Il filosofo di campagna, Reggio, Davolio, 1760

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
 Parlar mi sento al core,
1160giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah, non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
1165compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver. Rinaldo,
1170ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
 eleggete l’albergo ove pensate
1175d’essere più sicura;
 l’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LENA e detti
 
 LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
1180questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LENA
1185Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 Sia malizia o innocenza, ella è assai franca.
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LENA
1190Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
1195pastorella gentile, il di lei sposo.
 LENA
 Da vero? Compatite;
 (ho ancor qualche sospetto);
 perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
1200son contratti i sponsali.
 Correre una bugia lasciar non voglio.
 LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
 Che sì, che al genitore
1205l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LENA
 (Mi fa pietà!) Sentite,
1210vi offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto;
1215andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato,
 l’innocente desio seconda il fato.
 
    Amore tiranno,
1220deh lasciami in pace;
 già sento l’affanno
 che nacque nel cor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato;
 in braccio al mio contento
1225per voi andrò... (In atto di partire)
 LENA
                                Fermatevi un momento;
 se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
1230Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà;
 da voi, che siete un cavalier compito,
1235secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fatte presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
1240   Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così;
 ci penso notte e dì.
 
1245   Vorrei un giovinetto
 civile, graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
1250che fu già mio rival, ci porta il fato;
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento
 ed ho cor d’incontrare ogni cimento.
 
    Ritorna in quest’alma
1255il dolce sereno
 e rende la calma
 a questo mio seno;
 ma grata al suo dono
 quest’alma sarà.
 
1260   Di sorte funesta
 più l’odio non curo
 né più la tempesta
 spavento mi fa.
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO, poi LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata,
1265dove sei? Non ti trovo; ah, se Rinaldo
 mi capita alle mani,
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
1270o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno;
 se li trovassi, li farei pentire;
 li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LENA
1275Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
1280M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LENA
 Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto;
1285è collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo?
 LENA
                          Con lui.
 DON TRITEMIO
                                           Ma Nardo dunque...
 LENA
 Nardo mio zio l’ha a caro;
 per ordin suo vo a prendere il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO e poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
1290Oh questa sì, che bella!
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione?
 Sì sì l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
1295Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via;
 anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa;
 oh che caso ridicolo e giocondo!
1300Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vosignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
1305una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
1310Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì, fate benissimo;
 stimo que’ genitori,
1315cui profittan de’ figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
 Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar...
 NARDO
                                           Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
 Sì finch’ è sposata.
 DON TRITEMIO
1320Questa è una mala azion che voi mi fate.
 NARDO
 No, caro amico, non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
 Mi riscaldo, perché
 si poteva con me melio trattare,
 se l’aveva promessa,
1325lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
 I sposi erano due;
 v’erano dei contrasti, onde per questo
 quel che aveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
 Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
1330Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
 Ma questo...
 NARDO
                          Orsù, quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
 È ver; non vuo’ impazzire;
 l’ho trovata alla fine e ciò mi basta;
 dopo il fatto si loda;
1335chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
    Se avessi anche un tesoro,
 non do niente alla figliola;
 (ah! Mi manca la parola
 dalla bile che ho nel cor);
 
1340   dei contanti non ce n’è;
 e l’entrate son per me;
 e così la contessina
 s’è sposata poverina
 ma la dote non avrà.
1345(Oh che rabbia che mi fa.)
 
    Stia pur certo il sapientissimo
 messer Nardo stimatissimo,
 non do niente in verità. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
 A Rinaldo per ora
1350basterà la consorte;
 poi dopo la sua morte il padre avaro
 a suo dispetto lascierà il denaro.
 LA LENA
 Venite a stipulare
 delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
1355Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
 Andate in casa mia,
 l’opera terminate.
 L’ordine seguitate
 dei due sponsali in un contratto espressi,
1360colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
 Sì signor si farà;
 ma poi, chi pagherà?
 NARDO
                                         Bella domanda!
 Pagherà chi è servito, è chi comanda.
 LA LENA
 Sentite, se si fanno
1365scritture in casa mia,
 voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LA LENA
                                                   Dirò,
 se mi mariterò,
 come spero di farlo prestamente,
 la scrittura m’avete a far per niente. (Va in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
1370Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
 Credetemi, lo fa senza malizia;
 delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
 Son lente nello spendere,
 egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
1375   Voi che filosofo
 chiamato siete,
 dir mi saprete
 come si dia
 di simpatia
1380forza e virtù.
 
    La calamita
 tira l’acciaro;
 tira l’avaro
 l’oro ancor più. (Va in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
1385Nato son contadino,
 non ho studiato niente;
 ma però colla mente,
 talor filosofando a discrezione,
 trovo di molte cose la ragione;
1390e vedo chiaramente
 che interesse, superbia, invidia e amore
 hanno la fonte lor nel nostro core.
 LESBINA
 Ma capperi! Si vede,
 affé, che mi volete poco bene;
1395nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
 Un affar di premura
 m’ha trattenuto un poco.
 Concludiam, se volete, in questo loco.
 LESBINA
 Il notaro dov’è?
 NARDO
                                Là dentro. Ei scrive
1400il solito contratto
 e si faranno i due sponsali a un tratto.
 LESBINA
 Ma se Eugenia fuggì...
 NARDO
                                           Fu ritrovata;
 là dentro è ricovrata
 e si fa con Rinaldo l’istrumento.
 LESBINA
1405Don Tritemio che dice?
 NARDO
                                              Egli è contento.
 LESBINA
 Dunque, quand’è così, facciamo presto.
 Andiam, caro sposino.
 NARDO
 Aspettate, Lesbina, anche un pochino.
 LESBINA
 (Non vorrei che venisse...)
 NARDO
                                                   A me badate;
1410prima che mia voi siate,
 a voi vuo’ render note
 alcune condizion sopra la dote.
 LESBINA
 Qual dote dar vi possa
 voi l’intendeste già;
1415affetto ed onestà,
 modesta ritrosia
 ed un poco di buona economia.
 NARDO
 Così mi basta e appunto
 di questo capital, che apprezzo molto,
1420intendo ragionar.
 LESBINA
                                   Dunque vi ascolto.
 NARDO
 In primis, che l’affetto
 non sia né troppo né poco,
 perché il poco non basta e il troppo annoia;
 e la mediocrità sempr’è una gioia.
 LESBINA
1425Com’ho da regolarmi
 per star lontana dagli estremi?
 NARDO
                                                          Udite;
 per fuggir ogni lite,
 siate amorosa, se il marito è in vena;
 non lo state a seccar, se ha qualche pena.
 LESBINA
1430Così farò.
 NARDO
                     Sul punto
 della bella onestà
 non v’è mediocrità. Sia bella o brutta,
 la sposa d’un sol uom dev’esser tutta.
 Circa l’economia potrete qui
1435regolarvi così.
 Del marito il voler seguire ognora
 e non far la padrona e la dottora.
 LESBINA
 Così farò; son della pace amica;
 obbedirvi sarà minor fatica.
 NARDO
1440Or mi sovvien che un altro capitale
 m’offeristi di lingua.
 LESBINA
                                         È ver.
 NARDO
                                                       Se questo
 mi riuscirà molesto,
 in un più necessario il cambierò.
 LESBINA
 Ho inteso il genio vostro;
1445non vi sarà pericolo
 che vi voglia spiacer neanche in un piccolo.
 NARDO
 Quando è così, mia cara,
 porgetemi la mano.
 LESBINA
                                       Eccola pronta.
 NARDO
 Del nostro matrimonio
1450invochiamo Cupido in testimonio.
 LESBINA
 
    Lieti canori augelli
 che tenerelli amate,
 deh testimon voi siate
 del mio sincero amor.
 
 NARDO
 
1455   Alberi, piante e fiori
 i vostri ardori ascosi
 insegnino a due sposi
 il naturale amor.
 
 LESBINA
 
    Par che l’augel risponda:
1460«Ama lo sposo ognor».
 
 NARDO
 
    Dice la terra e l’onda:
 «Ama lo sposo ancor».
 
 LESBINA
 
    La rondinella
 vezzosa e bella
1465solo il compagno
 cercando va.
 
 NARDO
 
    L’olmo e la vite,
 due piante unite
 ai sposi insegnano
1470la fedeltà.
 
 LESBINA
 
    Io son la rondinella
 ed il rondon tu sei.
 
 NARDO
 
 Tu sei la vite bella,
 io l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
1475   Rondone fido,
 nel caro nido
 vieni, t’aspetto.
 
 NARDO
 
 Prendimi stretto,
 vite amorosa,
1480diletta sposa.
 
 A DUE
 
    Soave amore,
 felice ardore,
 alma del mondo,
 vita del cor.
 
1485   No, non si trova,
 no, non si prova
 più bella pace,
 più caro ardor. (Partono ed entrano in casa)
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO solo
 
 DON TRITEMIO
 Diamine! Che ho sentito?
1490Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia,
 che la filosofia
 colle ragioni sue
 accordasse ad un uom sposarne due?
1495Quel che pensar non so;
 all’uscio picchierò. Verranno fuori.
 Scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA ULTIMA
 
 LENA e detto
 
 LENA
 Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto,
 cosa si fa là dentro?
 LENA
1500Finito è l’istromento;
 si fan due matramoni;
 fra gli altri testimoni,
 che sono cinque o sei,
 se comanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
1505Questi sposi quai son?
 LENA
                                            La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
 Cospetto; mi vien caldo.
 LENA
 E l’altro, padron mio,
 è la vostra Lesbina con mio zio.
 DON TRITEMIO
1510Come? Lesbina? Oimè, no, non lo credo.
 LENA
 Eccoli tutti quattro.
 DON TRITEMIO
                                      Ahi! Cosa vedo?
 EUGENIA
 
    Ah genitore perdono...
 
 RINALDO
 
 Suocero, per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
1515Questa è la verità!
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi, scelerati,
 vi siete accomodati;
 senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto,
1520che bella carità.
 
 LENA
 
    Quando di star vi preme
 con una sposa insieme,
 ecco, per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
1525per disprezzar colei
 Lena mi sposerà.
 
 TUTTI
 
    Sia per diletto,
 amore al core
 piacer darà.
 
 
 Fine del dramma