Oronte re de’ Sciti, Venezia, Rossetti, 1740

Vignetta Frontespizio
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Campagna vasta sparsa di varie colline che vanno a finire in aspri monti, col fiume Istro che scorre al piano, sopra del quale un ponte di pietra che va a terminare al margine del colle, su cui vi è posta la città. Ponte levatore alla porta della medesima.
 
 ORONTE senza manto, senza elmo e senza spada
 
 Oronte
 Ancor vivo, ancor spiro, ancor io posso
 vendicar l’onte mie. Rispettar l’onde
 questa salma temuta
1060fin dagli stessi dei. Me del mio ferro
 il perfido destino
 sempre non priverà. Può darsi ancora
 che all’orgoglio de’ Daci io ponga freno,
 ch’io sveni il loro re. Lo spero almeno. (Si vede calar il ponte della città e fuggire i Sciti)
1065Odo strepito d’armi. Oh vista! Oh sorte!
 Fuggono i miei soldati; e gl’inseguisce
 superbo il vincitor. Dov’è una spada,
 un’asta, un arco! Ah vili, (Alla voce d’Oronte si arrestano)
 ah codardi, fermate. Ah non fia vero
1070che si veggan fuggir l’armi d’Oronte.
 Volgete al vincitor la faccia e il brando.
 Difendetevi, o Sciti, io vel comando. (Al cenno d’Oronte i Sciti voltano la faccia al nemico che si ritira ed alza il ponte. Gli Sciti restano fuori della città)
 Guerrieri, ecco il re vostro,
 non vi avvilite ancor. Scendete al piano,
1075l’ordine riprendete e il fato ancora
 si sperimenti, sì. Datemi un ferro;
 io vi precederò. Venite, amici,
 non sarete con me sempre infelici. (Scendono al piano e si racolgono in ordine militare. Da un soldato vien presentata una spada ad Oronte)
 Ma Tarpace non v’è. Quel traditore
1080mi abbandonò! Sudditi della sorte
 son questi e non del re. Permetta il fato
 che Alcamene sen fidi e lo tradisca,
 ch’egli per man del traditor perisca.
 
 SCENA II
 
 Si suona a battaglia nella città e si vede nuovamente calar il ponte, sopra del quale compariscono ARTALICE ed ALCASTO ambi con spada in mano, alla testa dell’esercito, e detti
 
 Oronte
 Coraggio, o prodi; l’inimico ardito
1085noi viene a provocar. Eccomi; io primo
 la pugna incontrerò! Voi me seguite.
 Mostrate il vostro ardire,
 risoluti morir pria di fugire. (Va con suoi soldati ad incontrar le squadre che scendono dal colle sul ponte di pietra e segue l’abbatimento fra le due nazioni collo svantaggio de’ Daci. Comparisce poi da un taglio fra’ monti Ermondo con altre squadre in soccorso de’ suoi, il quale fa piegare alla sua parte la sorte colla rotta totale de’ Sciti. Nel calor della pugna tutti si sviano per le scene; indi esce Oronte solo colla spada rotta)
 Ah sorte iniqua! Ah scelerate stelle!
1090Che volete di più? Sì sì, son vinto.
 Non v’è più scampo. Ho già perduta affatto
 la ragion di sperar. Quella mi resta
 di libero morir. Si mora e questo
 misero avanzo d’infelice brando
1095lo strumento ne sia... Ma gl’inimici
 mi giungono alle spalle.
 Non abbiano il contento
 di vedermi perir. Pasto di fiere
 vuo’ che sian le mie membra, anzi che spoglie
1100del vincitor. Lo sdegno
 ah mi divora e strugge. (In atto di fuggire)
 
 SCENA III
 
 ARTALICE, ERMONDO, ALCASTO, soldati e detto
 
 Artalice
 S’arresti, Alcasto, il traditor che fugge. (Alcasto con alcuni soldati arresta Oronte)
 Oronte
 Perfidi, rispettate
 la real dignità.
 Alcasto
                              Mira fra lacci
1105l’inimico, signor. (Ad Artalice)
 Artalice
                                   Fra sue catene
 sia condotto alla regia.
 Oronte
                                           Oh mio rossore!
 Oh pena mia infinita!
 Oh morte ingrata! Oh miserabil vita! (Vien condotto dalle guardie in città scortato da Alcasto e soldati)
 
 SCENA IV
 
 ARTALICE, ERMONDO e soldati
 
 Artalice
 Lode agli dei, siam pure
1110vincitori, miei fidi; ite alla reggia,
 preccedete i miei passi. Oggi destino
 di svelarvi un arcano
 utile al regno e non celato invano. (L’esercito marchia verso la città)
 Ermondo al tuo valore
1115dobbiam la nostra sorte; ah tu togliesti
 di mano al vincitor la sua vittoria.
 Ermondo
 Ma il valor del mio braccio è sol tua gloria.
 Da que’ begl’occhi appresi
 l’arte di trionfar.
 Artalice
                                  Vieni, mio caro,
1120vieni e fra queste braccia
 l’amor tuo, la tua fede
 abbia il pegno primier di sua mercede.
 Ermondo
 
    S’io penai, s’io per te piansi
 tu lo sai, lo sa il mio cor.
 
 Artalice
 
1125   Sallo amor, tu pur lo sai,
 s’io penai, mio ben, per te.
 
 Ermondo
 
    Dolci pianti!
 
 Artalice
 
                             Care pene!
 
 a due
 
 Fortunate mie catene!
 Mia felice fedeltà!
 
1130   Tutto spira amor e pace,
 d’imeneo la chiara face
 già per noi s’accenderà.
 
 SCENA V
 
 Appartamenti terreni.
 
 AMASIA, poi TARPACE
 
 Amasia
 Alcamene trionfa. Oronte è vinto.
 Tutto il regno n’esulta; e solo Amasia
1135piagnerà, fremerà? Negletta, offesa
 da un infedele amante,
 tradita dal destino
 che le belle speranze empio m’invola,
 dovrò lagnarmi e lagrimar io sola?
 Tarpace
1140Principessa, concedi
 che col nome di sposa ora ti chiami.
 Alfin la sorte amica
 ti fece mia.
 Amasia
                        Come! Non può la sorte
 dispor del mio voler.
 Tarpace
                                         Lo può Alcamene;
1145lo può il tuo re. Premio della mia fede,
 la tua destra, il tuo cuor, sì mi concede.
 Amasia
 Ingrato! E sarà vero
 ch’ei per scherno maggiore
 ceda altrui la mia destra ed il mio cuore?
 Tarpace
1150Contento in ogni guisa
 il destin mi farà. Ma sperar posso
 cara il tuo amor? Rispondi e mi consola,
 sarà mio quel bel cor?
 Amasia
                                           Lasciami sola.
 Tarpace
 Sì sì, t’appagherò. Pensaci, Amasia,
1155è di dover. L’esempio d’Alcamene,
 acceso forse di novello ardore,
 insegni a serbar fede anche al tuo core.
 
    Cangia, sì, le fiamme in petto,
 scaccia pur l’antico amore,
1160non temer che sia difetto
 né chiamarla infedeltà.
 
    È follia piucché costanza
 serbar fede a un traditore;
 non t’inganni la speranza,
1165non soffrir la crudeltà.
 
 SCENA VI
 
 AMASIA, poi ALCASTO
 
 Amasia
 È ver, non è più degno
 della mia fedeltà l’amante infido.
 Mi scordarò d’averlo amato. Il nome
 odioso mi sarà del traditore...
1170Ah che il labro lo disse e non il core.
 Alcasto
 Principessa, Alcamene
 nella sala real te sola attende.
 Amasia
 Che pretende da me? V’è speme, Alcasto,
 che mi torni ad amar?
 Alcasto
                                            Sperarlo è vano.
1175Farlo non può; vieni e saprai l’arcano.
 Amasia
 Dunque sarò infelice,
 senza regno in un punto e senza sposo?
 Alcasto
 Se di regnar la brama
 lusingar tu non puoi, quella di sposo
1180ragionevol saria.
 Amasia
                                 So che vuoi dirmi.
 Vuoi parlarmi di te.
 Alcasto
                                       Ma non ardisco.
 Mi ramento il tuo sdegno.
 Amasia
                                                  In poter nostro
 non è l’ira frenar.
 Alcasto
                                   Ah se placarti
 potesse il sangue mio...
 Amasia
                                             Lasciami. Parti.
 Alcasto
 
1185   Il tuo cuor di sdegno abbonda;
 è maggior però il mio amore.
 Picciol’onda un tanto ardore
 no, non giugne ad ammorzar.
 
    Anzi, quanto ardente fiamma
1190fa inalzar l’umor spruzzato,
 più m’infiamma benché ingrato
 quel vezzoso minacciar.
 
 SCENA VII
 
 AMASIA sola
 
 Amasia
 Che fo? Che mi consigli,
 nume, pietoso Amor? Il disperarmi
1195è tormento, è follia. Seguir un core
 che crudel m’abbandona
 è inganno, è vanità. Cangiar affetto
 opportuno saria; saria vendetta
 necessaria, dovuta,
1200qual per fugir dal cacciatore infido
 cangia l’accorto augello il ramo e il nido.
 Ma come, oh dio, dal petto
 sveller del primo affetto
 le radici potrei? Dubia quest’alma
1205ora l’odio, or l’amor, lascia e ripiglia.
 Nume, pietoso Amor, tu mi consiglia.
 
    M’arde il sen fiamma crudele
 né so dir s’è sdegno o amore;
 so che peno e so che il core
1210spera invan la libertà.
 
    Odio sì quell’infedele
 ma rammento il primo foco
 e conserva ancor il loco
 nel mio sen la fedeltà.
 
 SCENA VIII
 
 Salone magnifico apparato per nozze ed incoronazione di novo re, con trono.
 
 ARTALICE, ERMONDO, ALCASTO, TARPACE, popolo, indi ORONTE in catene
 
 Artalice
1215Venga il perfido scita; a me recate
 scettro e corona. (Sale in trono. Due guardie partono)
 Alcasto
                                  Della Dacia al regno
 mai diè la sorte un successor più degno.
 Ermondo
 Ecco fra sue ritorte (Viene condotto Oronte)
 l’inimico crudel.
 Oronte
                                 (Barbara sorte!) (Volge le spalle al trono senza mai guardar Artalice)
 Artalice
1220Oronte, alfin sei vinto. Il tuo destino
 pende dal mio voler. Ramenta, indegno,
 per quante vie lo sdegno
 acceser nel mio core
 l’odio tuo, le tue trame, il tuo furore.
1225Avido tu di sangue, il procurasti,
 con barbaro consiglio,
 dalle vene del padre, indi del figlio.
 Fu tuo voto il mio trono; e tosco e ferro
 e ogn’altro d’empietà mezzo inumano
1230meco tentasti, traditor, ma invano.
 Furo gli dei, che audace
 giugnesti a provocar, la mia difesa.
 Chiese agli dei vendetta
 la libertà de’ popoli depressa,
1235il sangue sparso ed Artalice istessa.
 Giunser le voci al ciel, pugnai, ti vinsi;
 odi, superbo, e fremi,
 odi qual man ti disarmò. Miei fidi,
 ecco svelo un arcano
1240glorioso per voi, produr la Dacia
 sa l’eroine ancor; mirate o Daci (S’alza)
 chi vi difese il trono;
 morto è Alcamene ed Artalice io sono. (Si scopre)
 Oronte
 Stelle! Artalice? (S’aventa con impeto verso il trono ma dalle guardie vien arrestato)
 Ermondo
                                 Olà guardie frenate
1245l’ira del traditor.
 Tarpace
                                 (Che intesi! Oh dei!)
 Oronte
 (Ah che questo è il maggior de’ scorni miei).
 Artalice
 Vieni, fedele Ermondo, (Ermondo sale al trono)
 vieni a parte del soglio.
 Questa il tuo merto, il tuo valor esigge
1250gloriosa mercede.
 Ermondo
 Altro merto non ho che quel di fede.
 Artalice
 Qui le insegne reali; eccovi, o Daci,
 eccovi il vostro re. Senza il suo braccio
 non avremmo trionfato. Ei fu che seppe
1255la vittoria obbligar. L’illustre capo
 degno è ben del gran fregio.
 Io l’erede ne sono,
 io divido con lui, popoli, il trono.
 Oronte
 Ah lasciatemi, indegni,
1260prima morire almeno.
 Artalice
 No, voglio in faccia tua stringerlo al seno.
 Oronte
 Ah perfida! Ah spietata!
 Da qual furia apprendessi
 l’arte d’incrudelir? Non han le selve
1265mostro di te peggior. Non ha l’inferno
 duolo simile al mio... Ma sento il core
 cambiar in sen l’usato loco, il sangue
 scorrer precipitoso
 le dilatate vie. Questa è la morte.
1270Venne pure una volta.
 Anche il destino i disperati ascolta.
 Ove son? Con chi parlo? È questa forse
 che io calpesto la terra? O le funeste
 dell’Averno crudel soglie son queste?
1275Chi siete voi? Dov’è il monarca fiero
 del terribile impero?
 Ditegli, sì, che il suo potere irriti,
 ch’è venuto a insultarlo il re de’ Sciti.
 
    Veggo le orribili
1280furie dell’Erebo
 ma non spaventano
 d’Oronte il cor.
 
    Ah, benché esanime
 fra neri spiriti,
1285ancor mi lacera
 il mio rossor. (Parte)
 
 SCENA ULTIMA
 
 I sudetti, fuor che Oronte, indi AMASIA
 
 Artalice
 Seguitelo, soldati. Il traditore
 in carcere si chiuda. Esser potrebbe
 simulato il delirio. In ogni guisa
1290è di pietade indegno
 chi togliermi tentò la vita e il regno.
 Ermondo
 Sei clemente anche troppo.
 Amasia
                                                    Eterni dei!
 Qual orror, qual spavento! Immerso Oronte
 giace nel proprio sangue.
 Artalice
                                                A un tanto eccesso
1295chi la mano prestò?
 Amasia
                                       Fu Oronte istesso.
 Ei tolse ad una guardia,
 che arrestarlo vollea, di mano il ferro;
 poi tutto, in un baleno,
 se lo immerse il crudel nel proprio seno.
 Artalice
1300E pur mi fa pietà.
 Ermondo
                                    No, non la devi
 a un empio, a un traditor. Germana, alfine
 publicato è l’arcano.
 Amasia
                                       Intesi, al fato
 contrastar non si può.
 Alcasto
                                          Spento Alcamene,
 mi negherai, crudele,
1305la libertà d’amarti?
 Amasia
 Io crudele non son. Puoi lusingarti.
 Tarpace
 (Si prevenga). Artalice, è tempo ormai
 ch’io da te conseguisca
 l’accordata mercé. Mi promettesti
1310Amasia, il sai; violar la fede
 non si de’, non conviene.
 Artalice
 Artalice son io, non Alcamene.
 Dissi: «Non sarà mia»; dissi: «La cedo».
 S’ella sposo ti accetta, io lo concedo.
 Amasia
1315Pria la morte sposar.
 Tarpace
                                         Ah sì, v’intendo;
 son deluso da tutti.
 Artalice
                                      Il fato incolpa.
 Duolmi del tuo dolor. Sì, mi ramento
 ch’io vivo tua mercé. Di Scitia il regno
 si può far tua conquista, estinto essendo
1320l’ultimo successor. Io, se ti aggrada,
 al vuoto trono io t’apprirò la strada.
 Tarpace
 Sì, la promessa accetto;
 pago il fasto sarà, se non l’affetto.
 Ermondo
 Merta bene, Artalice,
1325la fedeltà d’Alcasto
 non men grata mercé; se lo concedi,
 gli offro Amasia in isposa.
 Artalice
                                                  Ed io gli aggiungo
 le provincie assegnate a me per dote
 dal re mio genitor.
 Alcasto
                                     Oh me felice,
1330se Amasia troppo altera
 la destra mia non sdegna.
 Amasia
 Non m’oppongo a un german che impone e regna.
 Artalice
 Quante volte in un giorno
 cangiò faccia il destin! Le stelle alfine
1335fur propizie per noi. Non abbandona
 mai l’innocenza il ciel, sospende, è vero,
 talor la sua pietà ma lo fa solo
 perché il mortal, dalle sventure oppresso,
 usi virtude a superar sé stesso.
 coro
 
1340   Se volgiessero le stelle
 sempre a noi benigni i rai,
 non vorremmo apprender mai
 né a temer né a meritar.
 
    Ciò che a noi fa parer belle
1345le fatiche della vita
 è l’esempio che c’invita
 i disastri a paventar.
 
 Fine del dramma