Il filosofo di campagna, Ferrara, Gardi, 1760

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina;
 tenete questo anello;
 ponetevelo in dito.
535Fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 EUGENIA
 Tu m’imbrogli Lesbina e non vorrei...
 LESBINA
 Se de’ consigli miei
 vi volete servir, per voi qui sono.
540Quando no, vel protesto, io v’abbandono.
 EUGENIA
 Deh non mi abbandonare, ordina, imponi;
 senza cercar ragioni
 lo farò ciecamente;
 ti sarò, non temer, tutta obbediente.
 LESBINA
545Quest’anello tenete.
 Quel che seguì sapete;
 e quel che seguirà
 regola in avvenir ci porgerà.
 EUGENIA
 Ecco mio padre.
 LESBINA
                                 Presto;
550ponetevelo al dito.
 EUGENIA
 Una sposa son io senza marito. (Si mete l’anello)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fuggi e non rispondi?
555Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
 Perdonate, signor.
 LESBINA
                                    La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
 si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
560Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
 ch’ardono in sen d’amore,
 la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
565Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
 dallo sposo l’anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Capperi! È bello assai.
 Non mi credevo mai
570che Nardo avesse di tai gioie in dito;
 vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!)
 DON TRITEMIO
                                                       Oh via,
 cotesta ritrosia scaccia dal petto;
 queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
575Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente).
 DON TRITEMIO
 È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
 (Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano a Eugenia e parte)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, EUGENIA e poi LESBINA che torna
 
 EUGENIA
580(È molto s’io resisto).
 DON TRITEMIO
 Affé non ho mai visto
 una donna di te più scimunita.
 Figlia che si marita
 suol esser lieta, al suo gioir condotta,
585e tu stai lì che pari una marmotta?
 EUGENIA
 Che volete ch’io dica?
 DON TRITEMIO
                                          Parla o taci,
 no me n’importa più.
 Sposati e in avvenir pensaci tu.
 LESBINA
 Signor, è un cavaliero
590col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro?
 Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 LESBINA
 (È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
595d’evitar il periglio). (Piano ad Eugenia)
 EUGENIA
                                        (Andiam Lesbina). (A Lesbina)
 Con licenza. (S’inchina a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                          Va’ pure.
 EUGENIA
                                             (Ahi me meschina!) (Parte con Lesbina)
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO, poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 DON TRITEMIO
 Se denaro vorrà, ce ne darò,
 purché sicuro sia con fondamento
 e che almeno mi paghi il sei per cento.
600Ma che vedo? È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
 Compatite signor...
 DON TRITEMIO
                                      La riverisco.
 RINALDO
 Compatite se ardisco
605replicarvi l’incomodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
 di me vi mostrerà
610titolo, parentella e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero). (Vedendo Capocchio)
 CAPOCCHIO
                                       Ecco, signore,
 l’istrumento rogato
 d’un ricco marchesato;
 ecco l’albero suo, da cui si vede
615che per retto cammino
 vien l’origine sua dal re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo? (A Capocchio)
 Questa è una cosa bella in verità.
 Ma della nobiltà, signor mio caro,
620come andiamo del par con il denaro? (A Rinaldo)
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
 di comprede, di censi e di livelli.
625Questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’instrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
 quattro valloni,
630anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
 una contea
 emit etcaetera.
 
635   Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali.
 Sic etcaetera
640cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada signor notaro co’ suoi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
 a prender altri fogli, altri capitoli,
645per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
650mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obbligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DON TRITEMIO
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DON TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
655D’Eugenia non pavento.
 DON TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
 S’ella non fosse in caso,
660del mio buon cor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei sono escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
 S’ella non puole, amici come prima.
 
665   Io son di tutti amico,
 son vostro servitor,
 un uomo di buon cor
 conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
670verrà ma dubito
 sconvolta trovisi
 da un non so che,
 
    farò il possibile
 pel vostro merito,
675che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
 famoso egli è. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
680di sua man, del suo cor certo son io.
 Veggola che ritorna
 col genitore a lato;
 della gioia vicino è il dì beato.
 DON TRITEMIO
 Eccola qui, vedete se son io
685un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
 benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
 ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
 Tra le donne felici
690la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia,
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
 L’udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
695entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          Eppur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
 s’ha da far; s’ha da far... se si potrà.
700Dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                           Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 DON TRITEMIO
                                                          A voi. (Chiede la mano a Rinaldo)
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
 Nardo con quell’anello la sposò;
705e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come?
 DON TRITEMIO
                 Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                        Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
 non si può, figlia mia, scioglier l’impegno.
710Voi che dite, signor? (A Rinaldo)
 RINALDO
                                         Dico che tutti,
 perfidi, m’ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
 La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso);
715udite; ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padron, voi siete domandato. (A don Tritemio)
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
720Sente, signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vosignoria,
 s’altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO
725Sì sì, me n’anderò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
 Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci infedele.
 
    Perfida figlia ingrata,
 padre spietato indegno
730non so frenar lo sdegno,
 l’alma si scuote irata;
 empio, crudele, audace,
 pace per me non v’è. (Or all’una, or all’altro)
 
    E tu che alimentasti (A Lesbina)
735sinora il foco mio
 colla speranza, oh dio!
 così tu m’ingannasti?
 L’offeso cuor aspetta
 vendetta anche di te. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 LESBINA
740(Obbligata davver del complimento).
 DON TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi, che tormento!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Orsù, signora pazza, (Ad Eugenia)
 ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire;
745poi la discorrerem, s’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Sì signor, dite bene.
 DON TRITEMIO
                                        E tu, fraschetta,
 tu alimentasti dell’amante il foco?
 Vado e ritorno; parlerem fra poco. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
 Ah Lesbina crudele!
750Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
 Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa finor mi pare un giuoco;
 non mi perdo davver per così poco.
 EUGENIA
 Prenditi questo anello.
 LESBINA
755Eh no, signora mia.
 EUGENIA
 Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
 Quest’anello omicida
760dinanzi agli occhi miei soffrir non vuo’.
 LESBINA
 Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
765Oh genero garbato!
 Alla sposa ha mandato (Mostra un gioiello)
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia; guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non lo curo, signore...
 DON TRITEMIO
                                          Ed io comando
770che tu prender lo debba; il ricusarlo
 sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per ubbidienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono,
 non mi piace, nol voglio, a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
775Grazie. (Lo prende)
 DON TRITEMIO
                  Rendilo a me.
 LESBINA
                                              Signor padrone,
 sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
780(Lo crederò). (A Lesbina)
 LESBINA
                            Signora,
 non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 DON TRITEMIO
785E tu che dici?
 LESBINA
                            Io dico
 che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 
    Una ragazza
790che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete;
 voi m’intendete,
795questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
 il suo compagno
800cercando va. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai, tel dico anch’io;
 è questi il pensier mio
 dopoché tu sarai fatta la sposa,
 anch’io mi sposerò questa fanciulla.
805Piangi? Sospiri? E non rispondi nulla?
 Son stanco di soffrirti.
 Oggi darai la man. S’ha da finire.
 Se sei pazza non vuo’ teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
 Pazza a ragion mi chiama
810il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
 ho tradito l’affetto,
 per celar follemente in sen l’arcano,
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
815   Misera a tante pene
 come resisto, oh dio!
 Il crudo affano mio
 ah tollerar non so.
 
    Dov’è l’amato bene?
820Dove s’asconde, o cieli?
 Amor, se non lo sveli,
 più vivere non vuo’. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarrino e cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
825Io mi accompagnerò
 in pace e sanità.
 Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare, signor no;
830soffrir, gridare, oibò.
 
    Voglio cantare;
 voglio suonare;
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
835Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
840da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
845Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagattelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
850Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono. Si può sapere
 almen per cortesia
 perché vussignoria
 con generosità
855allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo,
860perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentono i miei pari.
 NARDO
 E i pari miei non sanno
 per pontiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure,
865se mi burla e mi sprezza, io non ci penso.
 So anch’io colla ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d’avermi
 avvisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
870che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
875Voi l’avete veduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è;
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
880se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
885e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata.
 M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
890No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
 Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
895dunque mi spiegherò,
 siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi no me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è codesto
 con cui da me si crede
900impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
905Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
 A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
910tutt’amor, tutto foco,
 sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
 Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
915Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero core onesto
 per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
920Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
 che divider amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
925anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo
 ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualch’altra donna amate
930e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no carina;
 siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
935Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì v’amo di cuore.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
940d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
945(Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro;
950per voi languisco e moro;
 confesso il mio fallire
 ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
955a un uomo come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
960perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor v’adoro anch’io.
 Per me sostegno e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
965Sposar una servente
 che cosa importa a me, s’è bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
970Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
975il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
980sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA
 (Mio zio, ricco sfondato,
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
985ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
990resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
995ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
1000con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
1005Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina,
 perché nata in città per accidente,
1010perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
1015d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 coll’agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
1020   Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
1025Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
1030Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava?
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
1035Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
 basta Lesbina, aspetta
1040ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
1045Via, pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
1050e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA e poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei;
1055basta; m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volontier ma non vorrei
1060che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete.
1065Ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
1070Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
1075fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragion amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
1080Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone,
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
1085   In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
1090(Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
1095Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
1100le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
1105Presto, signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
1110I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi son questi;
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
1115con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
1120Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
1125   Due mani assai leste
 che tuto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemilla
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
1130un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimilla
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
1135Fermate; cassate.
 Tremilla per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
 battuti tremilla,
1140saran cinquemilla...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
1145ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso.
 Cieli, son disperato!
1150Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
1155Dove me l’han portata?
 Empio, Rinaldo indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
1160Me l’han fatta i traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
1165non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che doppoi si finirà.
 
1170   Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
 È presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo