Il filosofo di campagna, Presburgo, Landerer, 1759

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 LESBINA e DON TRITEMIO; poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 LESBINA
 Signor, è un cavaliero
310col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria. (Parte)
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro?
 Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 Se denaro vorrà, gliene darò,
315purché sicuro sia con fondamento
 e che almeno mi paghi il sei per cento.
 Ma che vedo? È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
320Compatite signor...
 DON TRITEMIO
                                      La riverisco.
 RINALDO
 Compatite se ardisco
 replicarvi l’incommodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
325il qual patente e chiaro
 di me vi mostrerà
 titoli, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco signore
 l’istrumento rogato
330d’un ricco marchesato;
 ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto cammino
 vien l’origine suo dal re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo?
335Questa è una cosa bella in verità.
 Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo del par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti.
 CAPOCCHIO
340Questi sono istrumenti
 di comprede, di censi, di livelli,
 questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’istrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
345nel Cinquecento
 quattro valloni.
 Anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
350una contea.
 Emit etcaetera.
 
    Case e casoni,
 giurisdizzioni,
 frutti annuali,
355censi e cambiali.
 Sic etcaetera
 cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada signor notario a farsi etcaetera.
 RINALDO
360Ei va per ordin mio
 a prender altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
365Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
370v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DON TRITEMIO
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DON TRITEMIO
                                                La figliuola.
 RINALDO
 D’Eugenia non pavento.
 DON TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
375Parlarò alla figliuola.
 S’ella non fosse in caso,
 del mio buon cuor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì, parlatele pur, contento io sono,
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
380Bravo, un uom di ragion si loda e stima.
 S’ella non puote, amici come prima.
 
    Io son di tutti amico,
 son vostro servitor.
 Un uomo di buon cor
385conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
 verrà ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che.
 
390   Farò il possibile
 pel vostro merito,
 che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
395famoso egli è.
 
 SCENA III
 
 RINALDO, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 LESBINA
 Signor padron, voi siete domandato.
 RINALDO
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole?
 LESBINA
400Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
 Senta signor! Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vossignoria,
 se altra cosa non ha da commandare,
405per cortesia se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì, me n’anderò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò. Destin crudele!
 Anche contro di te sarò fedele.
 
    Indegni fuggite
410iniqui tremate,
 non ho più ritegno,
 avvampo di sdegno
 (né posso il mio bene
 crudele chiamar). (Parte)
 
 SCENA IV
 
 Detti
 
 LESBINA
415(Obligata da ver del complimento).
 DON TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura).
 Orsù, della mia figlia
 ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire;
420poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Sì signor, dite bene.
 DON TRITEMIO
                                        Si sa fraschetta,
 tu alimentasti dell’amante il foco.
 Vado, ritorno. Parlerem fra poco.
 LESBINA
 
    Una ragazza
425che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete;
 voi m’intendete,
430questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
 il suo compagno
435cercando va.
 
 SCENA V
 
 Campagna.
 
 NARDO sonando il chitarrinno, cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
 Io m’accompagnerò
 in pace e sanità
440ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare, signor no.
 Soffrir, gridare, oibò!
 
    Voglio cantare,
445voglio sonare,
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantuom siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
450Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi, è ver che voi
 aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore l’ho avuta;
455la ragazza ho veduta,
 mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
460Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagattelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono, si può sapere
465almen per cortesia
 perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
470amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 data la sua promessa a me di sposo;
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite da ver?
 RINALDO
                          Non mentono i miei pari.
 NARDO
475E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure,
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso.
 So anch’io colla ragion vincere il senso.
480Vi ringrazio d’avermi
 avvisato per tempo.
 Ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete,
485giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è
490e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei da vero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anco la morte
 procurar mi volessi una consorte.
495Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai,
 bramo sempre la pace in casa mia
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obligata.
500M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
505Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
510e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro, e chi è codesto
 con cui di me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
515giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister. Sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’ingannate,
 vostra sono, il sarò, ve l’assicuro,
 a tutti i numi il giuro.
520Non ho ad alcuno l’amor mio promesso.
 Son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo.
 Ma voi siete pentito
 d’essere mio marito,
525qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no carina;
 siete la mia sposina e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
530dell’inganno sarà disinganato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì, v’amo di cuore.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA VII
 
 LENA e detti
 
 LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
535colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh, signor no,
 quel ch’io dico lo so per cosa vera,
540ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice?
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
545Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro,
 per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio essere vostra o pur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
550che convenga sposare
 a un uomo come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutto è lo stesso.
 LESBINA
555Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io,
 per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
560che sia la condizione un accidente.
 Sposare una servante
 che cosa importa a me, s’è bella e buona.
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
565che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è;
 il primo è l’onestà,
 secondo è la beltà;
570il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abondanza;
 il quinto è la virtù;
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
575sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Dette
 
 LENA
 Mio zio, ricco sfondato
 non si puole scordar che vile è nato.
 LESBINA
580Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
585Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
590Son contadina, è vero;
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poi che del pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
595d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
600ma siete nel parlar sempre somari.
 
 SCENA IX
 
 LENA sola
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina,
605vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
 E pur quando ci penso
 bella vita è la nostra ed onorata!
610Sono alla sorte ingrata
 allor che mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni tormento.
 
    La pastorella al prato
 contenta se ne va
615coll’agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
620contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA X
 
 Camera in casa di Tritemio.
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlare il padron, far lo vorrei,
 basta; m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
625Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi,
 lo farò volontier; ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
630La cosa è accommodata,
 la figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
635Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò!
640Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 fate più presto e avete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quando è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
645Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone
650a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera,
 (Scrive) dell’anno mille, etcaetera,
655promettono, si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi.
 (Oimè viene il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Eh Lesbina eh!
 LESBINA
                               Signore.
 DON TRITEMIO
660Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
665lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
670Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero.
 Non è vero padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto signor notaro seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
675   In questo giorno, etcaetera.
 Dell’anno mille, etcaetera.
 Promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
680Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
685La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
690La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua;
 
    due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
695Scrivete. Duemila
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimila
700lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate;
 tremila per questo
705ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila,
 saran cinquemila;
 ma dite di che?...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
710Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo vede,
 ciascuno lo crede
 che dote di quella
715più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
720   Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo indegno,
725perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta senta mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
730Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò.
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
 non sapendosi, etcaetera,
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
735   Oh che caso! Oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura!
 Che dappoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata
740e presente la servente
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo