Il pazzo glorioso, Venezia, Fenzo, 1753

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 PASQUARIELLO ed EUGENIA
 
 Pasquariello
 Dunque mi dite, cameriera mia,
1070che spesso in questo loco
 suole venir il giudice?
 Eugenia
                                           Che giudice?
 Dissi il governator, nel ritirarsi
 che fa nel suo casino ogni giornata
 qua si trattiene.
 Pasquariello
                                È fatta la frittata.
 Eugenia
1075Ma avverti; ei non dà udienza
 se non solo a dottori; (io vo’ vedere
 così d’ingarbuggiarlo).
 Pasquariello
                                            Ho già capito.
 Vo’ veder se la spunto
 per via della giustizia. Io voglio fingere
1080col dottorale arnese
 essere un dottor bolognese.
 Oh tanti maritati
 per levarsi d’attorno la consorte
 pagherian qualche cosa; ed io bagiano,
1085del mio bene nemico,
 sol per ricuperarla m’affatico. (Parte)
 Eugenia
 Intender non la so; questi asserisce
 ch’ella è sua moglie e quella niega; certo
 qualch’imbroglio sarà.
 
 SCENA II
 
 DON FERANTE e LISETTA
 
 don Ferrante
                                            Eh cameriera
1090hai visto il camerata?
 Eugenia
                                          Uh vi son guai.
 Lisetta
 Perché?
 Eugenia
                  Sta inviperito
 contro di voi e vuole in ogni conto
 andar alla giustizia.
 Lisetta
 Or qua vi vol rimedio; s’ei ricorre
1095per noi vi saran guai.
 don Ferrante
 Tu rimedia all’error, se fatto l’hai.
 Lisetta
 Vi trovarei rimedio, se potessi
 far ch’il governator qui non venisse.
 Eugenia
 Il modo è ritrovato; basta solo
1100mandarvi un servo a dirli che il padrone
 è fuori del casino e ch’ei potrebbe
 risparmiarsi l’incommodo
 di venir qua.
 don Ferrante
                           Cotesto si può fare,
 ci mando Franceschino
1105e che faremo poi?
 Lisetta
                                    Per divertirci,
 io fingerò il governator.
 don Ferrante
                                              Ma quello
 all’uso parla de’ Napolitani.
 Lisetta
 So parlarvi ancor io; mi fido ancora
 d’inviluppar l’amico; quando viene
1110ei resterà confuso.
 Eugenia
                                    Oh molto bene!
 Lisetta
 Or non si perda tempo; io vado dentro.
 don Ferrante
 Ed io pure vo’ far la parte mia,
 voglio vestirmi da notaro e teco
 farò anch’io la finzion.
1115Avviati mio ben.
 Lisetta
                                  Dentro v’aspetto. (Entra)
 don Ferrante
 Non parlar cameriera, bada bene
 non sconvoglier l’imbroglio.
 Eugenia
                                                     Io sarò muta.
 don Ferrante
 Or vado e mando Franceschino tosto
 a far questo servizio.
 Eugenia
                                         Sì signore.
 don Ferrante
1120(Che imbroglio esser ci vuole
 tra il giudice, il notaro ed il dottore). (Parte)
 Eugenia
 Andate e se succede
 qualche sciagura, io non m’intrico affatto,
 oprerò con giudizio e se rimiro
1125turbarsi il mar, nel porto io mi ritiro.
 
    Se vede il ciel turbato
 quel pastorel sagace,
 raccoglie il gregge amato
 e alla capanna in pace
1130le boscarecie avene
 fa lieto risuonar.
 
    Se mal da ciò n’avviene
 saprò sicuro in porto,
 come il nocchier accorto,
1135il legno ritirar.
 
 SCENA III
 
 CAMILLO, poi FERANTE
 
 Camillo
 Già ch’avverso destin del mio tesoro
 mi contende il possesso, oprisi l’arte.
 don Ferrante
 Oh questa in fede mia vuol esser bella!
 Ma tu ancora sei qui.
 Camillo
                                         Di voi ne vengo
1140con sua licenza in traccia.
 don Ferrante
                                                 Che ti occore?
 Camillo
 Veggo che sol s’aquista
 nella cavalleria gloria ed onore
 e che ville è quel core
 che nell’ozio languisce; un palladino
1145solo immortal ti rende; io che del sangue
 del gran Ruggier discendo, or le gran gesta
 vo’ seguir de’ miei avi; il brando invitto
 voi cingetemi al fianco; o gran campione
 voi crear mi dovete
1150errante cavalier, se Orlando siete.
 don Ferrante
 Vieni tra queste braccia,
 prole d’un grand’eroe che fece il mondo
 tremar come una foglia. Poiché hai scelta
 la mia fatal persona, io crearotti
1155un palladin e ti terrò nel core,
 battuto e ribattuto a tutte l’ore.
 Camillo
 Pregovi a perdonar, se in vostra casa
 ho finto il camerier, se vostra figlia
 per mia sposa bramai.
 don Ferrante
                                            Ora la meriti.
 Camillo
1160Di ciò mi stimo indegno.
 don Ferrante
 Eh son follie! Noi ti facciamo degno.
 Un palladin che scende
 dall’illustre prosapia di Rugiero
 merita questo e peggio. Adesso io voglio
1165che la mano le tocchi.
 Camillo
                                          O me beato!
 don Ferrante
 Ed eccola che viene
 qui calda calda. O giorno fortunato!
 
 SCENA IV
 
 BERENICE e detti
 
 don Ferrante
 Corri figlia diletta.
 Berenice
                                     Eccomi o padre.
 don Ferrante
 Li dei ti voglion bene; t’han destinata
1170a far razza d’eroi, lo vedi questo?
 Berenice
 È Camillo, lo so. (Che sarà mai!)
 Camillo
 Con sua licenza...
 don Ferrante
                                  Ancor non t’hai levato
 questo vizio che tieni? È mio pensiere
 il tutto palesar. Questo che vedi
1175essere ha rissoluto un palladino.
 Ed io tal lo farò, scende e discende
 dal sangue di Ruggiero. Abbraccia o figlia
 cossì bella occasione.
 Sposalo; il genitor te lo consiglia.
 Berenice
1180Ch’io lo sposi?
 don Ferrante
                              Gnorsì.
 Camillo
                                              Meco è ritrosa,
 non giova importunarla.
 don Ferrante
                                               Oh sei noiosa!
 Da’ gusto al genitor.
 Berenice
                                       Bramate dunque
 ch’or impalmi costui?
 don Ferrante
                                           Gnorsì lo bramo.
 Berenice
 (Cieli, che far dovrò).
 don Ferrante
                                          Sollecitiamo.
1185Cavallier fatti sotto.
 Camillo
                                       Ecco obbedisco.
 Berenice
 (Ardire o cor).
 don Ferrante
                              Via datevi la mano.
 Berenice
 Già che il padre sì brama, ecco ti porgo...
 Ah indegno traditor, scostati o ch’io
 ti passo il sen.
 Camillo
                             Cossì mi tratti? Oh dei!
 don Ferrante
1190Ohimè! Che robba è questa?
 Berenice
                                                       Tu chi sei?
 Che pretendi da me? Anima vile,
 se palladin tu sei, su stammi a fronte;
 son amazone anch’io. Di questa spada
 tu tremi al lampeggiar? Vienni al cimento,
1195pugna meco codardo e in tal conflitto
 s’esser prode ti vanti,
 da questa man pur caderai trafitto.
 Camillo
 Ferma le smanie o bella.
 don Ferrante
                                               Lascia fare,
 ch’ora si va provando
1200d’esser cavalleressa, animo e core,
 brava figliola, imita il genitore.
 Berenice
 E tu chi sei?
 don Ferrante
                          O diavolo non vedi
 che son il genitor.
 Berenice
                                   Tu genitore?
 Un mostro fier tu sei ch’un’infelice
1205a morte sì crudel, tiranno, esponi;
 prova tu ancor le mie furie...
 don Ferrante
                                                      Piano,
 ch’ella fosse impazzita?
 Berenice
 Son tutta foco e sdegno; il mio furore
 contro voi vo’ sfogare.
 don Ferrante
                                          Andiamo male;
1210la mia casa de’ pazzi è un ospitale.
 Camillo
 Cessa lo sdegno, o dei.
 don Ferrante
                                           Figlia sta’ in cassa.
 Berenice
 Non ravviso raggion; tutti nemici
 siete del viver mio, di mia quiete,
 tutti rei del mio mal, tiranni siete.
 
1215   Perfidi, in che v’offesi
 ch’il mio morir bramate;
 come così insultate
 una innocente? Oh dei,
 empio nemico mio,
1220barbaro genitor.
 
    Pietà del mio tormento
 chi mai non prova in seno
 o non ha petto o almeno
 serba di marmo il cor.
 
 SCENA V
 
 DON FERRANTE e CAMILLO
 
 don Ferrante
1225Ah signor palladino il matrimonio
 va male assai, vi son de’ grandi imbrogli.
 Ma quando t’avrò fatto cavaliere
 allor non dubbitare
 che per forza colei t’ha da sposare. (Parte)
 Camillo
1230Berenice crudel comprendo i tuoi
 simulati deliri.
 Ah nel seguirla, troppo,
 m’avveggo, errai. Ed or di sdegno acceso
 tant’odiarla vogl’io quanto l’amai.
 
1235   Serbar vo’ per quella ingrata,
 che ostinata a me fa guerra,
 tanto sdegno entro al mio petto
 quanto affetto ebbi nel cor.
 
    E per pena al mio rossore
1240vo’ ch’alberghi nel mio core
 l’odio sol e non l’amor.
 
 SCENA VI
 
 BERENICE, EUGENIA, poi FLAMINIO
 
 Eugenia
 Sì signora partì.
 Berenice
                                 M’affanna o dei
 di non veder Flaminio.
 Eugenia
                                             Ed a qual fine?
 Berenice
 Molto mi preme seco
1245di raggionare.
 Eugenia
                             Ed eccolo che viene.
 Berenice
 Giungi opportun mio sospirato bene.
 Flaminio
 Bella ti leggo in volto
 qualche consuol.
 Berenice
                                 Secondo le promesse
 fatte a me da Lisetta, oggi la sorte
1250ne renderà contenti.
 Flaminio
                                        E quai promesse?
 Berenice
 Fidata all’autorevol personaggio
 che per suo fin tra breve
 rappresentar col genitor qui deve...
 Flaminio
 Qual personaggio?
 Eugenia
                                     Ella si sta vestendo
1255come il governator.
 Flaminio
                                      Tutto or comprendo;
 e qual sarà mai suo dissegno?
 Berenice
                                                         Il padre
 costringerà, farà ch’a te mi dia.
 Flaminio
 Secondi amor ciò che il mio cor desia.
 Eugenia
 Sarà fra poco. Entriamo,
1260ch’il padron non chiamasse.
 Berenice
                                                     Sì, contenta
 mi ritiro.
 Eugenia
                     Ed anch’io.
 Berenice
 Ma per gioir fra breve idolo mio.
 Flaminio
 Deh cangia amico fato
 suo maligno tenor. Ma sento, o dei!
1265da bella amica speme
 avvalorato il core e par che dica:
 «Spera che dopo lungo e rio tormento
 s’avvicina più grato il bel contento».
 
    Doppo un’orrida procella
1270ch’alle nubi il volto oscura,
 più nel ciel serena e bella
 spesso l’iride succede
 e co’ raggi il sol si vede
 più ridente scintillar.
 
1275   Dopo il duol, affanni e pene,
 spero anch’io col caro bene
 lieto in pace respirar.
 
 SCENA VII
 
 LISETTA da governator napolitano, DON FERRANTE da notaro, poi PASQUARIELLO da dottor bolognese
 
 don Ferrante
 Ah ah mi vien da ridere; sembriamo
 due neri cattafalchi, anima mia.
 Lisetta
1280Fuori le burle, via,
 qua vi vuol gravità.
 don Ferrante
                                      Gravidi e mezzo
 sarem di gravità; che bella cosa,
 fatte largo signore,
 passa il notaro ed il governatore.
 Lisetta
1285Voi state con li scherzi e qua si tratta
 del mio interesse e vostro.
 don Ferrante
                                                  Dici bene;
 rido ch’il camerata
 venirà da dottore, com’ha detto
 la cameriera.
 Lisetta
                           Non vi conoscesse?
 don Ferrante
1290Io parlerò lattin. Che vo’ conoscere?
 Lisetta
 Or ben sentiste che tutto bisogna
 secondar quel ch’io dico, acciò più meglio
 l’amico ci dia credito e se pure
 disponessi di voi, di vostra figlia,
1295tutto approvar dovete in conclusione,
 che tutt’altro non è che finzione.
 don Ferrante
 Faccia lei, io sarò suo sostituto,
 tutto sarò pendente
 da lei.
 Lisetta
               Ma ritiriamci.
1300Chi vien?
 don Ferrante
                     Viene l’amico allegramente.
 Pasquariello
 
    Oh che imbroi int’al cervel
 ch’am fa el codiz e Giasson
 e Verzili e Ciceron,
 el Dizest e Tiraquel,
1305el Pandet e l’Inforciat,
 Bald, Bartol e l’Alziat
 che n’al pos più suportar.
 
 don Ferrante
 Olà tacete domine doctoribus
 che qui attento ci sta il governatoribus.
 Pasquariello
1310E vu chi sif?
 don Ferrante
                          Sum dominus notarius,
 faccio scritturas, intimationes,
 sequestros, providentia et mandatos
 aliasque cosas et come se chiamas,
 etcaetera, etcaetera.
1315Habetis vos bisognum de qualcosas?
 Pasquariello
 An io miga bisogn de nodar,
 vui el governador sier scarafon.
 don Ferrante
 Eccolo in carne ed ossa.
 Pasquariello
 O bon bon, al signor governador
1320bel e giocond faz con osequi un gran
 inchin sprofond.
 Lisetta
                                 Embè che buoi.
 Pasquariello
 Ho do lid per le man.
 Lisetta
                                          Mmalora toia!
 Viene domani; annamosi notaro.
 don Ferrante
 Marciabimus.
 Pasquariello
                             Ch’al senta.
 don Ferrante
                                                     Non volebimus,
1325quia cadunt crepuscoli et potebimus
 acchiapare cattarum, servitoribus.
 Pasquariello
 In do parol am sbrigh.
 Lisetta
 Via mo, no me fruscià.
 Che te venga lo cancaro, fa’ priesto.
 Pasquariello
1330Stem donca ad ascoltar,
 do lid au propon e tutte do
 contr de don Ferand che l’è un furbaz
 de ventidò carat.
 don Ferrante
                                  No accomensabis
 de prossimo a dir mal perché buscabis.
 Pasquariello
1335Lassem parlar. La prima
 è del messir Flamini che querelam
 adducit contra lu, ch’avendol sponte
 Bereniz so fiola a lu promessa
 ghe l’ha nigà e savì:
1340«Promissio boni viri est obligatio»
 second il tiest.
 don Ferrante
                             Bisognat
 sentir di don Ferrant l’escusatio.
 Pasquariello
 Vot taser col diavol pastucchion?
 L’è la sgonda querel ch’el predet
1345tien in so cà una donna
 ch’Angelica a s’ chiama ed al so spos
 nol vo’ renderla brisa.
 Lisetta
                                           Chiano, chiano.
 Di’, chi l’ave portata in casa soia?
 Pasquariello
 A l’è sta so marì.
 Lisetta
                                 Ergo se deve
1350lo marito punir.
 don Ferrante
                                Viva bis optime.
 Pasquariello
 Se ti non tasrà toch d’asenas
 a te dagh sto caplin int’el mustas.
 don Ferrante
 Si tu parlabis male contra notarum
 nella faccia ti getto calamarum.
 Lisetta
1355No po’ de creanza; ehilà,
 lo castigo ben io faragio dare
 a chillo che lo mereta.
 Pasquariello
                                          Mi vui
 ch’al sipa castigà e lu e la donna.
 Lisetta
 Ma la donna che n’entra?
 Pasquariello
                                                 Perché li è
1360l’orizene del mal; li è una sfazad,
 una furbaz com tant’e tant’alter
 de so sess.
 Lisetta
                      Ah sta’ zitto busciardone,
 vuoie di’ male de le donne?
 Pasquariello
                                                     E chi è colù
 che ne possa dir ben? Plini, Platon,
1365Seneca, Zizeron, Stazi, Aristotil,
 Democrit ed Ovidi e tant’e tant
 ne digon mal, perfin la lezze lata.
 Lisetta
 Appilla su, linguaccia malorata,
 tu contro vuoie parlar de no sesso
1370ch’è stato ed è la gloria dello munno,
 ch’è mare di dolcezza senza funno.
 don Ferrante
 Vivat per mille secoli.
 Pasquariello
                                          Mi replich...
 Lisetta
 No chiù replich, fuss’acciso. Apila
 e no me sta chiù a nzallanì, me ntienne?
 Pasquariello
 
1375   A v’ho intes, mo sbrighem prest
 caro signor governador.
 
 Lisetta
 
    Il decreto è pronto e lesto,
 sì notaro scrivi e cà.
 
 don Ferrante
 
    Bene iam conclusum est,
1380io scribebo, eccomi qua.
 
 Lisetta
 
    «Nubetur primo Berenice
 cum Flaminio»; ah che dicite?
 
 don Ferrante
 
 Io dicebo...
 
 Pasquariello
 
                        Tasi là.
 Al decret non replicar.
 
 don Ferrante
 
1385Io scribebo, eccomi qua.
 
 Lisetta
 
    «Postea Angelica donetur
 a chi l’ave mo in possesso».
 
 don Ferrante
 
 Io scribebo, exequatur.
 
 Pasquariello
 
 Ferme là; fé errur, adie.
 
 Lisetta
 
1390Zi... Zilentium, frustigetur
 si volebis rebrecar.
 
 Pasquariello
 
    Cancaraz che nol va ben.
 
 Lisetta
 
 Oh mallora no parlé.
 
 don Ferrante
 
 Parla, parla io scrissi già.
 
 Pasquariello
 
1395   Mo am da dire imbestialis,
 mo am infad e am instichis,
 cancaron, cancarunaz,
 del decret cussì bestial
 am appel al tribunal,
1400ton tontò col campanaz
 at farò sentir ben mi.
 
 Lisetta
 
    No me stare a seprecare,
 decretavi e s’ha da fare,
 cheste cosse no se fanno,
1405che te venga lo malanno,
 soneraggio el campanino,
 siente sie’ ntintì, ntintì.
 
 don Ferrante
 
    Io ridebo; ah ah che gusto,
 quel dottore pare giusto
1410figuron de carnevale,
 pien di foco artificiale,
 va sparando ora così.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Tutti
 
 Flaminio
 Si fermi un sol momento
 signor governator.
 Lisetta
1415Chi è chisso?
 Pasquariello
                           L’è Flamini.
 Lisetta
                                                    Eh sì notaro!
 Ta’ impalma sì Flaminio a Berenice.
 don Ferrante
 Ne parlabimus poi.
 Lisetta
                                      Mo mo sedeve,
 esequi lo decreto.
 don Ferrante
                                   Ohimè, che ho fatto?
 Flaminio
 Prendi la destra o cara.
 Berenice
                                             E annodi amore
1420con un laccio immortal d’entrambi il cuore.
 don Ferrante
 Ben secundum decretum
 Angelica sarà di don Ferrante.
 Lisetta
 Perché?
 don Ferrante
                  Se don Ferrante n’ha il possesso...
 Lisetta
 Sbagliate; or non è tempo
1425di finger più; sentite don Ferrante,
 Angelica io non sono, mi finsi tale
 per far che di Flaminio e Berenice
 s’eseguisser le nozze.
 Or che avuto ho l’intento, io mi dichiaro
1430che Lisetta mi chiamo e moglie sono
 di Pasquariello e se qualche trasporto
 amoroso, ma onesto, ho a voi mostrato,
 l’ho fatto sol per castigar un poco
 la gelosia di mio marito ed ecco,
1435giusto il decreto adesso,
 che costui ha di me solo il possesso.
 Pasquariello
 Mi vien da pianger per la tenerezza.
 Oh consorte onorata! Oh sciagurato
 che sono stato io! Mando ora al diavolo
1440per te la gelosia,
 già conosco esser questa una pazzia.
 don Ferrante
 Me la ficaste, è ver, ma vi ringrazio,
 il fato sia ben fatto e questi imbrogli
 mi daranno materia esorbitante
1445d’andar per sempre errando
 e far pazzie, come il mio caro Orlando.
 Eugenia
 Ed il signor Camillo
 ne resterà com’io a denti asciutti.
 Camillo
 Fransi di già miei lacci
1450e dell’altrui gioir godo con tutti.
 Viva Lisetta; ed io dirò col testo:
 «E qui fo fin, ritorni un’altra volta
 chi volentier la bell’istoria ascolta».
 tutti
 
    La sospirata calma
1455se già ne diede amor,
 goda contenta ogn’alma,
 brilli d’ognun il cor.
 
 Fine