L’Arcadia in Brenta, Monaco, Vötter, 1759

 PARTE SECONDA
 
 SCENA PRIMA
 
 Deliziosa.
 
 Tutti fuor che FABRIZIO
 
 LAURA
 Io rido quando vedo
 certi pazzi che fan gl’innamorati
 e credon col contante
 render la donna amante.
460Quando il genio non v’è, non fanno niente.
 Si lascian nell’inganno;
 e se si voglion rovinar suo danno.
 LINDORA
 In quanto a questo poi,
 non dico come voi,
465non dono e non accetto
 e per non ingannar nulla prometto.
 LAURA
 Parliam d’altro di grazia.
 CONTE
                                                Deh madama, (A Lindora)
 andiamo per questi deliziosi colli,
 co’ vostri bei colori,
470la vil bellezza a svergognar de’ fiori.
 Concedete ch’io possa
 regger col braccio mio... (A Lindora)
 LAURA
 Eh signor conte mio,
 lei parte con madama,
475ed io resterò sola?
 Lei di cavalleria non sa la scola.
 CONTE
 Ha ragion.
 Io sono un mentecatto, io son un bue.
 Servirò, se il permette, a tutte due.
 LAURA
480Se madama l’accorda...
 LINDORA
                                             Io nol contendo.
 LAURA
 Io son contenta e le sue grazie attendo.
 CONTE
 Eccomi. Favorisca. Faccia grazia.
 Su l’umil braccio mio poggi la mano.
 LAURA
 Caminate più presto.
 LINDORA
                                          Andate piano.
 LAURA
485Ma via, non mi mancate.
 CONTE
                                                Eccomi lesto.
 LINDORA
 Non andate sì presto;
 di già voi mi stroppiate.
 LAURA
 Con questo andar sì pian,
 voi m’ammazzate.
 CONTE
                                    (Io sono
490nel terribile impegno). Via, madama,
 un tantinin più presto.
 Eh via, cara signora,
 un tantinin più piano.
 LAURA
 Più piano di così? Mi vien la morte.
 LINDORA
495Vi dico ch’io non posso andar sì forte.
 CONTE
 
    Questa forte e quella piano,
 l’una tira e l’altra mola,
 non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano,
500anderò come potrò.
 
    Forti, forti, saldi, saldi,
 vada pur ciascuna sola.
 Io gli sono servitor. (Partono)
 
 SCENA II
 
 Camera.
 
 FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Non vuo’ sentire.
 FORESTO
                                  Eh via, signor Fabrizio,
505siete un uom di giudizio,
 siete un uomo civile,
 non fate che vi domini la bile.
 FABRIZIO
 Che bile? Che m’andate
 bilando e strabilando!
510Ve ne dovete andar qualor vi mando.
 
    Corpo del diavolo,
 parmi un po’ troppo.
 Che! Sono un cavolo?
 Son gentiluomo,
515del mio paese
 io fo le spese,
 io son padrone.
 Che impertinenza!
 Che prepotenza!
520Come? Che dite?
 Eh padron mio,
 basta così!
 
 FORESTO
 Finalmente fu scherzo.
 FABRIZIO
 Sì, fu scherzo ma intanto
525l’orologgio, la scattola e l’anello
 non si vedono più.
 FORESTO
                                     Siete in errore;
 eccovi l’orologgio,
 la scattola, l’anello.
 Ciò ch’è il vostro ognun di noi vi rende
530né di usurpar il vostro alcun pretende. (Gli rende tutto)
 FABRIZIO
 Eh non dico, non dico ma vedermi
 strapazzato e deriso...
 FORESTO
 Lo fan sul vostro viso
 per prendersi piacer ma di dietro poi
535le vostre spalle ognun vi reca lode
 e del vostro buon cuor favella e gode.
 FABRIZIO
 Son bon amico e faccio quel che posso.
 FORESTO
 A proposito, amico,
 che facciam questa sera?
540La carozza è venduta,
 sono andati i cavalli
 e da cena non v’è.
 FABRIZIO
                                   Come? In un giorno
 tanti ducatoni sono andati?
 FORESTO
 I debiti maggior si son pagati.
 FABRIZIO
545Io non so che mi far.
 FORESTO
                                        Siete in impegno,
 sottrarvi non potete.
 FABRIZIO
 Consigliatemi voi, se lo sapete.
 FORESTO
 L’orologgio e l’anello
 si potrian impegnar.
 FABRIZIO
                                         Sì, dite bene.
 FORESTO
550Ma non so se denaro
 si troverà abbastanza.
 FABRIZIO
                                           Ecco, prendete
 questa scattola ancora.
 Altro più non mi resta,
 Foresto caro, a terminar la festa.
 FORESTO
555Siete un grand’uom; peccato
 non abbiate il tesor maggior del mondo
 (che presto noi gli vederemmo il fondo).
 Vado a trovar il denaro
 e tosto a voi ritorno.
560Un certo non so che si va ideando.
 Qualor torno saprete il come e il quando. (Parte)
 
 SCENA III
 
 FABRIZIO, poi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Tutto va ben; lo so che mi rovino.
 Ma non importa. Almen anch’io godessi
 da coteste mie ninfe traditore
565un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 (Questa, a dir il vero,
 mi par troppo flemmatica).
 LINDORA
                                                     Non sente?
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 (Io non ricuserei
 di far un poco il cicisbeo con lei).
 LINDORA
570Si... gnor Fa... brizio. (Con caricatura)
 FABRIZIO
                                          Oh cielo! Mi perdoni,
 non l’avevo sentita.
 LINDORA
 Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta enfiata;
 quasi in petto una vena mi è crepata.
 FABRIZIO
575Canchero. Se ne guardi.
 LINDORA
 Sederei volontieri
 ma questa sedia è dura indiavolata.
 Sul morbido seder sono avvezzata.
 FABRIZIO
 Ehi... Ehi reca tosto
580una sedia miglior. (Dal servo li vien portato altra sedia)
 LINDORA
                                     Molt’obbligata.
 FABRIZIO
 Siedi qui, starà meglio.
 LINDORA
                                             Oibò, è sì dura
 cotesta imbottitura
 ch’io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
 Rimediarvi conviene.
585Porta la mia poltrona.
 LINDORA
 Compatisca signor.
 FABRIZIO
                                      Ella è padrona.
 Eccola, se ne servi. (Il servo con la poltrona)
 LINDORA
                                      Oh peggio, peggio.
 No no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
590Eh corpo d’un giudio,
 ora la servo io. (Parte)
 LINDORA
                               Portate via
 la sedia ed il guanciale,
 quel odor di vacchetta mi fa male. (Torna Fabrizio con un matarazzo)
 FABRIZIO
 Eccole un matarazzo;
595di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest’è un strapazzo,
 lo conosco, lo so, no, non credevo
 dover soffrir cotanto;
 (io crepo dalle risa e fingo pianto).
 
    Voglio andar... Non vuo’ più star,
600più beffata esser non vuo’,
 signorsì, me n’anderò.
 Sono tanto tenerina
 ch’ogni cosa mi scompone;
 e voi siete la cagione
605che m’ha fatto lacrimar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 FABRIZIO, poi FORESTO
 
 FABRIZIO
 Si contenga chi può. Corpo del diavolo
 non ne potevo più.
 FORESTO
                                     Signor Fabrizio,
 il principe d’Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitar all’improviso
610stassera una comedia.
 FABRIZIO
                                           Io non ne so.
 FORESTO
 Non temete, ch’io vi contenterò.
 Io sono destinato
 di far da innamorato,
 da innamorata dovrà far madama.
615Lauretta fa la serva,
 il nostro conte farà da genitore
 e voi dovete far da servitore.
 FABRIZIO
 Da servitor?
 FORESTO
                          Cioè la parte buffa.
 FABRIZIO
 Il buffo io dovrò far? Quest’è un mestiere
620ch’è difficile assai.
 Per far ridere i pazzi
 non vi vuol grand’ingegno
 ma far ridere i savi è grand’impegno.
 FORESTO
 Già s’avanza la notte,
625andatevi a vestir, ch’io venirò.
 FABRIZIO
 Farò quel che potrò.
 Mi dispiace il parlar all’improvviso.
 Se fosse una comedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
630dicendo che il poeta è un ignorante.
 
 SCENA V
 
 FORESTO solo
 
 FORESTO
 Certo, non dice mal, sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui.
 Se un’opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella;
635quel ch’ha fallato è il mastro di capella».
 E questo d’aver fatto
 gran musica si vanta
 e che il difetto vien da chi la canta.
 Infine l’impressario
640senza saper qual siane la cagione
 se ne va dolcemente in perdizione.
 
    Perché riesca bene un’opera,
 quante cose mai vi vogliono!
 Libro buono e buona musica,
645buone voci e donne giovani,
 balli, suoni, scene e machine
 e poi basta? Signor no.
 Che vi vuole? Io non lo so!
 Ma nol sa né men chi critica,
650benché ognun vuol criticar.
 
 SCENA VI
 
 Il CONTE col nome di Cintio e FABRIZIO da Pulcinella, LAURETTA da Colomba, LINDORA col nome di Diana e infine FORESTO da Pantalone
 
 CONTE
 Seguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                       Eccomi cà.
 CONTE
 Siccome un’altra nube
 si oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
655coperto il mio bel sol, cui l’altro cede,
 l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parle tidisca, io non t’intendo.
 CONTE
 Fedelissimo servo,
660batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 CONTE
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 CONTE
 Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
665come i comici fanno alla comedia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme na grazia;
 pecché da tozzolare aggio alla porta?
 CONTE
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Cà sulla strada?
 CONTE
670È ver, non istà bene
 che facciano l’amor sopra la strada
 civili onesti amanti
 ma ciò sogliono far i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzolerò ma se qualcuno,
675quando ho battuto io, battesse a me?
 CONTE
 Lascia far; non importa. Io son per te.
 FABRIZIO
 Oh de casa.
 LAURA
                        Chi batte?
 FABRIZIO
                                              Songo io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Patron, chessa è per me.
 CONTE
                                               Chi siete voi,
680quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 CONTE
 Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 CONTE
                                       Deh vi prego,
685chiamatela di grazia.
 LAURA
                                         Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme, peccerella,
 vienence ancora tuie,
 ch’a nce devertiremo fra de nuie.
 LAURA
 Sì sì, questa è l’usanza,
690se i padroni fra lor fanno l’amore,
 fa l’amor colla serva il servitore.
 
    Il padron colla padrona
 fa l’amor con nobiltà.
 Noi andiamo giù alla bona
695senza tanta civiltà.
 
    Dicon quelli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio!»
 Noi diciam senz’altre pene:
 «Mi vuoi ben, ti voglio bene»
700e facciamo presto presto
 tutto quel che s’ha da far. (Si ritira fingendo di chiamar Diana)
 
 CONTE
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piaceresti, o Menarella?
 CONTE
 Ecco viene quel bel che m’innamora.
 FABRIZIO
705Con essa vene Menarella ancora. (Vengono Lindora e Lauretta)
 CONTE
 Venite mio... Venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo mio bene, eccomi qua.
 CONTE
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
 Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
710Ah tu si’ la mia bella.
 LAURA
 Ah voi siete il mio caro Pulcinella.
 CONTE
 A voi donato ho il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d’amore.
 FABRIZIO
 Per te me sento lo Vesuvio in petto.
 LAURA
715Cotto è il mio core al foco dell’affetto.
 CONTE
 
    Vezzosetta, mia diletta. (A Lindora)
 
 FABRIZIO
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
 Pulcinella bello mio.
 
 LINDORA
 
720Che contento, che diletto.
 
 LAURA
 
 Vien, mio bene, a questo petto.
 
 A QUATTRO
 
 Io ti voglio un po’ abbracciar. (Viene Foresto da Pantaleone)
 
 PANTALONE
 
    Ola, ola, cosa feu?
 Abbrazzai? Cagadonai!
725Via caveve, via de qua.
 
 LINDORA
 
    Io m’inchino al genitore.
 
 LAURA
 
 Serva sua, signor padrone.
 
 CONTE
 
 Riverisco mio signore.
 
 FABRIZIO
 
 Te so’ schiavo Pantalone.
 
 FORESTO
 
730El ziradonarve attorno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 CONTE
 
    Vuol ch’io vada?
 
 FORESTO
 
                                    Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anch’io?
 
 FORESTO
 
                             Mi v’ho mandao.
 
 CONTE
 
 Anderò colla mia bella.
 
 FABRIZIO
 
735Anderò con Menarella.
 
 LINDORA, LAURA
 
 Io contenta venirò.
 
 FORESTO
 
 Via tiolé sto canelao.
 Colle putte? Oh questo no.
 
 LINDORA
 
    Signor padre per pietà. (S’inginocchia)
 
 LAURA
 
740Gnor padron, per carità. (S’inginocchia)
 
 CONTE
 
 Deh vi supplico ancor io. (Fa l’istesso)
 
 FABRIZIO
 
 Pantalon, patrone mio. (Fa l’istesso)
 
 FORESTO
 
 Duro star non posso più.
 Via mattazzi, levé su.
 
 A QUATTRO
 
745   Io vi prego.
 
 FORESTO
 
                           Zitto là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro.
 
 FORESTO
 
                           Vegnì qua.
 
    Cari fioi, deve la man.
 Alla fin son venezian,
 m’avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
750Viva, viva Pantalon.
 
 A CINQUE
 
    Viva, viva il dolce affetto;
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
 che consola il nostro cor. (Tutti partono)
 
 SCENA VII
 
 FABRIZIO, poi LAURETA
 
 FABRIZIO
755Ohimè dove m’ascondo?
 Ohimè, che son andato in precipizio.
 Povera Arcadia! Povero Fabrizio!
 È finito il denaro;
 è venduto il vendibile. Ogni cosa
760alfin s’è terminata il giorno d’ieri
 e non v’è da mangiar per i forestieri.
 Oh sorte! Oh cielo! Oh fato!
 Io non so che mi far, son disperato.
 LAURA
 Signor Fabrizio d’ogni grazia adorno,
765io gli auguro buongiorno.
 FABRIZIO
 Grazie a vusignoria.
 LAURA
 Che mai ha, che mi pare
 alterato un tantin?
 FABRIZIO
                                     Mi duole il capo.
 LAURA
 Me ne dispiace, anch’io
770mi sento nello stomaco aggravata,
 beverei volontieri la cioccolata.
 FABRIZIO
 (La solita campana).
 LAURA
                                        Vuol far grazia
 d’ordinarla in cucina?
 FABRIZIO
 (Certo tu non la bevi stamatina).
 
 SCENA VIII
 
 Madama LINDORA e detti
 
 LINDORA
775Signor Fabrizio, amabile e garbato,
 ella sia il ben levato.
 FABRIZIO
                                        Ancora lei.
 LINDORA
 Supplicarla vorrei
 ordinar mi sia data
 la mia colazioncina praticata.
 FABRIZIO
780E in che consiste la sua colazione?
 LINDORA
 Per esempio un piccione,
 due quaglie, una pernice e un francolino
 e una mezza bottiglia di buon vino.
 FABRIZIO
 Mia cara madamina,
785io vi posso esibir la polentina.
 LINDORA
 Sentite, tante e tante
 che fan le schizignose come me
 mangiano la polenta se ve n’è.
 
 SCENA IX
 
 Il CONTE e detti
 
 CONTE
 Nostro eroe, nostro nume, (A Fabrizio)
790giacché nel principato
 anco per questo dì fui confermato,
 impongo che si faccia
 una solenne e strepitosa caccia.
 I cacciator son lesti,
795sono i cani ammaniti, altro non manca
 che il generoso core
 d’ospite così degno
 supplisca dal suo canto al grand’impegno.
 FABRIZIO
 Come sarebbe a dir?
 CONTE
                                         Poco e polito.
800Un sferico pasticcio,
 due volatili alessi,
 un quadrupede arrosto,
 torta, latte, insalata e pochi frutti
 e poi il di lei bel cor contenta tutti.
 FABRIZIO
805Ah non vuol altro? Sì, sarà servito.
 Stamane il desinar sarà compito.
 
 SCENA X
 
 FORESTO e detti
 
 FORESTO
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 Ebben, che c’è di nuovo?
 FORESTO
 È un’ora che vi cerco e non vi trovo.
 Dove diavolo è
810il rosolio, il caffè?
 FABRIZIO
 Oh cancaro, mi spiace! Presto presto.
 Pancrazio, dove sei! (Viene il servo)
 Apri l’orechio bene.
 Servi questi signori come conviene.
 
815   A Lauretta la sua cioccolata,
 a madama un tazzin di ristoro,
 il rosolio a quegli altri e il caffè.
 Poi farai una torta sfogliata.
 (Zitto... ascolta). Farai un pasticcio.
820(Zitto, dico. Non dir: «Non ve n’è».
 
    Già lo so tutto quel che vuoi dire.
 Non v’è robba, non v’è più denaro).
 Non importa; sta’ cheto, l’ho caro.
 Tai pensieri non toccano a te. (Parte col servo)
 
 SCENA XI
 
 Il CONTE, madama LINDORA, LAURETTA e FORESTO
 
 CONTE
825Generoso Fabrizio.
 LINDORA
                                      È di buon core.
 LAURA
 Per le ninfe d’Arcadia è un buon pastore.
 FORESTO
 Signori miei, disingannar vi voglio.
 Il povero Fabrizio è disperato.
 Egli s’è rovinato.
830Ordina di gran cose ma stamane
 non ha due soldi da comprarsi un pane.
 LAURA
 Ma la mia cioccolata?
 FORESTO
 Per stamattina è andata.
 CONTE
 La caccia, il desinar?
 FORESTO
                                         Convien sospendere,
835fin che si trovin quei che voglion spendere.
 LINDORA
 Ma il piccion vi sarà?
 FORESTO
                                          No certamente.
 LINDORA
 Come viver potrò senza ristoro?
 Ahimè, che languidezza! Io manco, io moro.
 CONTE
 Ah madama, madama,
840eccovi sampereglie,
 spirito di melissa,
 acqua della regina,
 estratto di canella soprafina.
 LINDORA
 V’è alcuna spezieria?
 FORESTO
                                         Sì, mia signora.
 LINDORA
845Deh fatemi il piacer, contino mio,
 andatemi a pigliare,
 giacché non ho ristoro,
 della polvere d’oro,
 un cordiale di perle,
850un elixir gemmato
 con qualche solutivo delicato.
 CONTE
 Per servirvi, madama, in un istante,
 pongo lo sprone al cor, l’ali alle piante. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Madama LINDORA, LAURETA e FORESTO
 
 LAURA
 Eh madamina mia,
855so io che vi vorria
 perché ogni vostro mal fosse guarito.
 LINDORA
 E che mai vi vorebbe?
 LAURA
                                            Un bel marito.
 
    Le fanciulle giovinette
 son sogette a certi mali;
860ma non hanno gli speziali
 la ricetta che vi vuol. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 LINDORA e FORESTO
 
 FORESTO
 Che ne dite madama? La ricetta
 piacevi di Lauretta?
 LINDORA
                                        A dir il vero
 un marito genial
865credo ancor io non mi farebbe male.
 FORESTO
 Ma che vuol dir che spesso
 vi vengon svenimenti?
 LINDORA
                                            Io ve lo dico
 appunto come sta. Fingo svenire
 per obbligare il conte
870ch’è tutto complimenti
 a bevere per me i medicamenti.
 FORESTO
 Siete brava davvero.
 LINDORA
                                        Io tale sono
 qual esser deve al mondo
 una donna di brio lieto e giocondo.
 FORESTO
875Eccolo ch’egli viene.
 LINDORA
                                       Andate, andate.
 FORESTO
 Egli v’ama il meschin e lo beffate. (Parte)
 LINDORA
 Io fo così, sian belli o siano brutti,
 per prendermi piacer li burlo tutti.
 
 SCENA XIV
 
 LINDORA e il CONTE con un speziale con vari medicamenti
 
 CONTE
 Eccovi lo spezial, signora mia,
880ed ha mezza con lui la spizieria.
 LINDORA
 Il cordiale.
 CONTE
                       Il cordiale. (Allo speziale) Ecco il cordiale. (A madama)
 LINDORA
 Mezzo voi, mezzo io.
 CONTE
                                        Io non ho male.
 LINDORA
 Quando si serve dama,
 ricusar non si può.
 CONTE
885Dite ben, dite ben, io beverò. (Lo beve mezzo in un bicchiero e dà il resto a Lindora)
 LINDORA
 È gagliardo?
 CONTE
                          Un po’ troppo.
 LINDORA
 Ne vuo’ assaggiar un poco,
 ah no no, non lo voglio, è tutto foco.
 Datemi l’elixir.
 CONTE
                               Eccolo qui.
 LINDORA
890Bevetene voi prima in quel bicchiere.
 CONTE
 Ma io...
 LINDORA
                 Ma voi non siete cavaliere.
 CONTE
 Vi domando perdono,
 vi servo, io bevo e cavalier io sono. (Beve)
 LINDORA
 Vi piace?
 CONTE
                     Niente affatto,
895mi ha posto un mongibel nel corpo mio.
 LINDORA
 Dunque quand’è così, non lo vogl’io.
 CONTE
 Ed io intanto l’ho preso.
 LINDORA
                                              Ohimè mi sento
 lo stomaco pesante,
 ha portato il purgante?
 CONTE
                                             Sì madama.
900È questo un solutivo
 ch’è molto operativo;
 e se voi vi sentite indigestione
 in poch’ore farà l’operazione.
 LINDORA
 Lasciatelo veder.
 CONTE
                                  Eccolo.
 LINDORA
                                                 È troppo
905per lo stomaco mio.
 Mezzo voi il beverete e mezzo io.
 CONTE
 Bisogno non ne ho.
 LINDORA
                                      Che importa questo?
 Prendetelo e bevete,
 se cavalier voi siete.
 CONTE
910Beverò, beverò, sì madamina,
 (lei ha mal ed io prendo medicina).
 LINDORA
 Oibò nausea mi fa, no non lo voglio.
 CONTE
 Io sento un grand’imbroglio
 nello stomaco mio.
 LINDORA
915Conte soffrite voi, che soffro anch’io.
 CONTE
 
    Sì, madama, soffrirò,
 ma mi sento un certo che...
 che vorrebbe tornar su.
 Ahi soffrir non posso più.
920Deh, ch’io vada permettete,
 attendete, tornerò.
 
 SCENA XV
 
 LINDORA
 
 LINDORA
 Povero conte! Al certo mi fa ridere,
 se non mi fesse il rider tanto male.
 Oh povero Fabroni,
925me ne dispiace assai. Ma non ci penso.
 Non vuo’ prendermi affanno,
 s’egli è stato un babion sarà suo danno.
 
    Non voglio affanni al core,
 non vuo’ pensar a guai,
930non ci ho pensato mai
 e non ci penserò. (Parte)
 
 SCENA ULTIMA
 
 Tutti
 
 FABRIZIO
 No, non vuo’ che si dica
 ch’io abbia avuto di grazia
 d’andar in casa d’altri
935doppo aver rovinata casa mia.
 Vuo’ fugir la vergogna e scampar via. (S’incontra in Foresto)
 FORESTO
 Dove signor Fabrizio?
 FABRIZIO
 Vado a far un servizio.
 Aspettatemi qui, che addesso torno. (S’incontra in madama Lindora)
 LINDORA
940Dove correte?
 FABRIZIO
                             (Oh bella!) (S’incontra in Laureta)
 LAURA
 Dove n’andate?
 FABRIZIO
                                (Oh buona!) (Vuol entrare da altro lato e s’incontra nel conte)
 CONTE
 Voi siete prigionier, non vi movete.
 FABRIZIO
 Che vi venga la rabbia a quanti siete.
 FORESTO
 Orsù, signor Fabrizio,
945permettete ch’io parli; ognuno sa
 che siete un galantuomo,
 che siete rovinato,
 che non v’è più rimedio. Ognun vi prega
 che veniate con noi; se ricusate,
950superbia, e non virtù, voi dimostrate.
 LINDORA
 Vi prego.
 LAURA
                    Vi scongiuro.
 CONTE
 Non siate con due donne ingrato e duro.
 FABRIZIO
 Orsù m’arrendo al generoso invito.
 Non è poca fortuna
955per un uom rovinato
 esiger compassion dal mondo ingrato.
 Per lo più quegl’istessi
 ch’hanno mandato il misero in rovina
 lo metton colli scherni alla berlina.
 TUTTI
 
960   Signor Fabrizio
 venga con noi.
 E lieto poi
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
    Vengo e ringrazio
965tanta bontà.
 
 TUTTI
 
    L’Arcadia in Brenta
 è terminata
 e la brigata
 via se ne va.
 
 FABRIZIO
 
970   Andata fosse
 tre giorni fa.
 
 TUTTI
 
    Signor Fabrizio
 venga con noi,
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
975   Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 Fine del dramma