Il filosofo di campagna, Londra, Woodfall, 1761

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA, poi DON TRITEMIO, indi RINALDO con CAPOCCHIO notaro con alcuni fogli in mano
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina;
 tenete questo anello; (Si mette l’anello)
 ponetevelo nel dito;
400fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 TRITEMIO
 Figlia, è vero che avesti
 dallo sposo l’anello?
 LESBINA
                                       Signorsì.
 TRITEMIO
 Parlo teco; rispondi.
 EUGENIA
                                        Eccolo qui.
 TRITEMIO
405Capperi! È bello assai.
 LESBINA
 (Vien Rinaldo, padrona, io vi consiglio
 d’evitare il periglio).
 EUGENIA
                                         (Andiam, Lesbina).
 Con licenza.
 TRITEMIO
                         Va’ pure. (Eugenia e Lesbina si ritirano)
 EUGENIA
                                            (Ahi, me meschina!)
 RINALDO
 Compatite, signor.
 TRITEMIO
                                     La riverisco.
 RINALDO
410Compatite se ardisco
 replicarvi l’incommodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
415di me vi mostrerà
 titolo, parentele e facoltà.
 TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l’istrumento rogato
 d’un ricco marchesato;
420ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto camino
 vien l’origine sua dal re Pipino.
 TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo?
 Questa è una cosa bella in verità.
425Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo del par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti.
 CAPOCCHIO
 Questi sono strumenti
430di compere, di censi e di livelli;
 questi sono contratti buoni e belli.
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
435quattro valloni.
 Anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
 una contea,
440emit etcaetera.
 
    Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali;
445sic etcaetera,
 cum etcaetera.
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 TRITEMIO
 La riverisco, etcaetera,
 vada, signor notaro, a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
450mi credete voi degno?
 TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 TRITEMIO
                                     Obligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 TRITEMIO
                                      Per verità,
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 TRITEMIO
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
455D’Eugenia non pavento.
 TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
 S’ella non fosse in caso,
460del mio buon cuor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei sono escluso, io vi perdono.
 TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima;
 s’ella non puole, amici come prima.
 
465   Io son di tutti amico,
 son vostro servitor.
 Un uomo di buon cuor
 conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
470verrà, ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che.
 
    Farò il possibile
 pel vostro merito.
475Che per i titoli,
 per i capitoli,
 anche in preterito
 famoso egli è.
 
 SCENA III
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO con EUGENIA, indi LESBINA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
480di sua man, del suo cor certo sono io.
 Veggola che ritorna
 col genitore allato.
 Della gioia vicino è il dì beato.
 TRITEMIO
 Eccola qui. Dammi la destra tua. (Don Tritemio prende la mano ad Eugenia e la presenta a Rinaldo; ma subito la ritira)
 EUGENIA
485Eccola.
 TRITEMIO
                A voi; prendetela. Bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
 Nardo con quell’anello la sposò
 e due volte sposarla non si può.
 LESBINA
490Signor padron, voi siete domandato.
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole?
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 TRITEMIO
 Sente, signor? Io vado per sapere
 quel che colui desia,
495onde vossignoria,
 se altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia, se ne potrebbe andare. (Parte)
 RINALDO
 Sì sì, me ne anderò; ma giuro a’ numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
500Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci, infedele.
 
    Perfida figlia ingrata,
 padre spietato indegno;
 non so frenar lo sdegno,
 l’alma si scuote irata.
505Empia, crudele, audace,
 pace per me non v’è.
 
    E tu che alimentasti
 sinora il fuoco mio
 colla speranza, oh dio!
510così tu m’ingannasti?
 L’offeso cuore aspetta
 vendetta anche di te.
 
 SCENA IV
 
 EUGENIA e LESBINA, indi DON TRITEMIO con un gioiello in mano
 
 EUGENIA
 Prenditi questo anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
515Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
 Questo anello omicida
 dinanzi agli occhi miei soffrir non vo’.
 LESBINA
520Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah, tu sei la cagion delle mie pene!
 TRITEMIO
 Oh, genero garbato!
525Alla sposa ha mandato
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia; guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non mi piace; nol voglio; a te lo dono. (Eugenia prende il gioiello e lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie.
 TRITEMIO
                 Rendilo a me.
 LESBINA
                                             Signor padrone,
530sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa).
 TRITEMIO
 (Lo crederò?)
 LESBINA
                            Signora,
535non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 TRITEMIO
 E tu che dici?
 LESBINA
                            Io dico
540che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 TRITEMIO
 Cara Lesbina, è questo il pensier mio;
 e giacché tu lo sai, tel dico anche io. (Parte)
 LESBINA
 
545   Una ragazza
 che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete,
550voi m’intendete,
 questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
555il suo compagno
 cercando va.
 
 SCENA V
 
 EUGENIA
 
 EUGENIA
 Ah, Lesbina crudele!
 In faccia al mio fedele, al mio diletto
 ho tradito l’affetto. Ardo di sdegno.
560Ecco dove mi guida il tuo consiglio!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 
    Taci, amor, nel seno mio,
 finché parla il giusto sdegno;
 o prendete ambi l’impegno
565i miei torti a vendicar.
 
 SCENA VI
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarrino, poi RINALDO, indi LESBINA, dopo LENA
 
 NARDO
 
    La bella mia sposina
 m’ha fatto male qui;
 e la mia medicina,
 carina, eccola lì.
 
 RINALDO
570Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi, è ver che voi
 aveste la parola
575da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello;
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
580Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so.
 RINALDO
                           Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
585Sul dorso vostro e il pagator sono io. (Parte)
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anche la morte,
 procurar mi volessi una consorte.
590Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, bene obbligata;
595m’avete regalata.
 Anche io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
600Quando ho un poco di bene mi consolo
 e quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico;
605e a me di voi non me ne importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è cotesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
610giovine, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Siete, Nardo, in inganno.
 Qualche error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
615per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta; e so bene io
620che dividere amor non può il cuor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo.
625Ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualche altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no, carina;
630siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque m’amate?
 NARDO
                                     Sì, v’amo di cuore.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore. (Si prendono per mano e volendo partire sono trattenuti da Lena)
 LENA
635Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna;
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
640data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh, signor no.
 Quel che io dico lo so per cosa vera;
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah, maledetta!)
 NARDO
                                  È ver quel ch’ella dice?
 LESBINA
 Ah, misera, infelice!
645Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro;
 per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire;
650ma voglio essere vostra o pur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
655Per me nel vostro sesso,
 serva o padrona sia, tutto è lo stesso.
 
    Ho per lei in mezzo al core
 la fucina di Vulcano.
 Stendi pur la bianca mano,
660senti, senti, che rumore!
 I martelli ben ruotati
 sopra i fulmini infuocati
 fanno tuppe, tippe, tappe.
 Già l’incendio s’è avvanzato;
665chi smorzarlo potrà mai?
 Solo un guardo de’ tuoi rai
 può il mio core consolar.
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e LENA
 
 LESBINA
 Signora, vi rincresce
 d’essere la nipote
670d’una senza natali e senza dote?
 LENA
 Sì signora, perché Nardo poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Questa non è però gran novità.
 Siam donne tutte due; nessun ci sente;
675se parlo contro noi, non vuol dir niente.
 Ditemi su. Forse è la prima volta
 che di donna leggiadra il viso bello
 faccia perdere agli uomini il cervello?
 Pare che nate siam solo per questo.
680Da quanto accenno intenderete il resto.
 Della femmina i vezzi e le lusinghe,
 le accorte ritrosie,
 le finte gelosie,
 le parole melate,
685le languidette occhiate,
 un risettino scaltro
 cento ne fan cascare, un dopo l’altro.
 È vero? Rispondete a cuore aperto;
 siete nel caso mio; lo so di certo.
690Mi chiamerete poi presuntuosa,
 se di Nardo gentil voglio esser sposa?
 
    Donne siamo e siamo nate
 per far l’uomo delirar.
 
    Amorose ci mostriamo
695e sappiamo lusingar.
 Ma poi quando a tu per tu
 siamo lì per dir di sì,
 rigettiamo in tutta fretta
 l’accettata servitù;
700e per gloria decantiamo
 e l’amar e il disamar.
 
    Donne siamo e siamo nate
 per far l’uomo delirar.
 
 SCENA VIII
 
 LENA
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
705questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Si spaccia per graziosa,
 vuol far la spiritosa,
 perché sposa sarà per accidente,
710perché bene sa far l’impertinente.
 E pur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allor che mi lamento
715d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 colle agnelline allato
 cantando in libertà.
 
720   Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà.
 
 SCENA IX
 
 Camera in casa di don Tritemio con tavolino, calamaro e sedie.
 
 LESBINA, poi NARDO con CAPOCCHIO, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh, se sapessi il modo
725di burlare il padron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui. Se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perché io vi sposi,
730lo farò volentier; ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
735sarà col cavalier che voi sapete;
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro, intanto
 prepari bello e fatto
740per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come! Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
745Ma facendone un solo,
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quando è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
750che ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore;
 finché viene il padrone,
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
755ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete; io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno etcaetera,
 dell’anno mille, etcaetera,
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
760I nomi sono questi...
 (Ohimè! Viene il padrone).
 
 TRITEMIO
 Ehi, Lesbina.
 LESBINA
                            Signore?
 TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 TRITEMIO
765Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
 signore notaro.
 LESBINA
                               Intanto
 lo faccio principiare. Io detto; ei scrive.
 TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
770non è Lesbina?
 LESBINA
                               Certo;
 le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
775non è vero, padrone?
 TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto, signor notar; via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera,
 dell’anno mille, etcaetera,
780promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi.
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
785Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
790saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
795la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemila
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
800   Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimila
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
805che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate,
 tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
810battuti tremila,
 saran cinquemila.
 Ma dite di che?
 
 LESBINA, NARDO
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
815   Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
820Cieli! Son disperato!
 Ah, m’hanno assassinato!
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 TRITEMIO
 
825   Dov’è la figlia andata?
 Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo, indegno,
 perfido rapitor!
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 TRITEMIO
 
830Sospendete; non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor!
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se ne è ita?
 
 TRITEMIO
 
                         Se ne andò.
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
835   Casso Eugenia cum etcaetera,
 non sapendosi, etcaetera,
 se sia andata o no, etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh, che caso! Oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
840che dopoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a questa ora è maritata;
 e presente la servente
 questa ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo