Il negligente, Leida, Luzac, 1752

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa di Filiberto.
 
 FILIBERTO a sedere e LISAURA
 
 FILIBERTO
 Possibile che un giorno
 non posso star senza pensare a niente?
 Con questo tutto il dì rompermi il capo,
 figlia troppo crudele,
5mi farete morir. Voi lo sapete,
 io bramo la mia pace,
 faticare, pensar, m’annoia e spiace.
 LISAURA
 Ah caro padre, come mai potete
 goder la vostra pace
10con una lite intorno
 che se noi la perdiamo
 miserabili affatto oggi restiamo?
 FILIBERTO
 E ci ho da pensar io?
 Vi pensa il mio causidico.
15Egli sa il suo mestiere;
 io lo pago e non voglio altro pensiere.
 LISAURA
 Quant’è che a ritrovarlo non andate?
 FILIBERTO
 Stamattina v’andai.
 LISAURA
                                       Lodato il cielo.
 Gli parlaste? Che ha detto?
 FILIBERTO
20Era uscito di casa.
 LISAURA
 Non la finite mai d’uscir dal letto.
 Mai ben le cose vostre andar non ponno.
 FILIBERTO
 Oh che dolce dormir quando s’ha sonno.
 LISAURA
 Ho a dirvi un’altra cosa.
 FILIBERTO
25Oimè! Non m’annoiate.
 LISAURA
 Voi vi tenete in casa
 quell’impiccio d’Aurelia
 e non si sa perché.
 FILIBERTO
                                     Morto è suo padre.
 Me l’ha raccomandata.
 LISAURA
30Mi rassembra però troppo sfacciata.
 Eh mandatela via.
 FILIBERTO
                                    Ci pensaremo.
 LISAURA
 Un’altra cosa sola,
 se mi date licenza,
 vi dico e me ne vado.
 FILIBERTO
                                         Oh che pazienza!
 LISAURA
35Io cresco nell’età. Son figlia sola.
 Voi siete un po’ avvanzato
 ed ancor non pensate a darmi stato.
 FILIBERTO
 Oh ci è tempo, ci è tempo.
 Ci pensaremo.
 LISAURA
                              (A far lo stato mio,
40se non ci pensa lui, ci penso io).
 
    Fin che fresca etade infiora
 della donna il biondo crine,
 ciascun l’ama, ogniun l’adora,
 brama ogniun la sua beltà.
 
45   Ma se poi del verno ingrato
 la ricoprano le brine,
 piange invan del tempo andato
 la perdutà libertà.
 
 SCENA II
 
 FILIBERTO, poi PORPORINA
 
 FILIBERTO
 Non basta il grande impaccio
50di far nascer le figlie ed allevarle,
 pensar anche bisogna a maritarle.
 PORPORINA
 Serva, signor padrone.
 FILIBERTO
                                            Oh Porporina,
 come stiamo in cucina?
 PORPORINA
                                              Ho un’ambasciata
 di premura da farvi.
 FILIBERTO
                                        Io non ho voglia
55di sentir ambasciate.
 Me la farai stassera.
 PORPORINA
                                       Oh non ci è tempo
 da perdere, signor. Sentite...
 FILIBERTO
                                                      Oibò.
 Che noia.
 PORPORINA
                     Ha qui mandato
 il causidico vostro...
 FILIBERTO
                                       Oh nome odioso!
 PORPORINA
60A dir che tostamente,
 anzi subitamente,
 vi portiate a palazzo.
 FILIBERTO
 Io? Eh non son sì pazzo.
 Non mi vuo’ incomodar.
 PORPORINA
                                               Vi fa sapere
65esser la vostra causa in spedizione.
 FILIBERTO
 Oh che bella ragione!
 Si spedisca. La nuova aspetterò.
 PORPORINA
 Vi vorrà del denar.
 FILIBERTO
                                     Ne manderò.
 Senti, ho un po’ d’apetito,
70fammi una pitansina,
 cara mia Porporina.
 PORPORINA
 Ma spicciatevi prima il palazzista.
 O vestitevi e andate
 o almen qualche risposta a lui mandate.
 FILIBERTO
75Ehi Pasquino.
 
 SCENA III
 
 PASQUINO e detti
 
 PASQUINO
                             Signor. (Di dentro)
 FILIBERTO
                                             Vien qui.
 PASQUINO
                                                                 Non posso.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Fo colazione.
 FILIBERTO
 Poverino, ha ragione.
 Finisci e poi verrai.
 PORPORINA
 (Un più sciocco padron non vidi mai).
 FILIBERTO
80Bisogna compatir la servitù.
 Tutto il dì s’affatica
 e vuol la carità
 che un’ora gli si dia di libertà.
 PASQUINO
 Eccomi. Ho fatto presto?
 FILIBERTO
85Cancaro! Tu sei lesto.
 Sentimi, andar dovrai...
 Dove ha detto? (A Porporina)
 PORPORINA
                                A palazzo.
 FILIBERTO
 Anderai a palazzo,
 cercherai conto di messer Imbroglio.
90Portagli questa borsa.
 Digli che si ricordi
 di sostenere in punto di ragione
 ch’io son chiamato alla sostituzione.
 Digli che il testamento parla chiaro.
95Che il testamento io l’ho
 e che, quando bisogni, il cercherò.
 Digli...
 PASQUINO
                Basta. Ih ih, che diavol fate?
 Tante cose in un fiato?
 Voi m’avete imbrogliato.
 FILIBERTO
100Te lo tornerò a dire, oh che fatica!
 Anderai a palazzo.
 PASQUINO
                                    Ben.
 FILIBERTO
                                               Vedrai
 messer Imbroglio.
 PASQUINO
                                     Sì.
 FILIBERTO
                                             E gli darai
 questa borsa.
 PASQUINO
                            Fin qua me ne ricordo.
 E poi?
 FILIBERTO
                E poi che il testamento io l’ho,
105che non l’ho ancor trovato
 ma ch’io sono il chiamato
 alla sostituzione
 e che sostenga ben la mia ragione.
 PASQUINO
 Caro signor padron, fatemi grazia,
110quella prostituzion cosa vuol dire?
 FILIBERTO
 Sostituzione ho detto.
 PASQUINO
 Ma se poi tutto tutto
 quel non dicessi che diceste voi?
 FILIBERTO
 Oh son stanco! Di’ tu che diavol vuoi.
 
115   Già te l’ho detto
 cos’hai da fare,
 non mi stancare,
 non m’annoiar.
 
    Via Porporina,
120vanne in cucina,
 la pitancina
 vammi tu a far.
 
    L’ho detto chiaro, (A Pasquino)
 tu m’hai capito.
125O che apetito! (A Porporina)
 Cara, non farmi
 tanto aspettar.
 
 SCENA IV
 
 PASQUINO e PORPORINA
 
 PASQUINO
 Che mi venga la rabbia,
 se mi ricordo più cosa m’ha detto.
130Basta, a palazzo andrò;
 qualche cosa dirò. (Vuol partire)
 PORPORINA
                                     Ehi, ehi, Pasquino.
 PASQUINO
 Porporina, che vuoi?
 PORPORINA
                                         Così tu parti,
 senza darmi un addio?
 Più bene non mi vuoi, Pasquino mio?
 PASQUINO
135Se ti vuo’ bene! E come!
 Ma per non mi scordar la mia lezzione
 io me n’andavo a dire a ser Imbroglio
 del testamento e la prostituzione.
 PORPORINA
 Vorrei ti ricordassi
140della tua Porporina.
 PASQUINO
 La sera e la mattina,
 quando mi levo e quando vado a letto
 penso sempre, mia cara, a quel visetto.
 PORPORINA
 Eh tu burli; lo so.
 PASQUINO
                                   No ch’io non burlo,
145te lo dico di core.
 PORPORINA
                                  Eh furbacchiotto,
 mi vorresti far giù.
 PASQUINO
                                      Per te son cotto.
 PORPORINA
 Via, via, vanne Pasquino;
 la cosa preme assai.
 Vanne e ritornerai poscia da me.
 PASQUINO
150Se premesse al padron, v’andria da sé.
 PORPORINA
 Sai la sua negligenza.
 PASQUINO
 Vado... Ma dove? Oh bella!
 Non mi ricordo più dov’abbia a andare.
 PORPORINA
 A palazzo.
 PASQUINO
                      La borsa l’ho da dare...
155A chi?
 PORPORINA
               A messer Imbroglio.
 PASQUINO
 Messer Imbroglio amato,
 stavolta più di voi sono imbrogliato.
 
    Ho da dir che il testamento...
 Ho da dir... Non ne so più.
160Che m’importa? Parliam d’altro.
 Bramo, o caro mio bel sole,
 ricordarti in due parole
 di serbare nel tuo petto
 al mio affetto fedeltà.
 
165   Credi pure, o Porporina,
 che la sera e la mattina
 il mio cor per te sarà.
 
 SCENA V
 
 PORPORINA, poi DORINDO
 
 PORPORINA
 Io mi vuo’ maritar. Pasquino, è vero,
 è un poco sempliciotto; ma talvolta
170un mezzo scimunito
 suol esser per la donna un buon marito.
 DORINDO
 Quella giovine bella.
 PORPORINA
                                        Oh mio padrone,
 chi dimanda?
 DORINDO
                             Trovai la porta aperta.
 L’ardir mio condonate.
 PORPORINA
175Quando trovate aperto e voi entrate!
 DORINDO
 Il signor Filiberto
 è in casa?
 PORPORINA
                     È in casa.
 DORINDO
                                         Si potria vedere?
 PORPORINA
 Se avete da parlar di qualche affare
 difficile sarà.
 DORINDO
180Per dir la verità,
 so che siete una giovine prudente,
 di veder lui non me n’importa niente.
 Lisaura bramerei...
 PORPORINA
                                      Ah, ah, v’ho inteso.
 Garbato signorino,
185non cercate Marforio ma Pasquino.
 DORINDO
 A voi mi raccomando.
 Permettete ch’io possa
 dirle almen due parole.
 PORPORINA
 Oh no no, non si puole.
190Andate via.
 DORINDO
                        Possibile che siate
 tanto crudele!
 PORPORINA
                             Andate via, vi dico.
 DORINDO
 Vi sarò buon amico.
 So il mio dover.
 PORPORINA
                                Come sarebbe a dire?
 DORINDO
 Io vi regalerò.
 PORPORINA
                             Questi futuri
195non mi piacciono punto. Andate via.
 DORINDO
 Vi prego in cortesia.
 PORPORINA
                                        No no, non posso.
 DORINDO
 Ma perché non potete?
 Porporina, tenete
 questa piccola borsa
200per capara di quel ch’io vi darò.
 PORPORINA
 Signor no, signor no. (Si va radolcendo)
 DORINDO
 Eh via.
 PORPORINA
                 La non s’incommodi.
 DORINDO
 Mi fate torto.
 PORPORINA
                           Non vorrei...
 DORINDO
                                                    Prendete.
 PORPORINA
 Grazie, grazie. Voi siete (Prende la borsa)
205veramente garbato.
 DORINDO
 D’un core innamorato
 movetevi a pietà.
 PORPORINA
 Sentite; andate là,
 Lisaura è sola sola.
210Il padre è negligente
 e alla figlia non pensa niente, niente.
 DORINDO
 Dunque vado.
 PORPORINA
                             Sì andate.
 Ma! Giudizio.
 DORINDO
                             No no, non dubitate.
 Abbiam Lisaura ed io
215lo stesso naturale;
 tra lei e me non vi puol esser male.
 PORPORINA
 Quand’è così, mi fido;
 e poi son di buon core.
 Io non posso veder patir nessuno.
220Specialmente quand’uno
 è, come siete voi, gentil così,
 m’addoprerei per lui la notte e il dì.
 
    Non posso soffrire
 vedervi languire;
225ho un cor troppo tenero,
 vi voglio aiutar.
 
    (Perché non è avaro,
 non prezza il danaro,
 lo vuo’ consolar).
230Ho un cor troppo tenero,
 vi voglio aiutar.
 
 SCENA VI
 
 DORINDO solo
 
 DORINDO
 Dice ben Porporina, dice bene;
 chi vuole esser contento
 vi vo’ l’oro e l’argento.
235E son senza contanti
 in continuo dolor tutti gli amanti.
 
    Almen se non posso io
 seguir l’amato bene,
 affetti del cor mio
240seguitelo per me.
 
    Già sempre a lei vicini
 raccolti amor vi tiene
 e insolito camino
 questo per voi non è.
 
 SCENA VII
 
 Altra camera nella stessa casa.
 
 AURELIA e CORNELIO
 
 AURELIA
245Sì sì, Cornelio mio,
 amami di buon cor che t’amo anch’io.
 CORNELIO
 Circa all’amor, mia cara,
 non v’è niente che dir. Siamo felici,
 tu mi vuoi bene a me;
250io voglio bene a te. Ma il punto sta
 che tu dote non hai,
 che io poderi non ho, non ho mestiere;
 e non vorei che avesse
 il gusto dell’amor presto a finire
255e s’avessimo poi, cara, a pentire.
 AURELIA
 Per questo è ch’io procuro
 alettar co’ miei vezzi
 il signor Filiberto,
 il quale, incatenato
260da quell’arti che a lui poco son note,
 mi vorrà bene e mi farà la dote.
 CORNELIO
 Io per un’altra strada
 tento la nostra sorte.
 Ti è nota quella lite
265che contro Filiberto
 mossa ha il conte?
 AURELIA
                                    Lo so.
 CORNELIO
                                                 Sappi che siamo
 interessati nella lite in terzo.
 Io per il primo, il conte e ser Imbroglio.
 AURELIA
 Come! Ancor ser Imbroglio?
270Di Filiberto istesso
 il causidico ancora?
 CORNELIO
                                       Sì, ti pare
 cosa strana? È così. Siam tre d’accordo
 per mandarlo in rovina.
 Il conte fa la principal figura;
275Imbroglio al precipizio apre la strada;
 io vo tenendo Filiberto a bada.
 AURELIA
 Dunque si può sperar che vada bene.
 CORNELIO
 Si può sperar ma dubitar conviene.
 AURELIA
 Voi tre tesa gl’avete
280una terribil rete.
 Io un altro laccio ho teso.
 Dalla rete o dal laccio ei sarà preso.
 CORNELIO
 E noi contenti allora,
 senza che della fame
285v’entri il brutto demonio,
 goderem lietamente il matrimonio.
 
    Bel contento è l’esser sposi
 senz’aver da sospirar
 ma poi tutto si scompiglia
290quando grida la famiglia:
 «Pane, pane, mamma mia»;
 oh che brutta sinfonia
 quando pane più non c’è.
 
    Dura un giorno, un mese o un anno
295il piacer d’amor novello.
 Da principio tutto è bello
 e poi doppo vien l’affanno;
 megl’è stare ognun da sé.
 
 SCENA VIII
 
 AURELIA, poi FILIBERTO
 
 AURELIA
 O bene o mal che sia,
300quando a noialtre donne
 ci vien quest’apetito,
 senza filosofar pigliam marito.
 Ma ecco che sen viene
 il signor Filiberto.
 FILIBERTO
                                    Bene, bene, (Verso la scena)
305si farà, si farà, non mi stancate.
 Oh Aurelina, che fate?
 AURELIA
 Benissimo starei,
 se fossi in grazia sua.
 FILIBERTO
 La mia grazia lo sai che tutta è tua.
 AURELIA
310S’accomodi un pochino.
 Guardate, poverino,
 egl’è tutto sudato. (Lo asciuga col fazzoletto)
 FILIBERTO
                                    Se lo dico.
 Mi voglion far creppare.
 M’hanno fatto cercare
315una scrittura antica.
 L’ho cercata mezz’ora. Oh che fatica!
 AURELIA
 Eh, signor Filiberto,
 io so che vi vorrebbe
 per sollevarvi da cotanti affanni.
 FILIBERTO
320Sì, mia cara Aurelina,
 dite, che vi vorrebbe?
 AURELIA
                                           Una sposina.
 FILIBERTO
 Una sposina? Sì; ma il matrimonio
 porta seco dei pesi,
 il marito dev’esser uom valente;
325ed io sono avvezzato a non far niente.
 AURELIA
 Vi vorrebbe una moglie
 che sollevar sapesse
 dagl’affari il marito.
 Un’economa esperta
330che sapesse di conti e di scrittura.
 Una che con braura
 da sé sapesse spendere,
 comprar, cambiare e vendere,
 che con i palazzisti
335sapesse favellare a tu per tu
 e sapesse frenar la servitù.
 FILIBERTO
 Oh il ciel volesse che una donna tale
 ritrovar io potessi.
 Non so dire per lei cosa facessi.
 AURELIA
340Per vendere e comprar son nata apposta.
 FILIBERTO
 Oh brava.
 AURELIA
                      So di conti e di scrittura.
 Ed ho l’economia già per natura.
 FILIBERTO
 Come sei tu informata
 di palazzo e di lite?
 AURELIA
345Oh che cosa mai dite?
 So tutte le malizie
 ch’usano i palazzisti
 per far le cose dritte apparir torte
 e so andar, quando occorre, per le corte.
 FILIBERTO
350Tu sei una gran donna!
 (Davver, che quasi quasi
 io me la pigliarei).
 AURELIA
                                     Quanto è bagiano!
 Spero che il laccio non sia teso invano.
 FILIBERTO
 Dimmi, Aurelia, inclinata
355sei tu pel matrimonio?
 AURELIA
                                             Oh signor no.
 FILIBERTO
 E s’io ti proponessi un buon partito?
 AURELIA
 Quando fosse il marito...
 Come sarebbe a dir...
 FILIBERTO
                                          Via, parla schietto.
 AURELIA
 Mi vergogno davvero.
 FILIBERTO
360Qui nessuno ci sente.
 AURELIA
 Quando fosse il marito come voi...
 FILIBERTO
 Tuo marito sarò, se tu mi vuoi.
 AURELIA
 Ma io povera sono e non ho dote.
 FILIBERTO
 Io, io te la farò.
 AURELIA
365E poi... signore... io so
 che graziosa non sono e non son bella.
 FILIBERTO
 Cara, tu agli occhi miei sembri una stella.
 AURELIA
 
    Oimè cos’è questo
 ch’io provo nel core?
370Nemica d’amore
 son stata finor.
 Adesso per voi
 mi sento languir.
 Ma, caro, ma poi
375di me che sarà?
 
    Son troppo innocente
 nell’arte d’amar.
 Oimè non vorrei
 lasciarmi ingannar.
380Di me semplicetta,
 di me poveretta
 abbiate pietà.
 
 SCENA IX
 
 FILIBERTO, poi LISAURA
 
 FILIBERTO
 L’ho sempre detto ch’è una buona figlia
 Aurelia, di buon’indole e talento,
385e di prenderla in moglie io son contento.
 Ma quando? Eh si farà! Ma mi potrebbe
 fuggire dalle mani. Andiamo subito,
 pria che qualch’altro amor n’occupi il loco.
 N’andrò ma pria vuo’ riposarmi un poco. (Siede)
 LISAURA
390Signor padre, un affar di gran premura
 mi conduce da voi.
 FILIBERTO
 Di grazia andate e tornarete poi.
 LISAURA
 Il cielo mi presenta
 una buona fortuna.
 FILIBERTO
395Me ne rallegro assai.
 LISAURA
                                        Dorindo, il figlio
 di quel ricco mercante
 mi si è scoperto amante.
 FILIBERTO
 Benissimo, e così?
 LISAURA
                                     Mi brama in moglie.
 FILIBERTO
 Ne parleremo poi.
 LISAURA
400Volea venir da voi
 ma per non annoiarvi ei si trattiene.
 FILIBERTO
 In questo ha fatto bene.
 Io non vuo’ seccature.
 LISAURA
 Aspetta la risposta.
 FILIBERTO
                                      Aspetti pure.
 LISAURA
405Dunque, che gl’ho da dire?
 FILIBERTO
 Per or se ne può ire.
 Ci penseremo, tornerà.
 LISAURA
                                             Ma quando?
 FILIBERTO
 Oh l’è lunga!
 LISAURA
                           Io stessa
 da lui ritornerò.
 FILIBERTO
410Da lui? Signora no.
 LISAURA
 Dunque anderete voi.
 FILIBERTO
 Non posso, non ne ho voglia.
 LISAURA
 La civiltà lo vuole.
 Conosco il dover mio;
415se non ci andate voi ci anderò io.
 
    Deh non fate ch’io vi chiami
 crudo padre e dispietato,
 del mio core innamorato
 deh movetevi a pietà.
 
420   Lo sapete s’io fui sempre
 rassegnata ed umil figlia;
 ma l’affetto or mi consiglia
 né so dir quel che sarà.
 
 SCENA X
 
 FILIBERTO, poi PASQUINO
 
 FILIBERTO
 Cancaro! Dall’amante
425risoluta si porta? Andar conviene.
 Ma se sto tanto bene,
 perché ho da levarmi?
 Oh, per ora non voglio incomodarmi.
 PASQUINO
 Son qui, signor padrone.
 FILIBERTO
430Ecco un altro tormento,
 non mi lasciano in pace un sol momento.
 E ben che cosa ha detto?
 PASQUINO
 Chi?
 FILIBERTO
             Il causidico mio.
 PASQUINO
                                             Non l’ho veduto.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Perché un po’ tardi
435a palazzo, signor, sono arrivato
 e il causidico già se n’era andato.
 FILIBERTO
 Non importa. Stasera
 l’andrai a casa a ritrovar.
 PASQUINO
                                                Gnorsì.
 FILIBERTO
 Dammi dunque la borsa.
 PASQUINO
                                                Eccola qui.
 FILIBERTO
440Questi pochi denar son risparmiati.
 PASQUINO
 Li volete contar?
 FILIBERTO
                                 L’ho già contati.
 Li porrò nello scrigno.
 Ma incomodar non mi vorrei. Pasquino
 tieni le chiavi... No... Fidarsi troppo
445non sta bene. Adesso. Porporina.
 
 SCENA XI
 
 PORPORINA e detti
 
 PORPORINA
 Signor.
 FILIBERTO
                 Il tavolino
 porta e lo scrigno. Aiutale Pasquino.
 PORPORINA
 Subito. (Pesa poco, è ormai finito).
 PASQUINO
 (Volea darmi le chiavi e si è pentito).
 PORPORINA
450(Chi non si fida merta esser gabbato).
 PASQUINO
 (Di trapolarlo il modo ho già pensato).
 PORPORINA
 Ecco lo scrigno.
 FILIBERTO
                               Tieni, aprilo tosto.
 PORPORINA
 L’ho aperto.
 FILIBERTO
                         Brava.
 PORPORINA
                                        Altro da noi comanda?
 FILIBERTO
 Andate pur; da me mi divertisco.
 PORPORINA
455Serva, signor padron. (Parte)
 PASQUINO
                                           La riverisco. (Parte)
 FILIBERTO
 
    Scrigno caro, bello bello,
 te ne vai così pian piano
 ed ormai non ve n’è più.
 
 PORPORINA
 
    Ehi, signor, siete chiamato.
 
 FILIBERTO
 
460Chi mi vuole?
 
 PORPORINA
 
                             Il palazzista.
 
 FILIBERTO
 
 Oh che vita, amara e trista!
 Vada via; ritornerà.
 
 PASQUINO
 
    Ehi, signor, siete cercato.
 
 FILIBERTO
 
 Chi mi brama?
 
 PASQUINO
 
                               È un cavaliere.
 
 FILIBERTO
 
465Vada via, ritornerà.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
 (Ed ancor non se ne va?) (Fra loro)
 
    Sì signor, glielo diremo. (Verso la scena)
 
 FILIBERTO
 
 Con chi dite?
 
 A DUE
 
                            Una parola, (A Filiberto)
 una cosa sola sola
470vi vuol dire e se ne va.
 
 FILIBERTO
 
 Oh che pena!
 
 A DUE
 
                            (Se ne va). (Fra loro)
 
 FILIBERTO
 
 Oh che rabbia! (Filiberto parte)
 
 A DUE
 
                                (Se ne va). (Fra loro come sopra)
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
    Se n’è andato, se n’è andato
 e lo scrigno è spalancato. (Rubano due borse)
475Prendi, prendi, piglia, piglia.
 Presto, presto, ch’egli è qua.
 
 FILIBERTO
 
    Cosa fate? (Torna)
 
 A DUE
 
                          Niente, niente. (Nascondono le borse, se n’accorge)
 
 FILIBERTO
 
 Cos’è questo?
 
 A DUE
 
                            Nulla, nulla. (Vogliono nascondere sotto il grembiale)
 
 FILIBERTO
 
 Vuo’ vedere.
 
 PORPORINA
 
                          A una fanciulla?
 
 FILIBERTO
 
480Vuo’ toccare. (In tasca)
 
 PASQUINO
 
                            Ad un zitello?
 
 FILIBERTO
 
 Birboncello l’ho trovato. (Trova la borsa)
 Disgraziata m’hai rubato. (Fa lo stesso)
 Presto andate via di qua.
 
 PORPORINA
 
    Io non sono.
 
 PASQUINO
 
                             È stata lei.
 
 FILIBERTO
 
485Sei bugiardo, ardita sei.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
 Perdonate per pietà.
 
 FILIBERTO
 
 Presto andate via di qua.
 
 Fine dell’atto primo