orazio
                                       Pagherò.
 Giacinta
 Quando?
 Orazio
                    Quando ne avrò.
 Giacinta
                                                    Ma intanto...
 Orazio
                                                                              Intanto
 Griffo dove sarà?
 Lisaura
1005(Sono assai fortunata in verità).
 Giacinta
 Non lasciate trovarvi.
 Vi consiglio celarvi. In casa mia
 venir non vi conviene;
 ma io vi voglio bene,
1010io vi nasconderò.
 Se venite con me, vi salverò.
 Orazio
 Andiam dove vi pare.
 Ah mi sento tremare. (Vuol partire)
 Lisaura
                                           Signor mio, (Ad Orazio con ironia)
 gli rendo grazie della sua bontà.
 Orazio
1015Accettate la buona volontà. (A Lisaura)
 Giacinta
 Cosa vi avea promesso? (A Lisaura)
 Lisaura
                                               Il suo buon core,
 si esibiva di farmi il protettore.
 Giacinta
 È ver? Meritereste... (Ad Orazio)
 Orazio
                                         Andiamo via.
 Giacinta
 E voi padrona mia, (A Lisaura)
1020che i protettori ricercando andate...
 Orazio
 Presto per carità. (A Giacinta)
 Giacinta
                                   Non mi seccate.
 
    Siete un perfido, un ingrato,
 vi dovrei abbandonar. (Ad Orazio)
 Sulla fiera in questo stato
1025non si viene a civettar. (A Lisaura)
 
    Voglio dir quel che mi pare. (Ad Orazio)
 Vi dovreste vergognare,
 questa vita non si fa. (A Lisaura)
 Siete ben accompagnati,
1030due falliti, due spiantati, (A tutti due)
 e la vostra falsità,
 no, non merita pietà. (Parte seguita da Orazio)
 
 SCENA XIV
 
 LISAURA sola
 
 Lisaura
 Sempre di male in peggio
 vanno gli affari miei. Meglio è che torni
1035alla mia patria in seno,
 viver potrò dai miei parenti almeno.
 Il lusso e l’ambizione
 mi han ridotta così, veder tant’altre
 vestir pomposamente e non potere
1040far lo stesso ancor io, vedermi astretta
 a vivere meschina e ritirata
 fu cagion ch’io partii da disperata.
 
    Fra gli affetti dominanti
 l’ambizione in noi prevale.
1045È peggior d’ogni altro male
 l’infelice povertà.
 
    Senza amici e senza amanti
 soffrir può la donna altera
 ma delira e si dispera
1050per l’interna vanità. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 Luogo remoto verso le mura della città, con fabriche rovinate.
 
 PROSPERO vestito alla greca e LESBINA
 
 Lesbina
 Mio caro signor Prospero,
 venite e non temete,
 già nessun sa chi siete.
 Proprio parete un greco,
1055non vi conosceria nemmeno un cieco.
 Prospero
 Il timor mi avvilisce e questo peso
 fa ch’io non possa accelerare il passo.
 Lesbina
 Cosa avete là sotto?
 Prospero
                                      Niente, niente.
 Lesbina
 Che uomo diffidente!
1060Mi volete celar quel ch’io già so.
 A portar il danar vi aiuterò.
 Prospero
 No, bisogno non c’è,
 lo vuo’ portar da me.
 Lesbina
                                         Bella maniera!
 Questo fu sempre degl’avari il vizio,
1065corrispondere ingrati al benefizio.
 Siete da me venuto
 tremante, pauroso,
 temendo con raggione
 per gli scrocchi e le usure andar prigione.
1070Pietosa io vi ho assistito,
 così vi ho travestito ed ho mandato
 una barca a cercar per andar via;
 e or dubitate della fede mia?
 Prospero
 No, di voi non ho dubbio; so che siete
1075una donna onorata;
 ma siete delicata e questo peso
 vi potrebbe stancar più del dovere.
 Lesbina
 Anzi di sollevarvi avrò piacere.
 Date qui.
 Prospero
                     Non vorrei
1080che fossimo veduti.
 Lesbina
                                      Non temete,
 il loco dove siamo
 vuoto è d’abitatori
 e possiamo operar senza timori.
 Prospero
 Ma per maggior cautela
1085fin che torna colui che dell’imbarco
 ci ha da recar l’avviso, entrar possiamo
 là dentro in quella fabrica
 del tutto rovinata.
 Lesbina
                                    Andiamo pure.
 (Teme sempre l’avaro). (Da sé)
 Prospero
1090(Celerò colà dentro il mio danaro). (Da sé)
 Ma quant’è che è partito
 quel marinaro che mandaste al porto?
 Lesbina
 Mezz’ora è già passata. (Guarda l’orologio)
 Prospero
 Ventun ora è sonata?
 Lesbina
                                         Non ancora.
 Prospero
1095Lasciatemi veder. (Chiede l’orologio)
 Lesbina
                                     Guardate pure. (Tenendolo al fianco)
 Prospero
 Così ci vedo poco,
 lo vorrei nelle mani.
 Lesbina
                                        Oh signor no;
 sta bene dove sta. Dica, signore,
 lo vorria, non è ver?
 Prospero
                                       (Mi sta sul core). (Da sé)
 Lesbina
 
1100   Così avaro, così ingrato
 con chi vi ha beneficato?
 Mio signore in verità
 questa è troppa crudeltà.
 
 Prospero
 
    Son tenuto al vostro amore,
1105so che siete di buon core
 ma il destin temer mi fa
 di ridurmi in povertà.
 
 Lesbina
 
    Di danar voi siete pieno.
 
 Prospero
 
 Non è ver, son miserabile.
 
 Lesbina
 
1110Ma là sotto?
 
 Prospero
 
                         Non c’è niente.
 
 Lesbina
 
 Vuo’ vedere...
 
 Prospero
 
                            Sento gente.
 
 a due
 
 Presto, presto, andiamo là.
 Giusto ciel, che mai sarà. (Si ritirano)
 
 SCENA XVI
 
 GIACINTA ed ORAZIO vestito da capitano inglese ed i sudetti ritirati, poi GRIFFO
 
 Giacinta
 
    Via venite allegramente,
1115dubitar volete invano,
 un inglese capitano
 ciaschedun vi crederà.
 
 Orazio
 
    Sì mia cara, veramente
 son tenuto al vostro ingegno,
1120dalle insidie, dall’impegno,
 con tal arte si uscirà.
 
 Giacinta
 
    Mi sarete ingrato un dì?
 
 Orazio
 
 Ah non dite a me così.
 
 Giacinta
 
    Nell’imbarco che si aspetta,
1125con voi pure io vuo’ partire.
 
 Orazio
 
 Sì Giacinta mia diletta
 voi mi fate il cor gioire.
 
 a due
 
 Sempre tale, sempre eguale,
 sia la nostra fedeltà.
 
 Orazio
 
1130   Ma vi è gente in quella parte. (Osservando dove sono entrati li sudetti)
 
 Giacinta
 
 Ritiriamoci in disparte.
 
 a due
 
 Non veduti, noi vedremo
 e sapremo chi sarà. (Si ritirano)
 
 Lesbina
 
    Non temete, è un uom di mare,
1135che sia quello si può dare
 che ci deve trasportar. (A Prospero)
 
 Prospero
 
    Sì vediam se è il marinaro.
 (Ho nascosto il mio danaro,
 non mi vuo’ più spaventar).
 
 Giacinta
 
1140   È Lesbina con un greco.
 Franco pur venite meco,
 non abbiam da paventar. (Ad Orazio)
 
 Orazio
 
    Son con voi, non ho paura
 ma mi sento per natura
1145qualche poco il cor tremar.
 
 Lesbina
 
    Ehi Giacinta, chi è colui?
 
 Giacinta
 
 È un inglese capitano
 che sua sposa mi vuol far.
 
 Lesbina
 
    Ed il greco, ch’è qui meco,
1150è un mercante di Levante
 che mi vuole anch’ei sposar.
 
 Giacinta
 
    Mi rallegro con Lesbina.
 
 Lesbina
 
 Con Giacinta mi consolo.
 
 a due
 
 Bella sorte, bel consorte,
1155io mi sento giubilar.
 
 a quattro
 
    Tutti quattro unitamente
 ci potressimo imbarcar.
 
 Orazio
 
    Greco mercante
 per dofe andar? (Affetta l’inglese)
 
 Prospero
 
1160   Andar Levante
 per alto mar. (Affetta il greco)
 
 Orazio
 
    Foler compagno?
 Con me fenir?
 
 Prospero
 
    Stara contenta,
1165se mi volir.
 
 Orazio
 
    Come afer nome?
 
 Prospero
 
 Star Cocomiro
 Mustacostia,
 star mio paese
1170Cefalonia.
 E tua persona
 come chiamar?
 
 Orazio
 
    Star capitano,
 star Fanfalugh
1175e mio paese
 star Malborugh.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
    Nomi bellissimi
 che famosissimi
 per tutto il mondo
1180si puon chiamar.
 
 a quattro
 
    Tutti d’accordo
 vadasi a bordo
 lieti e contenti
 per navigar.
 
 Griffo
 
1185   Donne belle, donne care,
 non sapreste a me insegnare
 dove Orazio si ritrovi,
 dove Prospero sarà?
 
 Giacinta, Lesbina a due
 
 Vi è qualch’altra novità?
 
 Prospero, Orazio a due
 
1190(Me meschin, che mai sarà?)
 
 Griffo
 
    L’uno e l’altro si è saputo
 che fuggir voleva astuto
 ed il porto è circondato
 e fuggir più non potrà.
 
 Giacinta, Lesbina a due
 
1195Oh che brutta novità.
 
 Prospero, Orazio a due
 
 (Me meschin, che mai sarà?)
 
 Giacinta
 
    Cosa dice il capitano? (Ad Orazio)
 
 Lesbina
 
 Signor greco, che pensate? (A Prospero)
 
 a due
 
 Che risolvere non sa.
 
 Griffo
 
1200   E chi son questi signori?
 
 Orazio
 
 Star inglese.
 
 Prospero
 
                          Stara greco.
 
 Griffo
 
 Non son sordo, non son cieco,
 vi conosco in verità.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
 Cosa sento! Chi sarà?
 
 Prospero, Orazio a due
 
1205Griffo mio per carità. (Smascherandosi)
 
 Lesbina, Giacinta, Griffo a tre
 
 Bella, bella, in verità.
 
 Lesbina
 
    Con Giacinta mi consolo
 del famoso capitano.
 
 Giacinta
 
 Mi rallegro con Lesbina
1210del suo greco veterano.
 
 Lesbina
 
 Coll’inglese avrà un bel gusto!
 Sarà sposa di un bel fusto!
 
 a due
 
 Bel consorte, bella sorte!
 Che fortuna che averà!
 
 Prospero, Orazio a due
 
1215   Disgraziato, sfortunato,
 Ahi di me cosa sarà.
 
 Griffo
 
    Andiamo tosto,
 che di nascosto
 qualche ripiego
1220si troverà.
 
 Prospero
 
    (Il mio danaro
 lasciar non voglio).
 
 Orazio
 
 (Non vi è riparo,
 son nell’imbroglio).
 
 Griffo
 
1225Venite meco,
 si penserà.
 
 Prospero
 
 Andiam di qua. (Verso dove ha lasciato il danaro)
 
 Orazio, Giacinta, Griffo a tre
 
 Andiam di là.
 
 Prospero
 
    (Il mio danaro). (Piano a Lesbina)
 
 Lesbina
 
1230(La mia porzione). (Da sé)
 
 Griffo
 
 Chi può salvarsi
 si salverà.
 
 tutti
 
    Sorte crudele, destin tiranno
 che grand’affanno mi sento al cor!
 
1235   Da vari affetti turbar mi sento
 e il mio spavento si fa maggior.
 
 Fine dell’atto secondo