Oronte re de’ Sciti, Venezia, Rossetti, 1740

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Deliziosa nella regia.
 
 ORONTE e TARPACE
 
 Oronte
 O sarà mia Artalice o questo regno
 distruggerò. Non vuo’ che mi contrasti
 poca gente indiscreta, e solo vaga
 d’opporsi al suo signore,
5l’arbitrio al mio voler, la pace al cuore.
 Tarpace
 Vincer la plebe è lieve cosa. I grandi
 tremeranno avviliti; ah non so quanto
 facil sarà l’orgolio
 d’Alcamene fiaccar; lo sai, ritorna
10carco di spoglie e di trofei.
 Oronte
                                                   Tarpace,
 odimi; alla tua fede
 nulla deggio celar. So che si oppone
 di Decebalo il figlio
 al paterno voler, so che minaccia
15l’ultima volontà, la legge e i patti
 franger del genitor; ei m’odia; ei pensa
 alla real mia mano
 Artalice negar. Ma il pensa invano.
 Tarpace
 Ah paventar dobbiamo
20giovine condottier d’armi felici.
 Troppo è vicino. I ponti
 fe’ su l’Istro gettar. Passò gran parte
 dell’esercito suo. Forse a quest’ora
 le mura discoprì. Disegna forse
25in questo punto istesso
 la facil via di rimirarti oppresso.
 Oronte
 Mi conosci, Tarpace, e così parli?
 E così pensi?
 Tarpace
                           Io non ti vidi mai
 sì lento oprar.
 Oronte
                             Di questa al cor d’Oronte
30forastiera lentezza
 cagione è amor. L’affetto d’Artalice
 mi cale, il sai; me ne lusingo e scorgo
 che studiata pietà vince il suo orgoglio.
 Mi sdegneria crudel. Sol per piacerle,
35sino ad un certo segno
 disposto ho il core a simular lo sdegno.
 Tarpace
 Ma se giugne Alcamene...
 Oronte
                                                 Eh no, Tarpace,
 non giugnerà.
 Tarpace
                             Perché?
 Oronte
                                              Perché a quest’ora
 forse non vive più. Conosci Orcane,
40duce antico e sagace?
 Tarpace
                                          A me è ben noto.
 Oronte
 Io lo mandai con finta pace in volto
 Alcamene a incontrar. Di ferro e tosco
 munito andò; ma più di gemme ed oro,
 prezioso incanto alle segrete guardie
45destinato del prence. I suoi più fidi
 sono miei da gran tempo; avranno a gara
 sospirato piacermi ed io, Tarpace,
 punisco e non minaccio;
 getto il colpo fatale e ascondo il braccio.
 Tarpace
50Opportuno è il disegno; andar fallace
 potria però.
 Oronte
                         Trarmi di pugno il brando
 non pertanto vedrai. Chiederò ai Sciti
 del lor valor le usate prove; alfine
 vendicherà la forza
55gli oltraggi del destin.
 Tarpace
                                          Propizio fato
 ti secondi, signor; sai che d’Amasia
 arde il mio cor, che destinata al letto
 ella fu d’Alcamene; estinto il prence,
 rimane in tuo poter. Tu puoi dar legge
60anco agli affetti suoi. Deh non negarmi
 poterla conseguir, se alla mia fede
 premio sperar mi lice.
 Oronte
 S’io felice sarò, sarai felice.
 
    Terribile a’ nemici
65fulminerà il mio sdegno.
 Ma in solevar gli amici
 sarò clemente ancor.
 
    Sì, con eguale impegno
 serbo a tre vari oggetti
70tre diferenti affetti,
 ira, pietade e amor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 TARPACE, indi AMASIA
 
 Tarpace
 Ah, se pere Alcamene,
 felice me! Senza un rival sì grande,
 posso molto sperar. Di Daccia il trono
75forse ad Amasia piace
 più del cor d’Alcamene e di Tarpace.
 Donna ambiziosa è per natura. Oronte
 serve al mio amor. Io serberogli fede
 quanto mi gioverà. Felice augurio
80de’ vicini contenti! Io del mio bene
 sto fra me ragionando ed ei sen viene.
 Amasia
 Odioso incontro! (Si arresta incontrandosi in Tarpace)
 Tarpace
                                   Oh dei! Perché ti arresti?
 Perché fuggi da me?
 Amasia
                                        Non se’ ancor stanco
 ch’io tel ridica? T’aborrisco, il sai;
85e mi tenti e mi segui?
 Tarpace
                                           Ah mi lusingo
 che ti cangi una volta.
 Amasia
                                          Invan lo speri.
 Serbo del primo foco
 vive ancora le fiamme.
 Tarpace
                                            E se mancasse
 un rivale al mio amor? Spiegati; allora
90potrei sperar?
 Amasia
                             Mi spiaceresti ancora.
 Tarpace
 Ma perché sì crudel?
 Amasia
                                         Perché de’ Sciti
 odio il nome fatal, perché d’Oronte
 aborisco un seguace,
 perché il tuo volto agli occhi miei non piace.
95Non ti sdegnar; perdona
 la mia sincerità.
 Tarpace
                                 Sì, dono al sesso,
 dono all’età, dono alla tua bellezza
 l’insoffribile ingiuria.
 Io t’amo, Amasia; ecco d’amore un segno;
100m’oltraggi audace; io non mi movo a sdegno.
 
    Toglie l’ira anche al leone
 la virtù del dio d’amore;
 egli è amor che nel mio cuore
 sa lo sdegno disarmar.
 
105   Egli il fren della ragione,
 egli regge i miei pensieri;
 vuol ch’io t’ami e vuol ch’io speri,
 quando men dovrei sperar.
 
 SCENA III
 
 AMASIA, indi ALCASTO
 
 Amasia
 Nell’aspra lontananza
110ch’io soffro dal mio ben, sentir non posso
 ragionarmi d’amor. Perfido amore,
 quando il cor m’accendesti,
 che non mi promettesti?
 Ma non ebbi da te che doglie e affanni.
115Le promesse d’amor son tutti inganni.
 Alcasto
 Amasia, ah non vuo’ dirti idolo mio,
 perché più non ti sdegni. Il so che m’odi;
 ma evitarti non posso.
 Amasia
                                           (Ecco un novello
 sturbator di mia pace. Amor si prende
120gioco di me). (Da sé)
 Alcasto
                            Non ispiacerti, o bella,
 questa volta sperai.
 Amasia
                                      Perché?
 Alcasto
                                                       So quanto
 ami Alcamene. Ei non è lungi ed io
 venni a recarti il fortunato aviso...
 Amasia
 Ferma; uccide il piacer quand’è improviso.
125Tanto vicin non posso
 figurarmelo ancor.
 Alcasto
                                     V’è chi veduto
 ha l’esercito suo da queste mura.
 V’è chi incontro gli andò. Sino il tiranno
 mandò seco a trattar. S’ode la regia
130tutta d’intorno risuonar festiva.
 Per accoglier il prence
 ognun fatica a gara;
 chi gli archi inalza e chi trofei prepara.
 Amasia
 Ed io l’ultima sono
135il suo arrivo a saper? Io che in lui vivo?
 Che sua già son? Che in petto
 ho il suo bel nome impresso?
 Misera condizion del nostro sesso!
 Alcasto
 Poiché serbò la sorte
140a me l’onor di consolarti, Amasia,
 non negarmi mercé.
 Amasia
                                        Che mai pretendi
 da chi suo non ha il cuor!
 Alcasto
                                                Bastami solo
 che non m’odi, crudel. Per me nel seno,
 se amor non puoi, serba pietade almeno.
 Amasia
145Sì sì, dalle mie pene
 io misuro le tue. So qual tormento
 sia l’amar senza frutto; e mi figuro
 senza speme qual sia. Mi fa pietade,
 principe, il tuo destin. Pietoso amore,
150credimi, quanto al mio bramo al tuo core.
 
    Pietoso amor consoli
 l’acerbo tuo dolore.
 Ei possa nel tuo core
 le fiamme un dì cangiar.
 
155   Dalla tua mente involi
 l’imagine di questa
 che il viver tuo funesta,
 che non ti puote amar.
 
 SCENA IV
 
 ALCASTO solo
 
 Alcasto
 Come potrebbe amore
160della perdita mia rifarmi il danno?
 Chi compensar potrebbe
 d’Amasia il volto! Ah lo sperarlo è vano.
 Lusinga adulatrice
 consolarmi non può. Nacqui infelice.
 
165   Ah dov’è chi sa degli astri
 render vano il crudo impero!
 Ah che i beni ed i disastri
 son del fato in potestà.
 
    Quando uscii dal sen del nulla,
170dominava un astro fiero.
 Ei fu meco nella culla;
 sarà meco in ogni età.
 
 SCENA V
 
 Picciol tempio nella regia con statua di Giove ed ara accesa.
 
 ARTALICE ed ERMONDO
 
 Ermondo
 Vieni, vieni, mio ben; pria che il tiranno
 ci divida per sempre, uniam per sempre
175l’anime nostre in sacro nodo. Ah vieni.
 S’indi morir dovremo,
 congionti e sposi, anima mia, morremo.
 Artalice
 Oh dio! Qual dì sciegliesti
 le nozze a stabilir? Soggetti ancora
180siam d’Oronte all’orgoglio.
 Non è lungi Alcamene;
 lascia ch’ei giunga e ci consoli. Io spero
 del germano all’aspetto
 tutto veder cangiar.
 Ermondo
                                       Chi ci assicura
185che Alcamene s’opponga
 al paterno voler? Che i patti ingiusti,
 soscritti dal timor d’un re cadente,
 unico scampo a più fatal periglio,
 vendicar voglia e lacerare il figlio?
190Chi sa se vorrà il prence
 negar tutto ad un re che ha nelle mani
 il suo scettro, il suo regno?
 E s’ei comprar volesse
 colla tua man la pace? Ad avvilirlo
195se giugnesse il tiranno,
 qual sarebbe, Artalice, il nostro inganno?
 Artalice
 Senza di me non puossi
 arbitrar del mio cuor.
 Ermondo
                                          Pur ne dispose
 il padre tuo.
 Artalice
                          Violentarmi allora
200non intese però. Lui spento, io sono
 libera da ogni impero.
 Sarò tua; non temer.
 Ermondo
                                         No, non lo spero.
 Artalice
 Come! Diffidi?
 Ermondo
                               Cederai malgrado
 la tua fé, l’amor mio.
 Artalice
                                         M’offendi Ermondo
205con questo dubitar.
 Ermondo
                                      So quel ch’io dico.
 Vidi... Non vuo’ sdegnarti.
 Artalice
                                                  Ah che vedesti?
 Ermondo
 Vidi te col tiranno
 mitte assai favellar. Sperai più belle
 prove di tua virtù. Ma... sì, Artalice,
210voglio dirti il mio cor. D’Oronte il soglio
 forse in sen ti destò novell’orgoglio.
 Artalice
 Non più, mendace, ingrato,
 tal favelli a colei che sol te adora?
 Dimmi, crudel, non mi conosci ancora?
215Che far dovea dall’empio
 re minacciata? Apertamente oppormi
 era un troppo irritarlo. Io presi tempo,
 lusingando il suo amor.
 Ermondo
                                             Ah temer posso
 che meco ancor tu finga,
220che la promessa tua sia una lusinga.
 Artalice
 Che far dovrò, perché mi creda?
 Ermondo
                                                             In faccia
 al sacro nume e su quell’ara ardente,
 giura e ti crederò.
 Artalice
                                    Sì, vieni, o caro;
 non ricuso giurar. Che non farei,
225per renderti contento?
 Ermondo
 Ci assicuri la fede un giuramento.
 Artalice, Ermondo a due
 
    Nume che all’etera
 felice imperi,
 ascoltar degnati
230due cor sinceri
 ch’eterna giurano
 la fedeltà.
 
    E se mai rompono...
 
 SCENA VI
 
 ORONTE con soldati e detti
 
 Oronte
 A terra, a terra, (Precipita l’ara)
235queste fiamme profane. Ah che si tenta,
 perfidi, ad onta mia? Sarebbe Ermondo,
 sarebbe il mio rival? S’io lo credessi,
 d’Artalice sugl’occhi, anima imbelle,
 trucidar ti farei.
 Artalice
                                 (Misera!) (Da sé)
 Ermondo
                                                     (Oh stelle!) (Da sé)
 Oronte
240Sì sì, voti porgete
 d’Alcamene al destin; fidate in lui.
 Non temete il mio sdegno.
 Ma Alcamene è ancor lungi e intanto io regno.
 Ermondo
 (Che risolvo? Che fo?) (Da sé)
 Artalice
                                             (Pronto soccorso (Da sé poi ad Oronte piano)
245l’arte presti al grand’uopo). Ah fa’ che Ermondo,
 signor, si scosti; io ragionar ti deggio
 da solo a sola.
 Oronte
                            Olà, scostati. (Verso Ermondo)
 Ermondo
                                                     Almeno...
 Oronte
 Parti; non replicar.
 Ermondo
                                      Ma qual misfatto...
 Oronte
 Guardie, lungi da me costui sia tratto.
 Ermondo
 
250   Non ti sdegnar, s’io parlo.
 Non minacciar, s’io resto.
 Credi; rispetto è questo
 e non audaccia in me.
 
    (Fingasi. L’iritarlo (Da sé)
255troppo saria funesto,
 tempo verrà di farlo
 ma tempo ancor non è).
 
 SCENA VII
 
 ORONTE, ARTALICE e soldati
 
 Oronte
 Ritiratevi. (Alle guardie) Parla. (Ad Artalice)
 Che dir mi vuoi?
 Artalice
                                  Signore,
260lo prevedo, lo so; di donna al labro
 fede non presterai. Temerai forse
 ch’io ti voglia ingannar. Non mi assicuro
 perciò a dirti il mio cuor. Ah s’io potessi
 non sospetti sperar gli accenti miei,
265tutta l’anima mia ti svelarei.
 Oronte
 Meno proteste e più chiarezza.
 Artalice
                                                          Oh dio!
 Mi fai tremar. Come pretendi, Oronte,
 ch’io ti parli d’amor, se minaccioso
 mi guardi e fremi? Ah cangia...
 Oronte
270Vuoi parlarmi d’amor?
 Artalice
                                             Sì, qual tu credi,
 non t’odio già.
 Oronte
                             Sai che odiarmi è vano;
 ma non mi ami però.
 Artalice
                                          Deh mi concedi
 libera ragionar. D’Oronte il volto
 piace al mio cor, non il costume. Ah sire,
275se di quello che sei
 men feroce tu fossi, io ti amerei.
 Oronte
 Ferocità tu chiami
 la fortezza, il valor?
 Artalice
                                      Ma pur vorrei
 questo ancora donar a chi fra Sciti
280e nacque e regna. Io ti dirò, signore,
 di che più temo. Non amor ti accese
 del desio di mie nozze. Il so, la Misia,
 ch’è mia dote, è il tuo voto; e la speranza
 di conquistar, mancando i figli, un regno
285moltiplica le fiamme...
 Oronte
                                            Ah non è vero;
 sappi che amor...
 Artalice
                                  Che mai sperar potrei
 da cotesto imeneo? Tutte pospongo
 le varie del destin promesse tante
 a uno sposo che m’ami e sia costante.
 Oronte
290E in Oronte l’avrai. Odi, Artalice;
 del genitore il cenno
 ti fece mia; mia ti può far la forza;
 ma no, scaccia il timore;
 voglio che mia solo ti faccia amore.
 Artalice
295Felice me! Se assicurarmi io posso
 dell’affetto d’Oronte, ogn’altro foco,
 credimi, abborrirò.
 Oronte
                                      Te ne assicuro.
 Ecco, impegno la destra.
 Artalice
                                               Ma la destra
 pegno è sol d’imeneo, non già d’affetto.
300Tempo e costume esigge
 l’alma i dubi a discior. Non lusingarti
 che or mi abbandoni alla tua fé.
 Oronte
                                                            Lo devi.
 Il temerne è un oltraggio; e non lo soffre
 un re, un amante. A non mostrarti ingrata
305il tuo dover t’insegni.
 Artalice
 Mi spaventi, signor, quando ti sdegni.
 Oronte
 Veggo il tuo cuor. So che m’inganni; e speri
 che io sofra e non mi accenda? E se minaccio
 son crudel, son tiranno?
 Artalice
310Il mio cuor non conosci. Io non t’inganno.
 Oronte
 Dammi dunque la destra.
 Artalice
                                                  Attendi almeno
 che d’Alcamene il sì vicino arrivo
 questo nodo preceda.
 Oronte
                                          Invan lo speri.
 Un istante, un accento,
315fraposto al mio voler, pone in periglio
 l’onor tuo, l’amor mio.
 Artalice
                                           (Numi, consiglio). (Da sé)
 Oronte
 Di’, che risolvi?
 Artalice
                                Alfine
 Oronte è il mio signor; l’amo; lo temo,
 facciasi il suo voler; stringasi il nodo
320fra il suo cuore e il mio cor; ma non sperarmi,
 sinché il terror mi opprime,
 lieta qual mi vorresti e qual potrebbe
 far contento il tuo amor. Ah nel mio petto
 lo spavento confonde ogn’altro affetto.
325Mira, signor, le sacre fiamme a terra.
 Mira il nume sdegnato. Ah pria si plachi,
 poi guidami all’altar. Questa sol chiede
 Artalice da te grazia o mercede.
 Oronte
 (Superstiziosa donna). (Da sé)
 Artalice
                                             Ah se tu m’ami,
330tutto de’ suoi timori,
 tutto sgombra il mio sen. Come il tuo affetto,
 che si fe’ del mio petto un dolce nido,
 potria sofrir la compagnia molesta
 del terror, della tema. Ah me di pianto
335bagnar le piume e funestar vedresti;
 sforzati amplessi e tetri sguardi avresti.
 Che rio piacer! Che sventurato nodo
 saria questo per te! Se la mia pace
 procurar non ti cale, o tu non m’ami
340o il mio affetto non curi o invan lo brami.
 Oronte
 Ti spaventano i marmi? In man di Giove
 fulmini chi sognò? Ma compatisco
 l’uso del tuo timor. Da quell’altare
 toglier farò la minacciosa imago.
 Artalice
345(Nol permettano i dei).
 Oronte
                                             Vanne, Artalice,
 un novello desio m’accende il petto.
 Prepara i sagrifizi,
 ordina i riti e serba il pio costume.
 Chi è tuo sposo e tuo re sarà tuo nume.
 Artalice
350(Fra l’orror del periglio
 giovimi il tempo a maturar consiglio). (Da sé)
 E pur ti veggo in fronte
 fra il terror dello sdegno
 un raggio di pietà. La tua fierezza
355colpa è del suol natio. Sì, mi lusingo
 di vederti cangiar l’aspro costume,
 placar gl’impeti rei,
 amar la pace e venerare i dei.
 
    Come pretendi, oh dio!
360ch’arda per te d’amore?
 Il misero cor mio
 tremando amar non sa.
 
    Deh cangia il tuo costume,
 deh placa il tuo rigore
365e allor suo ben, suo nume
 quest’alma ti dirà.
 
 SCENA VIII
 
 ORONTE solo
 
 Oronte
 V’è sul cuor d’Artalice
 chi ha più poter di me? V’è chi d’Oronte
 più temere si fa? Questa rivale
370sovranità non soffro. Olà, s’atterri (Entrano le guardie)
 la sognata deità. L’effigie mia
 là sia riposta. I miei dovuti onori
 altrui non cedo. Sia ambizione o orgoglio,
 sia tirannide ancora, io così voglio. (Mentre i soldati d’Oronte vanno per demolir la statua, s’oppongono i custodi e li ministri del tempio, fra’ quali segue una zuffa)
375Temerari! Cotanto (Impugna la spada)
 s’ardisce in faccia mia? Questi del tempio
 presontuosi ministri
 vorrian regnar della pietà col manto.
 Li abbasserò, li struggerò; cadranno
380con inaudito scempio
 i rei custodi, i sacerdoti e il tempio.
 
    Quando giugne la fera all’ovile,
 quando inalzasi il mare fremente,
 quando spianta la messe il torrente,
385fia minore la strage, il terror.
 
    Egualmente del forte e del vile
 vuo’ che tremi, che palpiti il core.
 Rispettarmi farò col timore;
 della plebe non curo l’amor.
 
 SCENA IX
 
 Stanze remote.
 
 ERMONDO ed AMASIA
 
 Ermondo
390E Artalice non torna e con Oronte
 tuttavia si trattien.
 Amasia
                                     Ma tu, germano,
 ti lagni a torto e ti tormenti invano.
 La virtù d’Artalice
 conosci pur. Di che paventi?
 Ermondo
                                                      Ah temo
395del tiranno la forza e le lusinghe.
 Temo che non la offuschi
 lo splendor del diadema. Io, lo confesso,
 temo la sua beltà, temo il suo sesso.
 
 SCENA X
 
 ALCASTO e detti
 
 Alcasto
 Oh dei! D’infauste nuove
400io vengo, Ermondo, apportator.
 Amasia
                                                           Che fia?
 Ermondo
 Lo previdi, lo so; sposa, vuoi dirmi,
 Artalice è d’Oronte. Il ciel per sempre
 mi privò del mio bene.
 Alcasto
 Ah t’inganni, signor, morto è Alcamene.
 Ermondo
405Come!
 Amasia
                Spietato! E hai cuore
 di dirlo in faccia mia? Sai pur ch’io l’amo.
 All’annuncio improviso
 vuo’ vedermi morir?
 Alcasto
                                         So il tuo valore.
 Non ti uccise il piacer, meno il dolore.
 Ermondo
410Ritirati, germana.
 Amasia
                                    Iniquo fato,
 puoi di più tormentarmi? Apprendo appena
 che cosa è amor che a sospirar comincio.
 Lungi dal mio tesoro in mar d’affanni
 vivo penando; e quando spero il porto,
415la mia speranza, il mio Alcamene è morto.
 
    È sì grande il mio dolore,
 la mia pena è fiera tanto
 che mi toglie ancor del pianto
 l’infelice libertà.
 
420   Non so dir fra tanti affanni
 come viver possa un cuore,
 come d’astri sì tiranni
 sofra ancor la crudeltà. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 ERMONDO ed ALCASTO, poi ARTALICE
 
 Ermondo
 Come perì? Chi l’assicura? Oh stelle,
425chi noi privò della speranza sola
 che restavaci in lui?
 Alcasto
                                       Sappi... Artalice
 vedi che giugne. Attendi. Odami pure
 questo del regio sangue
 ultimo e degno avanzo.
 Ermondo
                                             Ella non pensa
430che all’amante novello.
 Alcasto
                                            A chi?
 Ermondo
                                                          Ad Oronte.
 Alcasto
 Ama l’empio?
 Ermondo
                             Lo temo.
 Alcasto
                                                Ah no, t’inganni.
 Questo d’amor geloso
 un sospetto sarà. So qual virtude
 anima il di lei cor. Eccola...
 Ermondo
                                                   Oh numi!
435Gelo in vederla. Ah che sarà mai questo
 improviso tremor! Vieni, Artalice,
 morte o vita mi reca.
 Torni mia? Sei d’Oronte? Ah che nel volto
 no del tutto serena io non ti miro.
 Artalice
440Odio Oronte, son tua.
 Ermondo
                                          Cieli, respiro.
 Artalice
 Ermondo, ah non è tempo,
 credimi, di follie. Freme di sdegno
 lo scita più che mai. Tentai placarlo
 col nome degli dei. Propizio il cielo
445me secondò ma il miscredente audace
 volea del sacro nume
 l’immagine atterrar. Trovò nel tempio
 la sacrilega destra
 chi s’oppose all’ardir. Ah segue ancora
450tra i fedeli custodi e i rei soldati
 l’accesa pugna.
 Alcasto
                              Oh dio! Quante sventure,
 Artalice, in un dì.
 Artalice
                                   V’è del destino
 qualche insulto maggior?
 Alcasto
                                                 Sì, principessa;
 preparati ad un colpo
455cui resister potrebbe
 solo la tua virtù.
 Artalice
                                Stelle!
 Alcasto
                                              Alcamene
 infelice perì.
 Artalice
                           Come!
 Ermondo
                                          Deh o cara,
 non lasciar dell’affanno
 tutto il cuor in balia. Ressisti all’onte
460del perfido destin.
 Artalice
                                     Sì, non invano
 m’avranno i dei pietosi
 di costanza munita. Il so, noi siamo
 pellegrini nel mondo. Ad ogni instante
 un periglio s’incontra. In mille guise
465s’offrono ai passi nostri
 e sterpi e sassi e precipizi e mostri.
 Chi di vita il privò?
 Alcasto
                                       D’Oronte un colpo
 non preveduto.
 Artalice
                               E penetrò tant’oltre
 del tiranno il poter?
 Alcasto
                                       Il traditore
470trovò compagni. Fra le guardie stesse
 d’Alcamene più fide
 seminò l’ira sua. Fur gli assassini
 secondati, protetti. Alfin la fuga
 palesò i traditori
475e i complici svelò. Fu sin ad ora,
 per vietar il tumulto,
 ai soldati nascosto il caso atroce,
 noto solo a Nicandro. Un suo fedele
 l’aviso a noi recò. Gli ordini nostri
480impaziente aspetta,
 pronte l’armi tenendo alla vendetta.
 Ermondo
 Qual vendetta? Qual’armi? Abbiamo, Alcasto,
 troppo interno il periglio. Oronte infido
 sinora minacciò. Scaglierà adesso
485fulmini l’ira sua.
 Artalice
                                  Ma il disperarsi
 è il maggior de’ perigli. Amici è tempo
 d’usar fortezza. Armiamoci di ferro
 dove l’uopo il richiede.
 Alcasto
                                            Odi, Artalice,
 odi qual mi deriva
490dalla voce de’ numi alto consiglio.
 Il fato d’Alcamene
 a pochi è noto. È tuttavia Nicandro
 solo forse a saperlo. Ah tu potresti
 della vicina notte
495tra l’ombre uscir. Ti additerò una via
 facile, occulta e non guardata ancora,
 perché ignota al tiranno. Il tuo sembiante,
 simile tanto al tuo germano estinto,
 che a equivocar più volte
500guidò lo stesso genitor, che oggetto
 dell’altrui meraviglia e di natura
 fu prodigio sinor, potria valerti
 Oronte ad ingannar. Vestir potresti
 le medesime spoglie e al nuovo giorno,
505quando gonfio il tiran sarà d’orgoglio,
 venir tu stessa a vendicarti il soglio.
 Ermondo
 Che dici mai?
 Artalice
                             Saggio, fedele Alcasto,
 opportuno è il consiglio. Un sol momento
 non mi vedrai codarda
510esitar d’esequirlo. Andiam...
 Ermondo
                                                      Deh ferma;
 a che t’esponi?
 Artalice
                              A ciò che render puote
 pace a noi, pace al regno.
 Ah vil timore indegno
 non mi faccia pentir d’averti amato.
515Seconda il genio mio.
 Ermondo
                                          Se non ti amassi,
 non temerei di te, qualunque rischio
 per me lieve saria. Ma il tuo periglio,
 cara, mi fa tremar.
 Artalice
                                     Frena un affetto
 che la gloria tradisce. Adempir voglio
520tutt’i doveri miei.
 Proteggeranno il mio coraggio i dei.
 
    Accender mi sento
 d’ardir e di speme;
 ho cuor che cimento
525non fugge, non teme;
 maggior di me stessa
 lo sdegno mi fa.
 
    Un astro risplende
 fra torbide stelle
530che franca mi rende
 nell’atre procelle,
 che fuor di periglio
 guidarmi saprà. (Parte con Alcasto)
 
 SCENA XII
 
 ERMONDO solo
 
 Ermondo
 Qual prodigio è mai questo
535di virtù peregrina! Ah no, non vide
 oggetto a lei secondo
 Assiria, Persia, il Termodonte, il mondo.
 Che fai mio cuor! Non arrossisci? E puoi
 neghittoso restar, quando fatica
540fra perigli il tuo ben? Destati ormai;
 armati di valor contro d’un empio;
 segui di donna il glorioso esempio.
 
    Bel vederla in campo armato
 fulminar col ciglio irato!
545Bel veder la donna forte
 della sorte trionfar.
 
    Ah, destar mi sento in petto
 tra le fiamme dell’affetto
 di vendetta un fier desio
550che il cuor mio non sa frenar.
 
 Fine dell’atto primo