L’Arcadia in Brenta, Bonn, Rommerskirchen, 1757

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera terrena in casa di messer Fabrizio.
 
 FABRIZIO, che dorme sopra una poltrona, e FORESTO
 
 FORESTO
 Oh questa sì ch’è bella!
 Il padrone di casa
 a tutt’i forastieri dà ricetto
 e gli convien dormir fuori del letto,
5con questa bell’Arcadia
 ei si va rovinando; ed io, che sono
 da questo sciocco economo creato,
 or che manca il denar, son imbrogliato.
 Orsù lo vuo’ svegliar. Già s’alza il sole,
10oggi almeno ci vuole,
 fra quei che siamo e quelli che verranno,
 mezza l’entrata sua di tutto l’anno.
 Signor Fabrizio... Eh signor Fabrizio.
 Svegliatevi, ch’è tardi.
15Su via, che s’alza il sole,
 v’ho da dir due parole.
 FABRIZIO
 Che? (Svegliandosi un poco)
 FORESTO
              Svegliatevi.
 FABRIZIO
                                      Sì.
 FORESTO
                                              V’ho da parlare.
 FABRIZIO
 Par... la... te.
 FORESTO
                          Egli si torna a addormentare.
 Su via, messer Fabrizio.
 FABRIZIO
                                               Seguitate. (Si risveglia)
 FORESTO
20Se voi non m’ascoltate,
 non vuo’ parlar da stoico.
 FABRIZIO
 Tengo gli occhi serrati ma v’ascolto. (Dorme)
 FORESTO
 Ben, sapiate che io
 ho il denar terminato
25che voi m’avete dato,
 che per tante persone
 convien fare una buona provigione.
 Che rispondete? Sì dorme di gusto,
 signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                  Già.
 FORESTO
                                             M’avete inteso?
 FABRIZIO
30Ho inteso tutto.
 FORESTO
                                E ben, che rispondete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
 Non v’è denaro?
 FABRIZIO
                                 Oibò.
 FORESTO
                                              Grano?
 FABRIZIO
                                                              È venduto.
 FORESTO
 Quei cavalli indiscretti,
 che mangian tanto fieno,
35si potrian esitar...
 FABRIZIO
                                   Sì. (S’appogia alle spalle di Foresto)
 FORESTO
                                           La carrozza?
 FABRIZIO
 La caroz... za... (S’adormenta)
 FORESTO
                              Eh! Io non sono pazzo
 di volervi servir di matarazzo!
 FABRIZIO
 Sì, la carrozza...
 FORESTO
                               O la carrozza o il carro,
 vi dico in due parole
40che, se non v’è denar, l’Arcadia vostra
 è presto terminata
 e tutta la brigata,
 provista d’appetito,
 grazie vi renderà del dolce invito.
 
 SCENA II
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
45Per dirla, quasi quasi
 or or me n’anderei
 e l’Arcadia e i pastori impianterei.
 Ma se l’anno passato
 son già stato graziato, il dover mio
50vuol che st’anno lo stesso faccia anch’io.
 E poi e poi vi son quelle ragazze
 che mi piaciono tanto
 e spero aver d’innamorarle il vanto.
 Ma diavolo, si spende
55troppo a rotta di collo.
 Voglio un po’ far il conto
 quant’ho speso finora
 e quanto doverò spender ancora. (Tira fuori un foglio ed una penna da lapis)
 
 Aria
 
    Quattrocento bei ducati...
60poverini sono andati.
 Sessantotto bei zecchini...
 sono andati poverini.
 Trenta doppie... oh che animale!
 Cento scudi... oh bestiale!
65Quanto fanno? Io non lo so!
 
    I zecchini sessantotto
 coi ducati quattrocento
 fanno... fanno... Oh che tormento.
 Basta, il conto è bello e fatto,
70perché un soldo più non ho. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Orto che termina al fiume Brenta.
 
 LAURA, GIACINTO, FORESTO, sopra FABRIZIO
 
 A QUATTRO
 
    Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel concento
 degli augelin canori!
75Che bell’udir quest’aure,
 quell’onde a mormorar!
 
 FABRIZIO
 
    Che bella compagnia!
 Fa proprio innamorar.
 
 A QUATTRO
 
    Che bell’udir quest’aure,
80quell’onde susurrar!
 
 GIACINTO
 Bellissima Lauretta,
 nell’Arcadia novella
 bramo che siate voi mia pastorella.
 LAURA
 Anzi mi fate onore
85e vi accetto, signor, per mio pastore.
 FORESTO
 E voi, Lauretta cara,
 seguendo dell’Arcadia il paragone,
 la pecora sarete...
 LAURA
                                   E voi il caprone.
 FABRIZIO
 Bravi, così mi piace.
90Voi quatro in buona pace
 state qui allegramente
 ed il pover Fabrizio niente, niente.
 GIACINTO
 Via sedete, o signore.
 FABRIZIO
                                          Io sederei
 qui volontieri un poco,
95s’uno di lor signor mi desse loco.
 FORESTO
 Intesi a dir fra l’altre cose vere
 che non manca mai sedia a chi ha il sedere.
 FABRIZIO
 (Cappari! Il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto? Aspetta aspetta).
100Amico, una parola. (A Foresto)
 FORESTO
                                      E che volete?
 FABRIZIO
 Parlar di quel negozio.
 FORESTO
 Di che?
 FABRIZIO
                  Non m’intendete? Un capo storno!
 FORESTO
 Dell’arsan.
 FABRIZIO
                              Io!
 FORESTO
                                      Lauretta, adesso torno.
 Eccomi, ov’è il denaro? (S’alza)
 FABRIZIO
105Aspettate un momento.
 Passeggiate un tantino ed io mi sento.
 Ah, ah, te l’ho ficcata. (Siede nel loco del Foresto)
 Oh questa sì ch’è bella!
 Io non voglio star senza pastorella!
 FORESTO
110Pazienza, me l’hai fata,
 ma mi vendicherò.
 LAURA
                                      (Vuo’ divertirmi).
 Bella creanza al certo!
 Dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà? (S’alza)
 FABRIZIO
                                   Ma finalmente...
 LAURA
115Finalmente, vi dico,
 non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURA
                                                   Voi siete
 un bell’ignorantaccio.
 Dirò meglio; voi siete un villanaccio.
 FABRIZIO
 Al padrone di casa!
 LAURA
                                      Che padrone?
120Questa casa, ch’è qui, non è più vostra.
 Questa è l’Arcadia nostra;
 noi siamo pastorelle e voi pastore;
 e non serve che fatte il bell’umore.
 FABRIZIO
 Dice ben.
 FORESTO
                     La capite!
 LAURA
125Non occorre che dite:
 «Voglio, non voglio».
 FABRIZIO
                                         Oibò.
 FORESTO
                                                      Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
 Signorsì.
 LAURA
                    E non è poca
 la nostra cortesia
130che non v’abbiam finor cacciato via.
 FABRIZIO
 Padroni.
 FORESTO
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
 Se non son sordo.
 LAURA
                                   Acciò ben la capisca
 la vostra mente stolta,
 ve lo tornerò a dir un’altra volta.
 
 Aria
 
135   Vogliamo fare
 quel che si pare.
 Vogliam cantare,
 vogliam ballare
 e voi tacete,
140poiché voi siete
 senza giudizio,
 signor Fabrizio.
 Siete arrabiato?
 Via, ch’ho burlato,
145non dirò più.
 
    L’Arcadia nostra
 tutto permette.
 Due parolette
 non fanno male.
150Un animale
 di voi più docile
 già mai non fu.
 
 SCENA IV
 
 GIACINTO, FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Andate col malan ch’il ciel vi dia!
 Che dite voi? Che dite voi, Giacinto,
155del parlar di Lauretta?
 GIACINTO
                                            E non vedete
 ch’ella si prende spasso?
 FABRIZIO
 Corpo di satanasso!
 Cospettonon di Bacco!
 Se me n’ha dette un sacco.
 GIACINTO
160Eppure il di lei sdegno
 parmi d’amore un segno.
 La femina talora
 scaltra finge odiar quel che più adora.
 FABRIZIO
 Possibile che m’ami
165e così mi strappazzi?
 GIACINTO
                                         Io ve lo giuro,
 statene pur sicuro.
 Più volte l’amor suo m’ha confidato.
 Arde per voi.
 FABRIZIO
                           Che amor indiavolato!
 GIACINTO
 È ver? (Mi prendo spasso).
170Sapete la cagione
 ch’or la rese furiosa?
 Perch’è di me gelosa.
 FABRIZIO
                                         Or la capisco.
 Ma che motivo ha mai
 d’ingelosir di voi?
 GIACINTO
                                    Gli affetti miei
175ho confidati a lei.
 FABRIZIO
 Dunque voi pur l’amate.
 GIACINTO
 Purtroppo è ver.
 FABRIZIO
                                 Belleze fortunate? (Tocandosi il viso)
 Giacinto, che ne dite?
 Forse v’ingelosite?
 GIACINTO
                                     Niente affatto.
180Io non sono sì matto,
 s’ella v’ama, signor, io vado via,
 che non voglio impazzir per gelosia.
 
 SCENA V
 
 Madama LINDORA con due braccieri e detti
 
 LINDORA
 Oimè, non posso più. (Indietro)
 FABRIZIO
                                           Che cosa è stato?
 LINDORA
 Ho tanto caminato
185che non posso più.
 FABRIZIO
                                     Vicino è il suo palazzo.
 Men d’un tiro di schioppo.
 LINDORA
 Per le mie pianticine è troppo, è troppo.
 FABRIZIO
 Poverina! S’avanzi e seda.
 LINDORA
 Guardate per pietà
190che non vi siano fiori;
 io non posso sentir cattivi odori.
 FABRIZIO
 L’odor non è cattivo, mi faccia grazia.
 LINDORA
 Ahi! Ahi!
 FABRIZIO
                     Qualche disgrazia?
 LINDORA
 Maledetto giardino!
195Ho sentito l’odor di gelsomino.
 FABRIZIO
 Vuol che lo butti via?
 LINDORA
                                         Sì, ve ne priego.
 FABRIZIO
 Vattene, o tristo vaso,
 che di madama hai conturbato il naso!
 Via, s’avanzi un tantino.
 LINDORA
200Adaggio, pian pianino. (Ai braccieri)
 Mi volete stroppiar. Voi lo sapete.
 Son delicata assai...
 Tre passi in una volta non fo mai.
 FABRIZIO
 Come dunque farà a salir le scale?
 LINDORA
205Tacete, mi vien male
 solo in pensarlo.
 FABRIZIO
 Ma gran delicatezza.
 Credo provenga dalla gran bellezza.
 LINDORA
 Non dico; ma può darsi.
 FABRIZIO
210Certo, signora sì.
 LINDORA
 Quando lo dice lei, sarà così.
 Anderò, se si contenta,
 le amiche a ritrovar.
 FABRIZIO
                                        Ma non vorrei
 che troppo affaticasse;
215prima che sia arrivata
 per lei ci vuole almeno una giornata.
 LINDORA
 Anderò così bel bello,
 se si contenta lei, signor Fabrizio.
 FABRIZIO
 Ah vada, vada (che mi fa servizio).
 
 Aria
 
 LINDORA
 
220   Riverente, a lei m’inchino.
 Ehi, braccieri; qua la mano.
 Venga presto... Andate piano.
 Venga poi... Non mi stroppiate.
 Correr troppo voi mi fate;
225mi vien mal, non posso più.
 
    Via, bel bello, andiamo avanti,
 le son serva, addio, monseur.
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO, poi il servo
 
 FABRIZIO
 Sia ringraziato il ciel che se n’è andata!
 Ma cresce la brigata
230e il denar va mancando; e la carrozza
 sarà vendutta ed i cavalli ancora.
 Pazienza, almen ho il gusto
 di veder due ragazze innamorate
 che per me tutte due son spasimate.
235Oh! Diavolo che dici? (Al servo)
 Viene il conte Bellezza; venga, venga.
 Giacché alla casa s’ha a veder il fondo,
 venga pur tutto il mondo.
 
 SCENA VII
 
 Arriva un burchiello da cui sbarca il conte BELLEZZA
 
 FABRIZIO
 Poh! Che gran signorone!
240Costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
 Permetta, anzi conceda
 che prostato si veda
 al prototipo ver de’ generosi
 l’infimo de’ suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
245Servitor obligato.
 CONTE
 La fama ha publicato
 i pregi vostri con eroica tromba;
 l’eco intorno rimbomba
 il nome alto sovrano
250di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 CONTE
 Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
 benché il merito mio sia circonscritto,
255nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de’ miei padroni.
 CONTE
 Ah! Mio signor, perdoni
 se tracotante, ardito,
 prevenendo l’invito,
260per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S’ella bramasse
 riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
 accettarò l’onore
265che l’arcisoprafina sua bontà
 gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio,
 servi questo signor. (Al servo)
 CONTE
                                        L’essuberanza,
 anzi l’essorbitanza
270delle grazie, onde lei m’ha incatenato...
 FABRIZIO
 Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non fia mai vero
 ch’io manchi al dover mio...
 FABRIZIO
 Vada lei, mio signore, o vado io.
 
 Aria
 
 CONTE
 
275   Non s’adiri di grazia, ch’io taccio.
 Non vo’ darli più noia né impaccio.
 Bramo solo... Sto zitto e non parlo,
 più non ciarlo, credetelo a me.
 
    Ma tal pena chi puol mai soffrire?
280Io star cheto? Mi sento morire;
 signor caro... ho finito, in mia fé.
 
 FABRIZIO
 Con due pazzi di più nella brigata
 ora l’Arcadia in Brenta è accomodata;
 povero il mio cervello,
285non so più dove sia. Madama smorfia
 non può sentir odori;
 camina a passo lento
 e sin il stranutar gli dà tormento.
 Strana caricatura
290col piede in positura, parla in guisa
 che la giente crepar fa dalle risa.
 
 SCENA VIII
 
 Madama LINDORA e poi il conte BELLEZZA
 
 LINDORA
 Dove Laura e Rosanna,
 dove mai sono? Ohimè, che nel cercarle
 dalla sala alla stanza
295ho tanto caminato
 che mi sento di già mancar il fiato.
 Vorrei seder un poco.
 Chi è di là? V’è nessuno?
 CONTE
 Madama, vi son io.
 LINDORA
300Da sedere... Oh perdoni!
 Non l’avevo veduto.
 CONTE
 A tempo son venuto. (Gli dà la sedia)
 S’accomodi.
 LINDORA
                         Mi scusi...
 CONTE
 Anzi al provido ciel le grazie io mando,
305perché degno mi fe’ di suo commando.
 LINDORA
 Non mi dispiace, è tutto gentilezza.
 Ma chi è lei, mio signore?
 CONTE
 Son il conte Bellezza,
 un vostro servitore,
310obligato, divoto e profondissimo.
 LINDORA
 Anzi mio padronissimo.
 CONTE
 Deh mi conceda l’alto onor sovrano
 di poterle bacciar la bianca mano.
 LINDORA
 Mi contento.
 CONTE
                          Sian grazie al cielo, al fato;
315generosa madama, io son beato.
 Eccomi, alzate un poco.
 Ancora un poco più.
 LINDORA
                                       Non mi stancate.
 CONTE
 Ma, se non vi fermate
 per un momento solo...
 
 SCENA IX
 
 FABRIZIO e FORESTO e detti
 
 FABRIZIO
320Signor conte Bellezza, io mi consolo.
 FORESTO
 Ancor io ma di core.
 CONTE
 (Indiscreta fortuna!) Ma di che?
 FABRIZIO
 Il principe lei è
 per tutto questo dì d’Arcadia nostra.
 CONTE
325È gentilezza vostra,
 non già merito mio.
 FABRIZIO
 Anzi i meriti vostri a noi son noti
 e creato v’abbiam con tutti i voti.
 LINDORA
 Anch’io l’Arcadia lodo
330e d’esservi soggetta esulto e godo.
 CONTE
 Ah che più goderei
 il bramato piacer de’ labbri miei.
 FORESTO
 A voi, principe degno,
 del suo rispetto in segno
335manda l’Arcadia vostra
 questo serto di fiori.
 LINDORA
 Ahi! Mi fate morir con questi odori.
 FABRIZIO
 Via, madama Lindora
 non li può sopportar.
 CONTE
                                         Deh riponete
340questo serto fatale.
 LINDORA
 Mi sento venir male.
 FABRIZIO
 Presto, presto, tabacco.
 LINDORA
                                            Sì, tabacco.
 FABRIZIO
 Prenda.
 LINDORA
                  È troppo granito,
 se lo prendo, potria maccarmi un dito.
 CONTE
345Questo è fino assai più.
 LINDORA
 Non mi piace, signor, va troppo in su.
 FORESTO
 (Ora l’aggiusto io.
 Con questa stranutiglia
 mi voglio divertir con chi ne piglia).
350Prenda, prenda di questo.
 È foglia schietta, schietta e leggierissima.
 LINDORA
 Questo, questo mi piace, obligatissima.
 FORESTO
 Commanda? (Il conte prende tabaco)
 CONTE
                            Mi fa grazia. (Prende tabaco)
 FORESTO
 E voi? (A Fabricio)
 FABRIZIO
                Mi fate onore. (Lo prende anche lui)
 FORESTO
355(Voglio rider di core,
 la stranutiglia vera
 li farà stranutar sino alla sera). (A parte)
 FABRIZIO
 
    Vada, vada. (A Lindora)
 
 CONTE
 
                             Anzi lei. (A Lindora)
 
 LINDORA
 
 Anzi lei. Vada. Eccì. (Stranuta)
 
 FABRIZIO, CONTE
 
360Viva, viva.
 
 LINDORA
 
                       Grazie. Eccì. (Stranuta forte)
 Ahi! Eccì. Ahi! Eccì. (Si getta a sedere)
 
 FABRIZIO
 
 Poverina!
 
 CONTE
 
                     Presto. Eccì. (Stranuta)
 
 FABRIZIO
 
 Che bel garbo! Son qua io.
 Forti. Eccì. (Stranuta)
 
 CONTE
 
                        Alto. Eccì. (Stranuta)
 
 LINDORA
 
365Aiutatemi... Eccì.
 
 CONTE
 
    Che tabacco... Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Maledetto... Eccì, eccì.
 
 A TRE
 
 Che tormento... che mi sento...
 più non posso, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
370   Via madama, non è niente.
 
 FABRIZIO
 
 Che tabacco impertinente!
 
 LINDORA
 
 Aqua fresca per pietà. (S’alza)
 
 CONTE
 
    Vado a prenderla, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Ve la porto, eccì, eccì.
 
 LINDORA
 
375Il mio naso, la mia testa,
 il mio petto, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
 V’è passato?
 
 LINDORA
 
                          Signorsì.
 
 FABRIZIO
 
 State meglio?
 
 LINDORA
 
                            Par di sì.
 
 A TRE
 
    Dunque andiamo in compagnia
380a goder con allegria
 dell’Arcadia il primo dì.
 
    Vada, vada. Eccì, eccì,
 maledetto tabaccaccio!
 Oh, che impaccio! Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO, CONTE
 
385Favorisca...
 
 LINDORA
 
                        Signorsì.
 
 FABRIZIO, CONTE
 
 Faccia grazia...
 
 A TRE
 
                              Eccì, eccì.
 
 Fine dell’atto primo