L’amore artigiano, Venezia, Fenzo, 1761

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazzetta con varie case e botteghe ancora chiuse. Vedesi appena l’alba e a poco a poco si va rischiarando.
 
 ROSINA apre la finestra e si fa vedere; poi ANGIOLINA fa lo stesso nell’abitazione sua dirimpetto a quella della Rosina; poi GIANNINO viene di strada, suonando il chitarino e cantando
 
 Rosina (Apre la finestra e si fa vedere)
 
    Bella cosa gli è il vedere
 spuntar l’alba in sul mattino;
 ma se passa il mio Giannino,
 fugge l’alba e spunta il sol.
 
 Angiolina (Apre la finestra e si fa vedere)
 
5   Sorge l’alba e sto a vedere
 far il sole il suo cammino
 ma dagli occhi di Giannino
 vinta è l’alba e vinto è il sol.
 
 a due
 
    Pria ch’io vada al mio lavoro,
10deh vedessi il mio tesoro,
 deh venisse il mio bel sol.
 
 Giannino (Col chitarrino si ferma a mezza la piazzetta e suona e canta, addrizzando gli occhi ed il canto dalla parte di Rosina)
 
    Non posso riposar, non trovo loco,
 cerco qualche ristoro alla frescura.
 Ma dove i’ vado porto meco il foco
15ed è il mantice mio fra quelle mura.
 
 Angiolina, Rosina a due
 
    Giannino amabile
 sei pur piacevole!
 Più caro giovane
 di te non c’è.
 
 Giannino
 
20   Oh s’io potessi rinfrescarmi un poco
 non morirei dall’amorosa arsura,
 amore il tuo Giannin si raccomanda,
 fagli vedere il sol da questa banda.
 
 Rosina, Angiolina a due
 
    Giannino amabile
25sei pur godibile!
 Più caro giovane
 di te non c’è.
 
 Giannino
 Zitto. Parmi vedere
 fra il chiarore dell’alba e delle stelle
30la mia bella Rosina alla finestra.
 Rosina
 Eh ehm. (Si fa sentire)
 Giannino
                    Eh ehm. (Le corrisponde e si avvicina pian piano)
 Angiolina
                                      Briccone!
 Sen va dalla Rosina.
 Più non cura di me. Eh ehm. (Si fa sentire)
 Giannino
                                                        (Perbacco!
 L’Angiolina mi vede; anch’ella è alzata.
35Fingerò non vederla e non sentirla).
 Rosina
 (Con Giannino colei non vuol finirla).
 Giannino
 Rosina. (Sotto la finestra piano)
 Rosina
                  Vita mia. (Sottovoce)
 Giannino
                                      Tuo padre è alzato?
 Rosina
 Credo che dorma ancora,
 io m’alzai di buonora
40perché deggio finire un andrienne
 per madama Costanza.
 E perché di vederti avea speranza.
 Angiolina
 Oh che rabbia! Eh ehm. (Tossisce forte)
 Rosina
                                                Senti? (A Giannino piano)
 Giannino
                                                               La sento
 ma di lei non m’importa,
45vieni un po’ sulla porta.
 Rosina
                                              Sì, m’aspetta.
 (Voglio fare arrabbiar quella fraschetta). (Entra)
 
 SCENA II
 
 ANGIOLINA alla finestra, GIANNINO in istrada
 
 Giannino
 Pria d’andare a bottega
 quando posso vedere il mio tesoro,
 applico con più gusto al mio lavoro.
 Angiolina
50Ehi, Giannin.
 Giannino
                            Chi mi chiama? (Fingendo non vederla)
 Angiolina
                                                            Non mi vedi?
 Principia il sole a discacciar l’aurora,
 chiaro si vede e non mi vedi ancora?
 Giannino
 Sono ancora assonnato.
 Non ci aveva abbadato.
 Angiolina
                                             (Ah sì briccone
55ha perduta la vista in quel balcone.
 Voglio per or dissimular).
 Giannino
                                                  (Vorrei
 se n’andasse costei).
 Angiolina
                                        Coi miei quattrini
 posso avere un piacer?
 Giannino
                                            Che cosa vuoi?
 Angiolina
 Per lavorar di cuffie
60vorrei un tavolino
 comodo e galantino. Tu che sei
 un bravo falegname
 fammi questo piacer. Ti pagherò.
 Giannino
 Sì sì te lo farò.
 Angiolina
                             Vien su, Giannino,
65che farotti veder com’io lo voglio.
 Giannino
 Or non posso venir. (Quest’è un imbroglio).
 Angiolina
 Eh sì sì, t’ho capito.
 Dici che ora non puoi?
 Di’ che venir non vuoi, perché paventi
70disgustar la Rosina. Disgraziato,
 per lei tu m’hai lasciato.
 Ma ho tante protezioni,
 servo di cuffie tante dame e tante
 che ti farò pentir, te lo prometto,
75e sarai mio marito a tuo dispetto. (Si ritira)
 
 SCENA III
 
 GIANNINO solo
 
 Giannino
 Delle sue protezioni
 io timore non ho. Nessun può fare
 ch’io la prenda per forza. Amo Rosina
 e la voglio sposare e, se dovessi
80andarmene di qua, non mi confondo.
 Posso fare il mestier per tutto il mondo.
 Ma che fa che non viene?
 Non vorrei che suo padre fosse alzato.
 Temo che il vicinato
85mormori nel vedermi in questo loco.
 Mostrerò di passar, canterò un poco.
 
    Amor tu mi fai far la mattinata;
 scordomi la bottega ed il lavoro.
 Ma tu mi pagherai la mia giornata
90se ritorno a vedere il mio tesoro.
 
    Zitto mi pare...
 Parmi sentire...
 Veggo ad aprire,
 zitto che viene
95quella che tiene
 schiavo il mio cor.
 
 SCENA IV
 
 BERNARDO apre un pocolino l’uscio della sua abitazione e si fa vedere al popolo e non a GIANNINO
 
 Bernardo
 
    (Chi è che a quest’ora
 viene a cantare?
 Zitto se posso
100vo’ rilevare
 se alla Rosina
 fanno l’amor).
 
 Giannino
 
    Anima bella. (All’uscio)
 
 Bernardo
 
 Luci leggiadre. (Con voce sottile)
 
 Giannino
 
105Dorme tuo padre?
 
 Bernardo
 
 Dorme il vecchione. (Come sopra)
 
 Giannino
 
 Vieni mia cara
 vieni di fuor.
 
 Bernardo
 
    Ah disgraziato! (Esce e si scopre)
 
 Giannino
 
110(Ah son gabbato!)
 
 Bernardo
 
 Cosa pretendi?
 
 Giannino
 
 Niente, signor.
 
 Bernardo
 
    Sei un briccone.
 
 Giannino
 
 Siete in error.
 
115   Vado a bottega,
 mi vo spassando,
 vado cantando
 per buonumor.
 
    Amore amaro e la fortuna ingrata
120accordati si sono infra di loro,
 amor mi fa sperare e poi m’inganna,
 pare amica fortuna ed è tiranna. (Parte)
 
 SCENA V
 
 BERNARDO e poi TITA
 
 Bernardo
 Canta, canta, birbone, a un legnaiuolo
 non do la mia figliuola. Che cos’hanno
125di capitale i falegnami? Oh bella!
 Quattro tavole, un banco e uno scalpello,
 una sega, una pialla ed un martello.
 Tita (Apre la porta della sua bottega ed esce)
 Buondì mastro Bernardo.
 Bernardo
                                                 Buondì Tita.
 Tita
 Cosa vuol dir che ancora
130non aprite bottega?
 Bernardo
                                       Un insolente
 venuto è ad inquietarmi.
 Tita
                                                Sì, ho sentito
 cantar quello sguaiato
 che con tutte vuol far l’innamorato. (Apre la balconata)
 Bernardo
 Se torna a insolentarmi
135so io quel che farò.
 Tita
                                     Non ci pensate. (Entra per la porta della bottega e si fa subito vedere alla balconata)
 La cura a me lasciate,
 se lo veggo passar, con questo spiedo
 l’infilzo a dirittura. Son degli anni
 che noi ci conosciamo.
140Siamo vicini, siamo,
 e anch’io vo’ maritarmi;
 e vorrei lusingarmi,
 se la figliuola maritar pensaste,
 che a me non la negaste.
 Bernardo
                                               (Che bel modo
145di chiedere una figlia!)
 Tita
                                             Eha, garzoni, (Escindo dalla bottega col cassettino nel braccio co’ li strumenti)
 presto il foco accendete alla fucina,
 quel ferro arroventate e quando torno
 fate che sia tagliato
 e da un capo e dall’altro attortigliato. (Torna in bottega)
 Bernardo
150(Tita è un buon artigiano.
 Ma è un giovane ancor ei senza giudizio,
 gli piace il vino e delle carte ha il vizio).
 Tita
 Così, mastro Bernardo, (Tornando ad escir la bottega)
 come dicea, ci parleremo.
 Bernardo
                                                 Bene
155parleremo, c’è tempo.
 Tita
                                           Or deggio andare
 da madama Costanza
 vedova di monsieur di Cottegò
 a por la serratura ad un burrò.
 Bernardo
 Anch’io un paio di scarpe
160deggio ad essa portar questa mattina
 e anche la mia Rosina,
 se l’avrà terminato,
 dee portarle un andrien che ha rivoltato.
 Ma la figliuola ed io
165ci andiam malvolontieri. È sì soffistica
 madama e così altiera
 che in ogni lavorier trova che dire,
 strilla, grida, maltratta e fa impazzire.
 Tita
 Io con lei non m’impiccio. Ha un cameriere
170che le accomoda il capo ed è padrone
 in casa più di lei. Anzi si dice,
 ma zitto veh, si dice
 che ne sia innamorata,
 che lo voglia sposare o sia sposata.
 Bernardo
175Oh pasticci, pasticci.
 Tita
                                        È meglio sempre...
 Come si dice? Paribus con paribus.
 Io con Rosina, per esempio, oh sì
 paribus vi saria, non è così?
 Bernardo
 Eh pensate fratello
180prima di maritarvi a far cervello.
 Tita
 Oh l’ho fatto, l’ho fatto
 mastro Bernardo, su la mia parola...
 Meco non staria mal vostra figliuola.
 
    Da che penso a maritarmi
185principiato ho a governarmi,
 son tre mesi che non gioco.
 Son tre dì ch’io bevo poco,
 ho lasciato ogni altro vizio
 e giudizio voglio far.
 
190   Ci vedremo, parleremo,
 ci potremo accomodar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 BERNARDO solo
 
 Bernardo
 Tre mesi che non gioco,
 tre dì che bevo poco,
 c’è molto da fidarsi
195che duri il buon pensier di governarsi.
 No no la figlia mia non la vo’ dare
 perch’abbia da pentirsi e da penare.
 Ma il sole è alzato e ancora non si vedono
 a venire i garzoni.
200Oh sono i gran bricconi!
 A chi faccio mangiare il pane mio?
 La bottega stamane aprirò io. (Entra in casa)
 
 SCENA VII
 
 ANGIOLINA di casa con una fanciulla colle scattole delle cuffie, poi BERNARDO
 
 Angiolina
 Chiarina, vieni meco,
 viemmi dietro bel bello e per la strada
205non ti stare a incantar. Guarda per terra;
 guarda di non cader, che non avessi
 le scattole dei fiori a rovesciare
 e le scuffie e i merletti a rovinare. (Alla fanciulla. Bernardo apre per di dentro la balconata della bottega e fa la solita mostra di scarpe)
 (Il padre della squincia
210apre adesso bottega e la figliuola
 stavasi a far l’amor mentr’ei dormiva.
 Non vo’ più scarpe; non vo’ più amicizia
 né con lui né con lei.
 Vecchiaccio rimbambito,
215di stroppiarmi le piante avrai finito).
 Bernardo
 Angiolina. (Dalla balconata)
 Angiolina
                       Che c’è?
 Bernardo
                                         Le vostre scarpe
 son di già terminate.
 Angiolina
                                         Dopo un mese?
 Gran premura per me che avete avuta!
 Tenetele per voi, son provveduta.
 Bernardo
220Voi prescia non mi deste,
 perciò pria non le aveste,
 quando prometto differir non soglio.
 Eccole, sono fatte. (Fa vedere le scarpe dalla balconata)
 Angiolina
                                    Io non le voglio.
 Bernardo
 Oh cospetto di Bacco! (Esce colle scarpe in mano)
225Prenderle voi dovrete.
 Angiolina
                                           Non le prendo,
 se credo di morir.
 Bernardo
                                    Per qual ragione?
 Angiolina
 Perché... perché non voglio
 aver nulla che far con casa vostra.
 E se vostra figliuola
230non averà giudizio
 nascerà un precipizio.
 Bernardo
                                           E che vi ha fatto?
 Angiolina
 Nol sapete?
 Bernardo
                         Nol so.
 Angiolina
 Perché dunque il sappiate, io vel dirò.
 
    Voi Giannino conoscete,
235conoscete il legnaiuolo,
 era tanto il buon figliuolo.
 Volea tanto bene a me.
 
    Vostra figlia simoncina,
 l’illustrissima Rosina
240quell’ingrato mi ha rubato,
 perché tutti vuol per sé.
 
    Della mia collera,
 del mio rammarico
 giusto giustissimo,
245mastro carissimo,
 quest’è l’origine,
 quest’è il perché. (Parte colla fanciulla)
 
 SCENA VIII
 
 BERNARDO solo
 
 Bernardo
 Quasi le do ragione,
 mia figlia a quel balcone
250non si affaccierà più.
 Ora prendo un bastone e vado su.
 No, vo’ tacer per ora.
 So che in fretta lavora,
 finisca il lavoriere,
255poi farò colla frasca il mio dovere.
 Ah sei qui, poltronaccio? (Al garzone che arriva)
 Parti sia questa l’ora
 di venire a bottega? Un’altra volta
 che tardi a questo segno
260romperti io voglio sulla schiena un legno.
 Vien qui, prendi birbone.
 Queste scarpe riponi e dammi quelle
 di madama Costanza. (Il garzone prende le scarpe)
 Eh ti farò ben io cambiare usanza. (Il garzone entra in bottega colle scarpe)
 
265   Pover padroni, mastri dolenti!
 Tristi garzoni, ladri o insolenti!
 Chi ci schernisce, chi ci tradisce,
 sempre malanni, sempre gridar.
 Qua quelle scarpe brutto sguaiato. (Mangiando viene il garzone colle scarpe richieste)
270Sei affamato? Possa crepar.
 
    Giorni stentati da noi si mena,
 siam mal pagati, siam strappazzati
 e alla catena dobbiamo star.
 Animalaccio. Brutto porcaccio
275fa’ il tuo dovere, va’ a lavorar. (Parte colle scarpe ed il garzone si ritira in bottega)
 
 SCENA IX
 
 ROSINA esce di casa con la sua scolara che porta i lavori
 
 Rosina
 Via destati, cammina,
 sei ancora assonnata?
 Sei di sonno impastata. Ragazzaccia
 non mi far arrabbiare,
280che le mani mi sento a pizzicare.
 (Purtroppo ho il diavolino
 che di dentro mi stuzzica e mi rode.
 Non vorrei che Giannino
 fossesi raffreddato. Io non ho colpa
285se quella volpe vecchia di mio padre,
 accortosi del fatto,
 scese le scalle a scorbacchiarlo a un tratto
 ma ciò è il men che mi preme,
 quel che tiemmi in pensiere è la cuffiara.
290Ma, perdinci, s’io vedo
 che nulla nulla a bisticciar si metta,
 chi son io lo vedrà quella civetta).
 Viemmi dietro; cammina. (Alla ragazza avviandosi)
 
 SCENA X
 
 GIANNINO e detta
 
 Giannino
 Dove, dove, Rosina?
 Rosina
                                        Oh gioia bella!
295Vo a portare un vestito
 a madama Costanza.
 Giannino
                                         I’ ho da darti
 una nova che spero
 ti piacerà.
 Rosina
                      Mio padre
 ti diè buone speranze?
 Giannino
                                            Oh sì tuo padre
300mi diede inver delle speranze tante!
 Mi ha scacciato da lui come un birbante.
 Rosina
 E che nuova mi porti?
 Giannino
                                           Vedi là
 quella bottega che da quattro mesi
 è ancora spigionata? Io l’ho presa
305per farvi il mio mestiere,
 per poterti vedere e far dispetto
 a Tita fabro e all’Angiolina e a quanti
 ci von perseguitare
 e tuo padre, ancor ei, ci avrà da stare.
 Rosina
310Sì sì bravo davvero,
 e quando l’aprirai?
 Giannino
                                      Stamane; or ora,
 ecco le chiavi, osserva,
 l’ho avute dal padrone,
 pagata ho la pigione ed ei m’ha detto
315che in tutto quel recinto
 io posso tener fuori
 la mia gente, il mio banco e i miei lavori.
 Rosina
 Ed io su quel balcone
 mi porrò a lavorare
320e ci potrem guardare.
 Giannino
                                          E qualche volta
 dirci una parolina.
 Rosina
 Sì, al dispetto di Tita e d’Angiolina.
 Giannino
 Cosa dirà tuo padre?
 Rosina
                                         E che ha da dire?
 Per forza ha da soffrire.
325Io voglio maritarmi
 e voglio soddisfarmi;
 e alfin sei da par mio
 e mi vo’ maritar con chi vogl’io.
 Giannino
 Stamane a dir il vero
330mi ha un po’ fatto adirar.
 Rosina
                                                 Caro Giannino,
 abbi un po’ pazienza. Sei sicuro
 ch’io ti vo’ ben di core e che mio padre
 può dire, può gridar, può bastonarmi,
 che se mio tu non sei, vo ad annegarmi. (Parte colla ragazza)
 
 SCENA XI
 
 GIANNINO solo
 
 Giannino
335Che tu sia benedetta,
 propio la mi vuol ben ma di quel buono,
 propio contento sono
 d’aver preso bottega in questo sito,
 quanti babbei si morderanno il dito!
 
340   Lavorando i’ starò qui.
 La Rosina starà lì.
 Un’occhiata al mio lavoro.
 Un’occhiata al mio tesoro.
 Oh che gusto! Oh che piacer!
 
345   Sarò in faccia, caro bene.
 E vedrò chi va, chi viene.
 Della cara gioia mia
 gelosia non potrò aver. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Camera in casa di madama.
 
 Madama COSTANZA con uno specchio in mano e poi FABRIZIO
 
 Costanza
 Ehi Fabrizio.
 Fabrizio
                           Madama
350venuto è il calzolaio
 e ha portate le scarpe.
 Costanza
                                           Ben; le lasci.
 Vada, torni se vuol, lo pagherò.
 Fabrizio
 Non vuol ora pagarlo?
 Costanza
                                           Adesso no,
 questo tuppè...
 Fabrizio
                              Perdoni,
355vi è il fabro che ha portato
 la chiave del burrò.
 Costanza
 Che torni.
 Fabrizio
                      Non permette?
 Costanza
                                                    Adesso no,
 guarda questo tuppè.
 Fabrizio
                                          Lasci che almeno
 licenzi gli operari che son di là.
 Costanza
360Spicciati.
 Fabrizio
                     (Vi è pur poca carità). (Parte e poi torna)
 Costanza
 Ora non vo’ nessuno e se costoro
 mi vogliono servire e il mio danaro
 vogliono guadagnare,
 quante volte mi piace han da tornare.
 Fabrizio
365Eccomi, sono andati.
 Costanza
 Guarda; da questa parte
 non va bene il tuppè.
 Fabrizio
                                         Perché?
 Costanza
                                                          Non vedi?
 È più basso di molto.
 Fabrizio
                                         È vero, è vero.
 Subito l’alzerò! Con permissione.
370(Mi convien secondar la sua oppinione). (Cava il pettine di tasca e le va rittoccando il tuppè)
 Costanza
 Eh tu per me, lo veggo,
 non hai più la premura
 che una volta mostravi.
 Fabrizio
                                             Oh cosa dice!
 Mi reputo felice
375d’avere una padrona sì cortese
 e un anno ch’io son qui mi sembra un mese. (Seguitando come sopra)
 Costanza
 Credo che tu lo vedi
 quanta ho per te parzialità.
 Fabrizio
                                                    Lo vedo,
 so ch’io son fortunato. (Come sopra)
 Costanza
380Ma all’amor che ho per te sei poco grato.
 Fabrizio
 Oh ciel! La mia padrona
 ha per me dell’amor?
 Costanza
                                          Sì quell’amore
 che aver pon le padrone.
 Amor di protezione,
385desio di far del bene. Avresti ardire
 di pensare altrimenti?
 Fabrizio
                                            Oh mia signora,
 conosco l’esser mio; di più non bramo.
 (Eh so che mi vuol ben).
 Costanza
                                               (Purtroppo io l’amo!)
 Vi è gente in anticamera.
 Fabrizio
                                                 Sì certo. (Accostandosi per vedere)
390Oh sa ella chi è? (Con allegrezza)
 Costanza
                                  Chi?
 Fabrizio
                                              La cuffiara.
 Vuol ch’io vada a veder?
 Costanza
                                               La non s’incomodi,
 signor cerimoniere,
 quando vengono donne è il suo piacere. (Con ironia)
 A provarmi le cuffie
395andrò alla tavoletta.
 Tu non stare a venir. Tu qui mi aspetta.
 
    Servi, obbedisci e spera,
 dolce è il servir sperando,
 sol bramo e sol domando
400rispetto e fedeltà.
 
    Forse ti sembro altera.
 Non mi conosci appieno.
 Quel ch’io nascondo in seno
 forse il tuo cor non sa. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 FABRIZIO, poi ROSINA colla scolara
 
 Fabrizio
405Eh capisco benissimo
 ch’ella è accesa di me ma non per questo
 io voglio intisichirmi.
 Sarà quel che sarà, vo’ divertirmi.
 Rosina
 Posso venir?
 Fabrizio
                          Rosina?
410Venite pur carina.
 Rosina
                                    In anticamera
 non ritrovai nessuno.
 Chiamo, richiamo e non risponde alcuno.
 La padrona dov’è?
 Fabrizio
                                     Colla cuffiara
 sta nel suo gabinetto.
 Rosina
415Con Angiolina?
 Fabrizio
                               Sì, con essa appunto.
 Rosina
 Son venuta in mal punto,
 con lei riscontrarmi ora non vuo’.
 Fabrizio
 Aspettate qui dunque.
 Rosina
                                            Aspetterò.
 Fabrizio
 Vi terrò compagnia, se l’aggradite.
 Rosina
420Fabrizio cosa dite?
 Voi mi fate piacer.
 Fabrizio
                                     Cara Rosina
 siete tanto gentil che chi vi mira
 voi fate innamorar.
 Rosina
                                      Va’ via ragazza,
 va’ di là in anticamera
425e ch’io ti chiami aspetta. (La ragazza vuol partire)
 Ehi ascolta, Lisetta.
 Se mio padre o Giannino o qualcun altro
 ti viene a domandar con chi ho parlato,
 non lo dire a nessun del cameriere.
430Va’ via; va’ in anticamera a sedere. (Piano alla scolara che parte)
 (Io mi vo’ divertire un pocolino.
 Guai a me, se vedesse il mio Giannino).
 Fabrizio
 Chi vi accomoda il capo?
 Rosina
                                                Oh da me sola.
 Son povera figliuola,
435io non posso pagare il parrucchiere.
 Fabrizio
 Ben; se avete piacere
 d’essere accomodata
 verovvi io stesso ad acconciar la testa.
 Rosina
 Oh sì sì, qualche festa
440ma in casa ho soggezione. Da un’amica
 anderò ad aspettarvi
 e verrà la scolara ad avvisarvi.
 Fabrizio
 Giacché siamo qui soli
 volete che vi accomodi il tuppè?
 Rosina
445Sì sì, quel che volete.
 Mi farete piacer.
 Fabrizio
                                  Dunque sedete. (Prende una sedia e la dà a Rosina ed ella siede)
 Rosina
 (Che dirà l’Angiolina
 se mi vede col capo accomodato?)
 Fabrizio
 Sono ben fortunato
450stamane in verità. (Accomodandole col pettine il tuppè)
 Rosina
 Tutta vostra bontà.
 Fabrizio
                                     Che bel piacere
 accrescere le grazie a un sì bel viso!
 Rosina
 Oh cosa dite mai?
 Fabrizio
                                    Che bella testa!
 
 SCENA XIV
 
 Madama COSTANZA e detti
 
 Costanza
 Olà. Chi è qui? Che impertinenza è questa?
 Fabrizio
455Perdoni. (Ritirandosi)
 Rosina
                    Compatisca.
 Costanza
                                             Impertinente,
 vieni qui ad assettarti?
 Rosina
                                             Io son venuta
 a portarle l’andrienne ed aspettando...
 Costanza
 E dov’è quest’andrienne?
 Rosina
                                                 È al suo comando.
 Ehi ragazza. (Chiama alla porta la scolara)
 Fabrizio
                           (M’aspetto
460sopra me la tempesta).
 Rosina
                                             Eccolo qui, (Viene la ragazza, Rosina spiega l’andrienne)
 osservi se non pare
 che sia nuovo di pezza. Se lo provi.
 Spero che le anderà perfettamente.
 Costanza
 Oibò. Pessimamente
465quest’abito è riescito.
 Rovinato è il vestito.
 Così non lo volea.
 L’avrei dato al sartor, se ciò credea. (Getta il vestito sopra una sedia)
 Rosina
 Ma lo provi.
 Costanza
                         Non voglio.
 Rosina
470Sel provi e lo vedrà...
 Costanza
 Vattene via di qua.
 Rosina
                                      Così mi tratta?
 Una sarta par mio tratta così?
 Sono stata una pazza a venir qui.
 Servo le prime dame,
475servo le cittadine
 ed ho piena la casa
 d’abiti di velluto e di broccato.
 Altro che questo straccio rivoltato! (Strapazza il vestito)
 
    Ho servito le prime signore
480e son tutte contente di me
 e ho imparato da un bravo sartore,
 da monsieur Sganarelle franscé.
 È famosa la mia abilità.
 E bandiera di me non si fa.
 
485   Ragazza, fanciulla
 qual ella mi vede,
 la testa mi frulla
 più ch’ella non crede.
 Si tenga signora
490la sua nobiltà,
 Rosina sartora
 qui più non verrà. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 Madama COSTANZA e FABRIZIO
 
 Costanza
 Perfido, ho da soffrire
 per te sì fatti insulti?
 Fabrizio
                                         Perdonate.
 Costanza
495Non merti il mio perdono.
 Fabrizio
 Ma di che reo mai sono?
 Costanza
                                               Ah menzognero
 nieghi la colpa tua con tale orgoglio?
 Esci di casa mia. Più non ti voglio. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 FABRIZIO solo
 
 Fabrizio
 Ah son pur sfortunato!
500Ma se m’hanno incantato
 due luci leggiadrette,
 due guance vezzosette,
 se resistere il core invan procura
 colpa mia non è già ma di natura.
 
505   Se al poter d’ignota stella
 va soggetto il core umano,
 ah resiste il cuore invano
 al valor della beltà.
 
    La ragione in noi favella,
510di seguirla a noi s’aspetta
 ma quell’astro che diletta
 la ragion supererà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Piazzetta come nelle scene antecedenti, colle botteghe aperte del fabro e del calzolaio e di più in mezzo la bottega aperta di legnaiuolo col banco fuori e varie tavole ed instrumenti di cotal arte. Fuori della bottega del fabro una picciola incudine e fuori di quella del calzolaio una pietra, su cui tali artisti sogliono battere il cuoio; di qua e di là le case come prima.
 
 BERNARDO al picciolo banchetto di fuori a sedere, lavorando nelle sue scarpe. TITA presso l’incudine assottigliando un ferro prima colla lima, poi col martello. GIANNINO al suo banco preparando tavole per i suoi lavori, segnando e battendo a misura del suo bisogno, poi ANGIOLINA colla sua scolara, poi ROSINA colla sua
 
 Tita
 Mastro Bernardo. (Lavorando)
 Bernardo
                                    Che hai di nuovo, Tita? (Lavorando)
 Tita
 Novità non ne mancano. I mosconi
515s’accostano alla carne.
 Bernardo
                                          In questa piazza
 non ci sono carogne.
 Tita
                                        Non ce n’erano.
 Dite come va detto.
 Bernardo
                                      Sì, hai ragione.
 Si sente il puzzo.
 Giannino
                                  (Intendo il loro gergo
 ma fingo non capir).
 Bernardo
520Tita?
 Tita
             Che dite?
 Bernardo
                                 Voi conoscerete
 qualche buon murator.
 Tita
                                             Sì ne conosco.
 Bernardo
 Trovatemene uno.
 Tita
                                    Perché fare?
 Bernardo
 Perché vo’ far murare
 la finestra qui sopra.
 Tita
                                         Vi spaventano
525i guffi e i barbaggiani?
 Bernardo
 Ho paura dei venti tramontani.
 Tita
 Oh si stava pur bene!
 Questa nostra piazzetta è divenuta
 una stalla, un porcile, un letamaio.
 Giannino
530(Quest’insolente stuzzica il vespaio).
 Bernardo
 Siam pieni di sozzure.
 Tita
 Pieni di piallature e segature.
 Giannino
 Non serve il taroccare. (Avanzandosi)
 Pago la mia pigione e ci vo’ stare. (A Bernardo e Tita)
 Bernardo
535E chi parla con voi? (A Giannino)
 Tita
                                        Con chi l’avete? (A Giannino)
 Giannino
 Se sciocco mi credete
 voi l’avete sbagliata in verità.
 Io vi risponderò come che va. (Come sopra)
 Tita
 Mastro Bernardo aiuto. (Lavorando)
 Bernardo
                                              Tita Tita,
540io tremo di paura. (Lavorando)
 Giannino
 (Andrò dove s’aspetta a dirittura). (Torna al suo lavoro)
 Bernardo
 
    Questo cuoio è duro duro,
 non va ben se non si pesta.
 Oh vi fosse qui una testa!
545La vorrei assottigliar. (Battendo il cuoio sulla pietra)
 
 Tita
 
    Questo ferro è ancora grosso,
 ha bisogno del martello.
 Oh vi fosse qui un cervello
 da picchiare e da schizzar! (Battendo il ferro sull’incudine)
 
 Giannino
 
550   Per quest’asse, così toste,
 questi chiodi non son buoni,
 due corate, due polmoni
 serviriano a conficar. (Battendo sopra d’un chiodo per conficarlo in una tavola)
 
 Bernardo, Giannino, Tita a tre
 
    Insolente, maladetto.
555Per dispetto vo’ picchiar. (Ciascheduno fa il suo lavoro picchiando)
 
 Angiolina
 
    Mi consolo Giannino garbato.
 La fortuna propizia ti sia. (Passando)
 (La Rosina mi dà gelosia.
 Ma col tempo mi giova sperar). (Entra in casa colla scolara)
 
 Giannino
 
560   Non le bado, lascio dire,
 vo’ seguire a lavorar. (Battendo)
 
 Bernardo, Tita a due
 
    L’amorino graziosino (Seguono tutti a battere come sopra)
 fa le belle innamorar.
 
 Rosina
 
    Quant’è vaga la bella piazzetta! (Passando)
565Sta pur bene fornita così!
 E la notte non meno che il dì
 il mio bene potrò vagheggiar. (Entra in casa colla sua scolara)
 
 Giannino
 
    Ho veduto il mio tesoro.
 Al lavoro vo’ tornar. (Torna a lavorare battendo)
 
 Tita, Bernardo a due
 
570   Il moscone a quel boccone
 non vedrassi ad attaccar. (Lavorando come sopra)
 
 Tita
 
    Mastro Bernardo
 a vostra figlia
 ch’è da marito
575un buon partito
 convien trovar.
 
 Bernardo
 
    A uno spiantato
 non la vo’ dar.
 
 Tita
 
    A un calzolaro
580l’accordereste?
 
 Bernardo
 
 L’accorderò.
 
 Tita
 
 Se fosse un fabro?
 
 Bernardo
 
 Ci penserò.
 
 Tita
 
 E a un falegname?
 
 Bernardo
 
585Questo poi no.
 
 Giannino
 
    Oh cospettone!
 Sono un briccone? (Avvanzandosi)
 
 Bernardo
 
 Chi t’ha chiamato?
 
 Tita
 
 Chi t’ha cercato? (Alzandosi)
 
 Giannino
 
590Son poveruomo
 ma galantuomo.
 
 Bernardo, Tita a due
 
 Ma la Rosina
 non è per te.
 
 Rosina (Alla finestra)
 
    Padre mio caro
595siate bonino,
 il mio Giannino
 lo vo’ per me.
 
 Bernardo
 
    Insolentissima
 dentro di là.
 
 Tita
 
600Quest’è bellissima.
 
 Giannino
 
 Per carità. (A Bernardo)
 
 Angiolina (Alla finestra)
 
    Quella pettegola
 che vuol Giannino
 quel bocconcino
605non averà.
 
 Rosina
 
    Voi non c’entrate.
 
 Angiolina
 
 Non mi seccate.
 
 Rosina
 
 Che prepotenza!
 
 Angiolina
 
 Che impertinenza!
 
 Bernardo, Tita a due
 
610Garbate giovani
 quest’è un mal termine
 d’inciviltà.
 
 Rosina, Angiolina a due
 
    Mi sento rodere,
 mi sento fremere,
615quella pettegola
 mi sentirà. (Entrano)
 
 Bernardo
 
    Per tua cagione. (A Giannino)
 
 Tita
 
 Per te, birbone. (A Giannino)
 
 Giannino
 
 Che modo è questo?
620Mi maraviglio.
 
 Tita, Bernardo a due
 
 Io ti consiglio
 va’ via di qua.
 
 Giannino
 
    Mi maraviglio,
 vo’ restar qua.
 
 Bernardo
 
625   Se la mi salta... (Alza il martello)
 
 Tita
 
 Se la mi monta... (Alza il martello)
 
 Giannino
 
 Risposta pronta
 vi si darà. (Alza il martello)
 
 Rosina, Angiolina (Dalle loro case correndo)
 
    Ah no, non fate
630bestialità. (Si frappongono)
 
 Rosina
 
    Per l’Angiolina...
 
 Angiolina
 
 Per la Rosina...
 
 Rosina
 
 Vo’ vendicarmi.
 
 Angiolina
 
 Vo’ soddisfarmi.
 
 Rosina, Angiolina a due
 
635Non provocarmi,
 va’ via di qua. (S’attaccano fra di loro)
 
 Bernardo, Giannino, Tita a tre
 
    Ah no non fate
 bestialità.
 
 tutti
 
    C’è entrato il diavolo,
640non si può vivere,
 convien risolvere,
 s’ha da finir.
 
    Mi sento rodere,
 mi sento fremere,
645convien risolvere,
 s’ha da finir.
 
 Fine dell’atto primo