De gustibus non est disputandum, Venezia, Fenzo, 1754

Vignetta Frontespizio
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino.
 
 Don PACHIONE e RAMERINO
 
 don Pachione
535Amico, in confidenza,
 un piacer bramerei, giacché siam soli.
 Ramerino
 Sì sì, v’intendo, amico.
 Poiché nessun ci vede,
 sotto questa de’ faggi ombra diletta,
540voi vorreste giocare alla bassetta.
 don Pachione
 No, v’ingannate assai;
 codesto vizio non l’ho avuto mai.
 Quando ho danari in tasca
 a me piace goderli in compagnia,
545cogli amici in mia casa o all’osteria.
 Ramerino
 Piace anche a me la società. Goduto
 al magnifico pranzo ho anch’io non poco.
 Ora il tempo passar vorrei col gioco.
 don Pachione
 A proposito, appunto
550del pranzo ho da parlarvi.
 Ramerino
                                                 Voi stamane
 non avete mangiato.
 Povero don Pacchion, siete ammalato?
 don Pachione
 Anzi sto ben, con il celeste aiuto;
 ma soffrire ho dovuto
555per certa convenienza
 il tormento crudel dell’astinenza.
 Ramerino
 Non intendo il perché...
 don Pachione
                                              Saper vorrei
 come riuscì quel piatto di vitello.
 Ditemi s’era buono, in cortesia.
 Ramerino
560Era un piatto prezioso.
 don Pachione
                                            Oh vita mia!
 Ramerino
 Il cuoco miglior cosa
 non ha fatta stamane a gusto mio.
 don Pachione
 Di quel piatto l’autor sono stat’io.
 Ramerino
 Bravissimo.
 don Pachione
                         Era buono?
 Ramerino
                                                 Era esquisito.
 don Pachione
565Ben cotto? Saporito?
 Ramerino
                                         Era eccellente.
 don Pachione
 Ed io non ne ho potuto mangiar niente.
 Ramerino
 Perché?
 don Pachione
                  Perché Artimisia,
 ch’io venero e rispetto,
 ha per me dell’affetto
570ma perché troppa carne
 a lei fa dispiacenza
 distruggere mi vuol coll’astinenza.
 Ramerino
 Bellissima davvero.
 Artimisia vi vuol parco, astinente,
575ella mangia, ella beve allegramente;
 come colui che sgrida il giocatore,
 poi si mette a giocar da traditore.
 
    Se uno specchio avesse in mano
 chi corregge i vizi altrui,
580principiar potrebbe in lui
 le passioni a moderar.
 
    Per superbia l’uomo insano
 dell’altr’uom le macchie vede;
 né si specchia e non s’avvede
585ch’è vicino a delirar. (Parte)
 
 SCENA II
 
 Don PACHIONE, poi ROSALBA
 
 don Pachione
 Affé don Ramerino
 non dice mal. La vedova gentile
 mi vuol digiuno colle grazie sue
 ed ella a desinar mangiò per due.
590Se cibo degli amanti è la speranza,
 o Artimisia vezzosa amor non sente
 o dall’amante suo non spera niente.
 Rosalba
 Don Pachione, che fate?
 A bere non andate
595come gli altri il caffè?
 don Pachione
                                          Sì, andiamo tosto.
 Rosalba
 Andiamo... No, fermate.
 Ecco il paggio; osservate.
 Ve lo manda Artimisia in questo loco.
 don Pachione
 Me lo manda Artimisia? Ah non è poco.
 Rosalba
600Eccolo; don Pachione,
 volete ch’io vi serva?
 don Pachione
 Simili grazie non ricuso mai.
 Rosalba
 Poco zucchero, è vero?
 don Pachione
                                           Assai, assai.
 Rosalba
 Basta?
 don Pachione
                Un altro pochino.
 Rosalba
605Così?
 don Pachione
              Così va bene.
 Rosalba
 Siete un ghiotto perfetto.
 don Pachione
 Lo zucchero per me fa bene al petto.
 Rosalba
 Questo dolce siroppo or via pigliate.
 don Pachione
 Lo beverò con gusto.
 
 SCENA III
 
 ARTIMISIA e detti
 
 Artimisia
                                        Olà, fermate.
 don Pachione
610Ma perché?
 Rosalba
                         Poverino!
 Deh lasciate ch’ei beva
 questo caffè di zucchero ripieno.
 Artimisia
 Non signore.
 don Pachione
                           Perché?
 Artimisia
                                            Perché è veleno.
 don Pachione
 Veleno?
 Rosalba
                  (Oimè, che dite?)
 Artimisia
615(State zitta; ridete e non partite).
 don Pachione
 Qual tradimento è questo?
 Artimisia
 Tal periglio funesto
 per cagione del merto a voi sovrasta.
 Ho scoperto l’arcano e tanto basta.
 don Pachione
620Chi vuolmi avvelenar?
 Artimisia
                                            Tutti.
 don Pachione
                                                         Ma come?
 Artimisia
 L’amor, la stima che ho per voi nel petto
 tutti accese d’invidia e di dispetto.
 A comperar veleni
 so che taluno è stato;
625e voi temer dovete
 tutto quel che mangiate e che bevete.
 don Pachione
 Dunque me n’anderò.
 Artimisia
                                           Mi maraviglio,
 voi dovete restar.
 don Pachione
                                   Ma se mi vogliono
 avvelenar.
 Artimisia
                      Difendervi potete.
630Basta che non mangiate e non bevete.
 don Pachione
 Mangiare o non mangiar per me è tutt’uno.
 Morirò avvelenato o ver digiuno.
 Voglio di qua partir.
 Artimisia
                                        Tutte le porte
 chiuse voi troverete,
635senza licenza mia non partirete.
 don Pachione
 Deh Rosalba gentile,
 parlate in mio favore.
 Rosalba
                                          Io non m’imbroglio.
 don Pachione
 Deh lasciate ch’io parta.
 Artimisia
                                              No, non voglio.
 don Pachione
 Maledetto il momento
640ch’io son venuto qui. Muoio di fame,
 non posso satollarmi
 e poi vogliono ancora avvelenarmi?
 Se morto mi volete,
 Pacchione creperà;
645ma ammazzatelo presto in carità.
 
    Donne crudeli e perfide,
 donne spietate e barbare,
 toglietemi d’impaccio,
 deh fatemi crepar.
 
650   Con una spada ziff.
 Con un coltello zaff.
 O con un laccio ih!
 O con un maglio ah!
 
    Ma nel mio seno
655non vuo’ veleno,
 ma l’astinenza,
 ma l’appetenza
 mi fa tremar.
 
    Crudeli e perfide,
660spietate e barbare,
 di mal di stomaco
 non vuo’ crepar.
 
 SCENA IV
 
 ARTIMISIA e ROSALBA
 
 Rosalba
 In verità, cugina,
 più non potevo trattener le risa.
665Il pover galantuomo
 soffre per cagion vostra un bel tormento.
 Artimisia
 Questo è l’unico mio divertimento.
 Rosalba
 Ma coll’andar del tempo,
 se non cangiate in suo favor pensiero,
670fra il digiuno e il timor morrà da vero.
 Artimisia
 Infino a questa sera
 bastami di goder la bella scena;
 procurerò disingannarlo a cena.
 Rosalba
 Ah non vorrei, signora,
675si dicesse, perciò, quel che sì spesso
 gli uomini soglion dir del nostro sesso.
 Spiacemi quando sento
 dir: «Le donne son furbe e menzognere».
 Le vorrei qual io son tutte sincere.
 
680   In questo mio cuore
 inganno non v’è.
 Sincero è l’amore,
 sincera è la fé.
 
    Tradire non so,
685schernire non vuo’.
 Cogli altri fo quello
 che bramo per me. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ARTIMISIA, poi CELINDO
 
 Artimisia
 Cara cugina mia, ti credo poco.
 Queste cosuccie fredde,
690che non paiono in viso punto scaltre,
 son accorte, son furbe più dell’altre.
 Ecco Celindo; poverino, ei pena
 ma non mi basta ancor. Mi piace il gioco.
 Voglio tirarlo innanzi ancora un poco.
 Celindo
695Artimisia pietà...
 Artimisia
                                  Sì, disponete
 del mio amor, di mia fé, che vostra io sono.
 Celindo
 Non pretendo da voi...
 Artimisia
                                           Tutto vi dono.
 Che volete di più?
 Celindo
                                    Mi giunge nuovo,
 Artimisia gentil, codesto amore.
700La mia fede, il cuore
 ad Erminia donai, voi lo sapete.
 Artimisia
 È ver; voi non potete
 lasciarla, abbandonarla.
 Sperar l’affetto vostro a me non lice.
705Ah misera infelice!
 Penar senza speranza mi conviene.
 Altri avranno i contenti ed io le pene.
 Celindo
 (Mi fa pietade).
 Artimisia
                                (Ha da cascar, se fosse
 più duro d’un macigno).
 Celindo
                                               (Ma non posso
710Erminia abbandonar). (Da sé)
 Artimisia
                                             Non giova al mondo
 fede, sincerità, costanza, amore;
 per guadagnare un cuore,
 che le grazie più belle in sé raduna,
 merito non ci vuol, ci vuol fortuna.
 Celindo
715Spiacemi che sì tardi
 scoperto il vostro foco...
 Ah sfortunato io sono...
 Artimisia vi stimo.
 Artimisia
                                      (Or viene il buono). (Da sé)
 No no, di mia nipote
720la bellezza v’alletta.
 Ella è più giovanetta.
 È ver che la mia dote
 supera dieci volte
 gli assegnamenti suoi;
725ma una vedova alfin non è per voi.
 Celindo
 Non è per me?
 Artimisia
                              No, ingrato,
 io non sono per voi. Se la mia mano
 fosse stata, crudele, a voi gradita
 non avereste Erminia preferita.
 Celindo
730Ma se...
 Artimisia
                  Non v’è più tempo.
 Senza frutto il mio cuor si strugge in pianto.
 Come la cera al foco
 si disfan le mie carni a poco a poco.
 Celindo
 Veggo però che ancora
735e fresca e grassa e ritondetta siete.
 Artimisia
 Ah, crudele, il mio mal voi ben vedete.
 Celindo
 Se potessi... Vi giuro...
 Artimisia
 No, d’amor non mi curo.
 Basta di chi v’adora
740che pietade mostriate e poi si mora.
 Celindo
 Se della mia pietà... dell’amor mio...
 (Stelle, che fo?) (Da sé)
 Artimisia
                                 (Principia
 il merlotto a cader). (Da sé)
 Celindo
                                        Voi che d’Erminia
 nel sen potete regolar gli affetti...
 Artimisia
745Ah Celindo, v’intendo.
 Celindo
                                            A voi s’aspetta...
 Artimisia
 Non più, la vostra mano.
 Celindo
 La mia mano? Perché?
 Artimisia
 Non state a replicar. La mano a me.
 Celindo
 Oh cieli! Eccola.
 Artimisia
                                Accetto
750di questa mano il dono.
 E perché giusta io sono,
 ma perché nell’amor tradir non soglio,
 portatela ad Erminia, io non la voglio.
 Celindo
 Come?
 Artimisia
                 Tant’è.
 Celindo
                                Se voi...
 Artimisia
755Ognun badi, Celindo, a’ fatti suoi.
 Celindo
 Se per me voi penate...
 Artimisia
 Capperi; vi gonfiate
 nel sentir che una donna
 peni e smani per voi.
 Celindo
                                          No, mi tormenta
760che vi cruci per me d’amore il foco.
 Artimisia
 Lo potrei anche dir così per gioco.
 Celindo
 Ah sì, di me senz’altro
 gioco vi prenderete.
 Con chi merto non ha far lo potete.
 Artimisia
765(Ecco qui mia nipote). (Da sé)
 
 SCENA VI
 
 ERMINIA e detti
 
 Erminia
                                             (Oh cieli! Uniti
 anche qui li ritrovo?)
 Artimisia
 Celindo, quel ch’io provo
 nel mio tenero petto
 è veramente affetto;
770non vi burlo, non fingo e non v’inganno.
 (Anche alla nipotina un po’ d’affanno).
 Erminia
 (Misera me!)
 Celindo
                            Signora.
 Se potessi la man...
 Artimisia
                                      La vostra mano
 ad Erminia è dovuta.
775Eccola.
 Celindo
                (Oh cieli! Io non l’avea veduta). (Da sé)
 Erminia
 No, non vi confondete,
 se voi pentito siete
 della fede giurata all’amor mio;
 sono del vostro amor pentita anch’io.
 Celindo
780Erminia questo cor...
 Erminia
                                         Più non lo curo.
 Celindo
 Artimisia potrà...
 Erminia
                                   Di lei non cerco.
 Celindo
 Ah pria ch’io mi disperi...
 Voi parlate per me. (Ad Artimisia)
 Artimisia
                                       Sì, volentieri.
 
    Nipotina, mi dispiace (Ad Erminia)
785ma non posso il ver celar.
 Dice lui che gli dispiace
 questa flemma di parlar.
 
    Dice lei che siete bello (A Celindo)
 ma che siete sgarbatello,
790senza grazia nel parlar.
 (Voglio farli disperar). (Da sé)
 
    Non c’è caso, non vi vuole, (Ad Erminia)
 non la posso accomodar.
 Ho gettate le parole, (A Celindo)
795non vi vuol più sopportar.
 
    (Poverini in verità, (Da sé)
 a vederli fan pietà.
 Me la godo, me la rido,
 prendo spasso, faccio il chiasso,
800voglio farli disperar). (Parte)
 
 SCENA VII
 
 ERMINIA e CELINDO
 
 Erminia
 (Perfido mi disprezza?) (Da sé)
 Celindo
                                               (Insulti ed onte
 Erminia a me?) (Da sé)
 Erminia
                                  (Potea lasciar d’amarmi
 senza farmi arrossir, senza oltraggiarmi).
 Celindo
 (Potea trovar più onesto
805di vendetta lo sfogo ed il pretesto). (Da sé)
 Erminia
 Quanto t’amai, ti aborrirò.
 Celindo
                                                   Lo sdegno
 moderate, madama.
 Erminia
 Chi vi cerca signore?
 Celindo
                                         E chi vi brama?
 Erminia
 Un flemmatico ciglio a voi non piace;
810Artimisia è per voi, ch’è scaltra e audace.
 Celindo
 Né per voi è adattato
 un amante sgarbato!
 Erminia
                                         Il cielo dunque
 l’un per l’altro non fece il nostro cuore.
 Io son misera, è ver, voi traditore.
 
815   No, non dovevi ingrato
 finger d’amarmi allora
 che non aveva ancora
 l’alma provato amor.
 
    Ora che ho il cuor piagato
820tu mi disprezzi audace.
 Ah la smarrita pace
 rendimi al seno ancor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 CELINDO solo
 
 Celindo
 Artimisia, egli è ver, fuor di me stesso
 mi guida a delirar. Pietà mi desta;
825alla pietà s’aggiunge
 qualche bella speranza ed a ragione
 mi rimprovera Erminia. Ella peraltro
 col pianto e con i vezzi
 mi potrebbe obbligar, non coi disprezzi.
830Dir ch’io non le gradisco
 perché sono sgarbato è oltraggio tale
 che mi muove a dispetto,
 che converte in isdegno anche l’affetto.
 
    Donne, voi che amate siete
835per il vezzo e la beltà,
 il rigor, la crudeltà
 potrà farvi un dì sprezzar.
 
    Se tirannico è l’impero,
 mal si regge e poco dura;
840quando pesa, si procura
 l’aspro giogo disprezar.
 
 SCENA IX
 
 Il CAVALIERE DI ROCCAFORTE, con una carta di musica in mano
 
 il Cavaliere
 
    «Il misero augelletto
 vede chi mangia il miglio
 e nella gabbia stretto
845canta digiuno ancor».
 
 Oimè posso sfogarmi;
 Artimisia non sente e non mi vede.
 Chi nol sa non lo crede
 qual dura pena sia
850per uom di spirto la malinconia.
 Son solo e vuo’ sfogarmi,
 vuo’ cantar, vuo’ ballar, vuo’ far per gioco
 giacché solo son io, di tutto un poco.
 
    Piacer amabile
855d’un’alma nobile
 è il lieto vivere
 con onestà.
 La la la la lara (Ballando)
 la la ra la.
 
860   È sempre misero
 l’uom senza spirito.
 Chi vive in giubilo
 godendo va.
 La la la la lara (Ballando)
865la la ra la.
 
 SCENA X
 
 ARTIMISIA, don RAMERINO, ROSALBA e detto
 
 Artimisia
 (Mirate il poverino
 ch’è impazzito davvero. Presto, presto
 il medico, il cerusico cercate,
 conduceteli qui, non ritardate). (Piano a don Ramerino e Rosalba senza che il cavaliere s’avveda)
 don Ramerino
870(Povero cavaliere!) (Da sé)
 Rosalba
 (Mi fa pietà il meschino). (Da sé)
 il Cavaliere
                                                  (Ecco Artimisia;
 cangiar stile conviene). Ah mia signora.
 Per pietà consolate un che v’adora.
 don Ramerino
 (Par che sano favelli).
 Artimisia
875(Passare alla mestizia
 doppo tanta allegria
 è l’effetto più ver della pazzia).
 il Cavaliere
 Rispondetemi almeno o sì o no;
 ah se voi mi schernite, io morirò.
 Rosalba
880(Parla bene finor). (Piano ad Artimisia)
 Artimisia
                                      (No, v’ingannate.
 Dir di voler morir senza un perché
 son parole da pazzo e pazzo egli è).
 il Cavaliere
 Ah crudele, spietata,
 barbara donna ingrata!
885Voi negate al mio mal pietà e conforto?
 Così voi mi trattate? Oimè son morto.
 Artimisia
 (Presto, il medico, presto, ed il cerusico).
 don Ramerino
 (Infatti è tutto foco.
 Par un che persi abbia i denari al gioco).
 Rosalba
890(È pazzo per amor; se fossi in lei
 da sì fatta pazzia lo guarirei). (Parte)
 
 SCENA XI
 
 ARTIMISIA ed il CAVALIERE
 
 il Cavaliere
 Possibile, mia cara,
 che spietata così?...
 Artimisia
                                      Con chi parlate?
 il Cavaliere
 Con voi mio ben.
 Artimisia
                                  Chi siete!
895Non vi conosco. E voi mi conoscete?
 il Cavaliere
 Stelle, non siete voi
 Artimisia il mio nume, il mio tesoro?
 Artimisia
 Che Artimisia, che dite?
 La contessa son io di Montebello.
900Voi avete, meschin, perso il cervello.
 il Cavaliere
 Ah ah brava davvero,
 voi cangiaste pensiero, in grazia mia.
 Voi scherzate con me per allegria.
 Artimisia
 Olà, mi maraviglio,
905portatemi rispetto.
 il Cavaliere
 Oh cara, oh cara!
 Artimisia
                                  Oh pazzo maladetto!
 il Cavaliere
 A me pazzo?
 Artimisia
                          Sì a voi
 che non mi conoscete
 e far meco il grazioso pretendete.
 il Cavaliere
910(Oimè, fossi davvero
 per disgrazia impazzito!) (Da sé)
 Artimisia
                                                  (A poco a poco
 se lo crede egli stesso).
 il Cavaliere
                                            Oh dei! Non siete
 Artimisia, il mio ben?
 Artimisia
                                           No, ve l’ho detto.
 il Cavaliere
 (Impazzito sarò per troppo affetto).
 Artimisia
915Chi è cotesta Artimisia?
 il Cavaliere
                                               È una tiranna
 che mi vuol tormentare, è una vezzosa
 amabil vedovella.
 Artimisia, il mio ben... voi siete quella.
 Artimisia
 Alla larga vi dico.
 il Cavaliere
                                  Eh giuro al cielo.
920Vi conosco, lo so, pazzo non sono.
 Pietà vi chiedo in dono,
 voi fate del mio cuor scherno e strapazzo,
 vi conosco Artimisia; io non son pazzo.
 Artimisia
 Aiuto. Chi è di là?
 
 SCENA XII
 
 Don RAMERINO, ROSALBA, un medico, un chirurgo e detti
 
 il Cavaliere
                                    Chi son costoro?
 don Ramerino
925(A lei signor dottore;
 visiti l’ammalato per favore).
 Rosalba
 (Signor chirurgo, in fretta
 prepari il moccolino e la lancetta).
 Artimisia
 (Questa scena per mille io non darei). (Il medico e il cerusico s’accostano al cavaliere)
 il Cavaliere
930Che vogliono da me, signori miei?
 Il polso? Andate via, non son malato. (Il medico gli vuol tastare il polso)
 Sangue? Signor cirusico sguaiato,
 signor dottor, che impertinenza è questa?
 Vi do or or qualche cosa in su la testa. (Il cirusico colla lancetta accenna dovergli cavar sangue)
 Artimisia
935È pazzo il poverino.
 il Cavaliere
 Dite don Ramerino,
 dite Rosalba mia,
 quella non è Artimisia?
 Artimisia
                                              Oh che pazzia!
 Non mi conosce più.
 il Cavaliere
                                        Sì, vi conosco,
940sì vi conosco ingrata,
 barbara, dispietata.
 Artimisia
                                       Presto, presto.
 Signor dottor, signor chirurgo, presto
 cavate al poverello
 quattro libbre di sangue dal cervello. (Il medico ed il chirurgo si vanno accostando per fermarlo e così gli altri ancora mentre egli dice l’aria seguente)
 il Cavaliere
 
945   Non v’accostate,
 non mi toccate,
 se non son pazzo,
 lo diverrò.
 
    Bella tiranna (Ad Artimisia)
950perché crudele
 con chi fedele
 v’ama di cor?
 
    Non mi toccate, (Al medico e cirusico)
 non v’accostate,
955non provocate
 il mio furor.
 
    Voi alla bella (A don Ramerino e Rosalba)
 mia vedovella
 per me chiedete
960pietade e amor.
 
    Non v’accostate,
 non mi toccate
 che se son pazzo
 v’accopperò. (Parte)
 
 Artimisia, don Ramerino, Rosalba a tre
 
965   V’è nessun ch’abbia il segreto
 di guarire un pazzarello
 che ha perduto il suo cervello?
 Tutti dicon signor no. (Partono tutti)
 
 SCENA XIII
 
 Luogo delizioso.
 
 CELINDO e don PACCHIONE
 
 don Pachione
 Dica, signor Celindo, mio padrone,
970sovra il cuor d’Artimisia ha pretensione?
 Celindo
 Può essere di sì.
 don Pachione
 Quando dunque è così,
 vosignoria sarà
 uno di quei che vogliono onorarmi.
 Celindo
975Onorarvi? In qual modo?
 don Pachione
                                                 Avvelenarmi.
 Celindo
 Amico, quest’è un sogno.
 don Pachione
                                                Se Artimisia
 provida non avea pietà di me,
 mi davano il veleno nel caffè.
 Celindo
 Duolmi di ciò ma più mi duole ancora
980che di me si sospetti.
 So regolar gli affetti;
 il mio amore, il mio sdegno
 non arrivano, amico, a questo segno.
 don Pachione
 Ma il nemico vi è certo.
985Sono stato avvertito.
 Io muoio d’appetito
 e non posso nemmeno
 cibo assaggiar per tema del veleno.
 
 SCENA XIV
 
 ROSALBA e detti, poi ARTIMISIA
 
 Rosalba
 Oh che caso fatal!
 Pachione
                                   Cos’è accaduto?
 Rosalba
990È pazzo divenuto
 il cavalier gentile,
 pazzo non ho veduto a lui simile.
 Il medico, il chirurgo
 erano per curarlo preparati,
995egli pien di furor li ha minacciati.
 Celindo
 Me ne dispiace assai.
 Pachione
                                          Mi duol davvero
 ma il mio caso del suo più strano i’ veggio
 e se mi vonno avvelenar sto peggio.
 Artimisia
 Amici, il cavaliere
1000ha perduto il cervello.
 Ha dato in frenesia
 e furiosa è talor la sua pazzia.
 Dice il medico nostro
 che per non riscardarlo
1005conviene secondarlo
 nelli capricci sui
 e dir sempre di sì dinanzi a lui.
 Celindo
 Misero cavaliere,
 mi muove a compassione.
 don Pachione
1010Ma di lui più infelice è don Pachione.
 Artimisia
 Perché?
 don Pachione
                  Perché chi è pazzo
 non sente il male e non conosce il bene.
 Di fame io muoio e digiunar conviene.
 Artimisia
 Eccolo il pazzarello.
1015Avvertite che s’ha da secondare;
 e per non l’irritare
 e perché non ci nascano de’ guai
 dinnanzi a lui non s’ha da rider mai.
 don Pachione
 Per me non riderò.
 Celindo
                                      Né io per certo.
 Rosalba
1020Del mal d’altri non rido, io ve l’accerto.
 Artimisia
 (A quel che meditai
 se non ridono affé, mi pare assai). (Da sé)
 
 SCENA XV
 
 Il CAVALIERE e detti
 
 il Cavaliere
 Amici per pietà...
 Artimisia
                                   Con chi parlate?
 il Cavaliere
 Signora perdonate.
 Artimisia
                                      E chi son io?
 il Cavaliere
1025Artimisia no certo.
 Artimisia
                                     E ben chi sono?
 il Cavaliere
 La contessa sarà di Montebello.
 Artimisia
 (Non vel dissi che è pazzo il poverello).
 don Pachione
 (Quasi rider mi fa).
 Artimisia
                                       (No, non si ride,
 se ridete s’infuria e poi vi uccide).
1030E voi chi siete?
 il Cavaliere
                               Io sono...
 Non so più chi mi sia.
 Sono un mostro d’Averno.
 Celindo, Rosalba, don Pachione
                                                  Oh che pazzia! (Tutti tre ridendo)
 il Cavaliere
 Schernito i’ son?
 Artimisia
                                  (Tacete.
 Secondatelo tutti e non ridete).
 il Cavaliere
 
1035   Ho le furie nel mio petto,
 ah mi lacera il dispetto.
 Più resister non si può.
 
 Celindo
 
    Cavalier, vorrei sapere...
 
 il Cavaliere
 
 Dov’è andato il cavaliere?
 
 don Pachione
 
1040Roccaforte, amico mio...
 
 il Cavaliere
 
 Roccaforte non son io.
 
 Artimisia, Rosalba a due
 
 Ma chi siete?
 
 il Cavaliere
 
                            Non lo so.
 
 Artimisia, Rosalba a due
 
 Ma che avete?
 
 il Cavaliere
 
                             Vel dirò.
 
    Ho perduto il mio cervello,
1045ho nel seno un mongibello
 e il mio cor soffiando va.
 
 Celindo, don Pachione, Rosalba a tre
 
 Ah ah ah ah. (Ridendo)
 
 Artimisia
 
 Non ridete in carità.
 
 il Cavaliere
 
    Chi spietato mi deride
1050il mio sdegno proverà.
 
 Celindo, Artimisia, don Pachione, Rosalba a quattro
 
    Non si parla, non si ride,
 tutti abbiam di voi pietà.
 
 il Cavaliere
 
    Io non sono il cavaliere?
 
 Artimisia
 
 Non signor, non siete quello.
 
 il Cavaliere
 
1055Roccaforte non son io?
 
 don Pachione
 
 Non signor, padrone mio.
 
 il Cavaliere
 
 Sono un pazzo?
 
 Celindo
 
                               Non lo credo.
 
 il Cavaliere
 
 Una bestia?
 
 Rosalba
 
                         Non lo vedo.
 
 a cinque
 
 Che disdetta maledetta.
1060Che tormento, che pietà.
 
 il Cavaliere
 
    Vuo’ partir, son disperato.
 
 don Pachione
 
 Non partite in questo stato.
 
 il Cavaliere
 
 Voglio andare al cieco Averno
 a sfidar la crudeltà.
 
 Celindo, don Pachione, Rosalba a tre
 
1065Ah ah ah ah ah ah. (Ridendo)
 
 Artimisia
 
    Non ridete.
 
 Celindo, don Pachione, Rosalba a tre
 
                           Non si ride.
 
 il Cavaliere
 
 Pazzi siete?
 
 Celindo, don Pachione, Rosalba a tre
 
                         Ah ah ah.
 Pazzi a noi? (Ridendo)
 
 Artimisia
 
                          Tacete, olà.
 
 a cinque
 
    Quest’imbroglio, questo scoglio
1070superar non si potrà.
 
 il Cavaliere
 
    Pazzi siete.
 
 Celindo, don Pachione, Rosalba a tre
 
                           Ah ah ah.
 
 il Cavaliere, Artimisia a due
 
 Zitto là.
 
 tutti
 
    Giusto cielo togli il velo
 a cotanta cecità.
 
1075   Ciel sereno torna appieno
 nella tua serenità.
 
 Fine dell’atto secondo