Così è, così è signore mie,
contribuir. Non contrafarla in modo
che s’abbia a dir: «Quella fanciulla è bella
ma spogliatela poi, non è più quella»;
correggerlo convien ma con dolcezza.
procurar che risalti e far di tutto
che piaccia il bello e non dispiacia il brutto.
la contessa Marianna. Oggi, il sapete,
questo prossimo onor vi cederei.
Bene, ed io di buon cuor l’accetterei.
L’accetterebbe? (A Costanza)
è arrivato a Milan; non può sapersi
se sia brutto o sia bel, goffo o compito.
Io non cerco beltà, bramo un marito.
che il suo giorno verrà per ella ancora.
forse ancora per voi che il genitore
del vostro cuore disporrà; se mai
qualche foco nutriste in seno ascoso,
vedrete qual piacer rechi un tal sposo.
cotta è la poverina e quasi quasi
vorrei dire di chi; quel giovinotto...
ch’egli è la fiamma sua. Farebbe male
per tema o per viltà. Voglio saperlo;
vo’ che a me lo confidi. Ho compassione
di lei, dell’amor suo; vo’ consolarla
ed ho spirto ed ho cuor per aiutarla. (Parte)
piace a me pure e se la mia germana
sposasse il cavagliere, anch’io potrei
sollecitare gl’interessi miei.
non sposa il cavaglier, fattevi innanzi
Sto a veder, sto a osservar, per regolarmi,
sia con questo o con quel vo’ maritarmi.
La compatisco affé, la soggezione
è una cosa assai dura. È ver che spesso
è più soggetta ancor d’una fanciulla;
ma questo non fa nulla, è un’altra cosa,
si può sempre ingegnar, quand’una è sposa.
che a momenti verrà, che si prepari
a ricever lo sposo e che non faccia
le scene che suol far la sua testaccia.
Perché dite così? La contessina
docile mi parea, mi parea buona.
l’ho obbligata a segnar del matrimonio,
non la conosco più, pare un demonio.
Parla e dimmi, se sai, qualche ragione.
Se avesse un altro amante...
Ha un amante mia figlia? (Con sdegno)
Se penetrar potessi... Non può stare;
mi conosce mia figlia e non pavento.
dar la mano di sposa al cavagliere.
Per timor, per impegno o per rispetto,
converrà che lo prenda a suo dispetto.
noi dobbiamo obbedir; ma in queste cose
usarci carità, che finalmente
e ci dobbiamo star, finché viviamo.
Aiutarvi vorrei ma è un po’ difficile.
che ha diversi difetti, ha quel fra gli altri
d’ostinazion ch’ogni difetto avvanza
e ch’ei chiama virtù, seno e costanza.
Oh signora, signora, in questo punto
ed ora allo stalier fa un complimento.
Dite, è in casa il padron? (A Bertolina)
Tanto meglio per noi. (A Marianna) Andate subito, (A Bertolina con premura, con foco)
Ma che bel servitor che ha il cavagliere. (A Lucrezia)
È un bocconcin da re. (Parte)
(S’è qualcosa di buon lo vo’ per me).
tu d’inutili cose altrui ragioni;
e mi lasci dolente e m’abbandoni.
Son qui, son qui per voi, vediamo un poco
quello che si può far. Sì; ricevetelo.
Vi dico di sì; finger conviene.
Mettetevi al telaio e lavorate.
State zitta, sedete e secondate. (Si leva il suo grembiale e lo mette a Marianna, sempre collo stesso foco, per far spiccare la mutazione di carattere)
il signor cavaglier, se si contenta. (Con gravità)
Ah il mio povero cuor trema e paventa. (Siede al telaio e lavora)
mi confonde, signor, sieda, s’accomodi.
di rispetto, d’amor segni primieri.
Vuol bacciarmi le man? Ben volontieri.
Siedo per ubbedir. Chi è quella giovane?
Mi permetta... (A Lucrezia alzandosi)
Per un momento (Si accosta a Marianna)
cameriera gentil della mia sposa
Mi perdoni signor. (Fremo di sdegno). (Ricusa la tabacchiera)
Perché tal rustichezza? (A Lucrezia parlando di Marianna)
È modestia signor. Su via prendetela. (Leva la tabacchiera di man al cavaliere)
Lo comando, lo voglio e non mi fate
(La tabacchiera è mia). Sieda e ragioni. (Al cavaliere con gravità, siedono)
vi facesse del mal. (A Lucrezia)
per queste cose non mi scaldo il sangue.
ha ella fatto buon viaggio?
L’avrà fatto venir senza fatica.
è una bella città, mi piace assai.
oh amorosa espression che mi consola.
Or conosco mio ben che voi mi amate.
Ho piacere signor che il conosciate.
(Che vedo!) (Osservando Leandro)
ella v’additerà certo disegno,
parto del mio buon gusto e del mio ingegno. (A Leandro)
Qual disegno sia questo?...
Andate lì. (Si alza e spinge Leandro verso Marianna e Leandro si accosta al telaio)
pieni più d’ambizion che di sapere,
han timor che si rubi il lor mestiere. (Al cavaliere)
Han ragion di temer; poiché dal vostro
svergognato sarebbe Appelle istesso.
Questo di sua bontà, questo è un eccesso.
Questo non sarà mai. (Voltandosi con empito)
Con chi parlate? (A Leandro)
Gelosia di mestier; non gli badate. (Al cavaliere)
(Che m’avesse a scoprir io non vorrei). (Da sé)
(Non avete cervello!) (Piano a Leandro) Eccommi a lei. (Al cavalier inchinandosi)
Non la capite ancor? (Alzandosi)
ma la mia gelosia mi avea stordito.
bastivi di saper che ad altro oggetto
questa man non darò, che vostra sono.
itene per pietà. Tremo e pavento.
Quando, o dei, finirà sì rio tormento. (Parte)
dubitare non può; d’altri il mio core
non sarà mai. Ma lusingar non posso
di passar lieti i nostri giorni insieme.
Cos’è avvenuto? (Timorosa)
il servitor del cavalier; mi piace. (Mettendosi il grembiale)
Se operato ho per voi, vo’ far per me.
Non mi tradir, ch’io sol confido in te. (Parte)
tanto il servo è gentile e Bertolina
di far le grazie e prendermi la mano.
che lei la sposa sia del mio padrone.
non ho niente che dir ma circa poi
all’aria maestosa e graziosissima,
ella sembra padrona e padronissima.
Oh che grazia, oh che vezzo, oh che bellezza!
manda alla sua padrona... Ma! Cospetto.
Mi manda il mio padron con queste gioie,
perché io abbia l’onor di presentarle...
Potete intanto consegnarle a me.
Alla signora le presenterò.
(Queste non son per me; le guarderò).
Scusatemi, signor, siete ammogliato?
che si attacchi al suo peggio e che mi sposi.
Fortunata sarà chi ha tal ventura.
vado per un affar. Ci rivedremo.
(Non ho veduto mai grazia simile).
quello che fa per me. Buona allegria,
cuor aperto, bellezza e buon talento,
se l’avessi a pigliar, sarei contento.
l’esterno è bello assai. Quel che si vede
ma è donna, è donna e non si vede il cuore.
ha fatto il suo dover. Ne son contento
e lo sposo ancor più. Di’, Bertolina,
ch’ero contro di lei furente, irato?
Sì signor, sì signor. (Non le ho parlato).
Così bisogna far con queste giovani
Non v’è alcun dubbio. Il cavaliere istesso
la vide, le parlò, da lei fu accolto...
bene, come io volea, perfettamente.
che le minaccie mie fatto han del frutto.
(Povero vecchio! Se sapesse tutto!) (Da sé)
per le nozze vicine. Io delle spese
vo’ rilegger la nota. (Si mette da un canto leggendo una carta scritta e non bada a quel che siegue)
Ho stracciato il grembial. Tenete amica,
portatelo di là per cortesia. (Dà il grembiale a Bertolina)
Via fatemi il piacer, buona ragazza.
Qualche volta da ver mi sembra pazza. (Parte e porta via il grembiale)
Farò quel che potrò per riuscir bene).
Ma dov’è il cavaliere? Eccol ch’ei viene. (Si mette in serietà e va incontro al cavaliere per allontanarsi un poco più dal conte)
la mia sposa, il mio ben.
la seria applicazion del genitore. (Piano)
non l’aveva veduto. E quando, o cara,
che potrò consolar l’ardente affetto.
Verrà. (Con affettata tenerezza)
Sì sì verrà. (Come sopra)
Non temete di me. Son delicato. (Al conte)
Nulla, nulla, scherzai. Quando volete
che si tarda, o signor, per me un tormento.
vi ho da dir qualche cosa in confidenza.
che oggi o dimani voi sarete sposa.
voi che, sia per amore o per dovere,
prometteste la mano al cavaliere.
dato l’assenso a queste nozze.
mi abbia posta in impegno).
Che volevate dir? (Finger conviene).
Tacqui, vi rispettai ma adesso poi...
Leandro... (che dirò?) non è per voi.
ad un la mano ed a quell’altro il cuore.
discoperta, palese; eccomi alfine,
nel caso rio di rendermi infelice.
Presto, presto, signora...
il mio cuor, l’amor mio per tua cagione.
Confesso, ho fatto male; io non dovea
schernire il cavalier, far che a Leandro
di parlare con voi fosse permesso;
dovea farlo venir per concertare
Voi avete ragion, lo mando via. (In atto di partire)
Lo voglio licenziar. Son troppo ardita. (In atto di partire)
Mi fate compassion. Voi non sapete...
or ve lo mando qui. Farò la guardia
perché non venga alcun; ma fate presto.
Concertate con lui, ch’io farò il resto. (Parte)
Io non so che pensar... Ma vien Leandro,
saprò forse da lui... Deh per pietade,
son preziosi per noi. Non li perdiamo
né in querele né in pianti, udite, o cara,
che natura vi diè. Cedete a lei
la preminenza delle nozze e poi
amor col tempo opererà per noi.
i miei dritti non sol ma de’ miei giorni,
ma della vita mia la miglior parte.
Ma inutile è il pensier, vana è l’impresa,
poiché so che di voi Costanza è accesa.
mi ha scoperto il suo cuor.
disingannar le sue lusinghe ardite.
No, celate l’arcano e altrui nol dite.
tutto precipitar. Solo a Lucrezia
scorgo ch’ella mi è fida e in lei sol spero.
ch’io prevedere non potea. Costanza
d’un riccamo di gusto un buon disegno.
Eccovi il calamaio, eccovi un foglio.
Quel che sapete far vedere io voglio.
così non si risponde; un uom che paga
vuol essere servito. In mia presenza
O, vel giuro, di qui non uscirete.
mi trova in queste stanze!) Ma... perdoni...
Uno schizzo da voi pretendo e voglio.
(Forza è provarmi per uscir d’imbroglio). (Va al tavolino e siede)
Come! Leandro qui? Come? Perché?
ch’ei mi faccia un disegno. (Al conte)
Di un vestito novel per la mia sposa.
qual disegno ei farà sopra di voi.
Scusatemi signor... (Al conte)
di persistere ancor, senza rossore,
a venire in mia casa a far l’amore.
Via non c’è male, (Al conte)
s’egli è da maritar, non è gran colpa
ch’egli faccia l’amore a una fanciulla.
Voi parlate così? (Al cavalier con meraviglia)
perché son giusto e galantuomo io sono.
che dovete sposar la mia figliola,
voi parlate così? (Al cavalier con più forza)
ch’egli sposi, se vuol, la cameriera?
La cameriera? (A Leandro con sorpresa ma senza finzione)
Sì signor, Lucrezia. (Pronto)
(Voglio dissimular ma non lo credo). (Da sé)
ch’egli fosse invaghito? (Al conte)
Confesso l’error mio. Non so che dire.
che per la serva concepire affetto.
(Non vuo’ che il cavalier entri in sospetto).
Compatitelo adunque. Io lo proteggo
siate veloce esecutor. Io voglio
un disegno... un disegno... verbigrazia,
fatto con precisione e buona grazia.
signor disegnator, parliamo chiaro.
Ella dirvi potrà s’io dico il vero.
(Seconderà la mia invenzione, io spero).
Mi consolo con lei. Leandro adunque,
arde al vago splendor delle sue ciglia?
dite la verità. (Passa nel mezzo vicino a Lucrezia)
son pronta e lo dirò, questo signore
Egli non pensa a me punto né poco.
Come! Voi m’ingannate? (A Leandro)
(Non mi voglio imbrogliar col mio Pasquino).
Per chi adunque vien qui? Per chi si finge
disegnator? Quale disegno ha in mente?
Presto, dimmi, favella. Ah son furente. (A Lucrezia)
chi si fida di voi. (A Lucrezia)
Voglio tutto svelar. Signor padrone (Passa e si accosta al conte)
voi saprete l’amor di quel zerbino.
Sì, guardatemi ben, non ho paura, (A Leandro)
(Secondatemi pure e non temete). (Piano a Leandro e parte)
So il vostro antico amor, vedo, conosco
la pettulanza vostra e saprò bene
vendicarmi di voi, qual si conviene.
Eh venite con me, non dubitate. (A Costanza)
datele un’occhiatina. Eccola qui. (Al conte)
al vostro genitor quel che poc’anzi
e negatelo poi, se cuore avete. (A Leandro)
Questa è una novità che mi sorprende.
amante di Marianna? (A Leandro)
per la germana vezzosetta, esperta.
(Credi tu ch’egli m’ami). (Piano a Lucrezia)
(Oh ne son certa). (A Costanza)
(Vorrei sentirlo confermar da lui).
quella difficoltà che avea per l’altra.
la parola, l’onor, tutto volea
ch’io serbassi Marianna al cavaliere;
or riprendiamo l’amicizia nostra.
Ah se esitate anche un minuto,
vi assicuro, signor, siete perduto. (A Leandro)
ch’ei dovrebbe parlar. Ma la germana
proibito le avrà... (Verso Leandro)
Seguitando a tacer voi vi perdete. (A Leandro)
Che? Vuol farsi pregar? Le mie figliole
O faccia il suo dover, se ciò le aggrada,
o mi levi il disturbo e se ne vada.
Timido è per natura e non ardisce.
Incomincia a parlar, poi non finisce. (Al conte)
Voi bramate Costanza? Signorsì. (A Leandro)
E voi gliel’accordate? Sì signore. (Al conte)
D’una parte e dall’altra il passo è fatto.
Andar potete a stendere il contratto.
Prima che la zampina allunghi il gatto,
a me tocca di far quel che va fatto.
ha che fare con me. Partite e poi
quando tempo sarà verrà da voi.
(Non mi guarda né men; non so che dire;
se modestia è la sua, non mi dispiace;
ma con Marianna mi pareva audace). (Parte)
farem la scritta ed in un tempo stesso
si faranno in un dì due matrimoni.
svegliatevi una volta. Io non comprendo
all’età giovenil. Negli anni vostri,
quando io sentiva a ragionar d’amore,
rideva il labro e mi brillava il cuore.
Qual caso è il mio! Qual avventura orrenda!
Mi avvilisce, mi opprime e non mi lascia
campo di respirar. Darò la mano
a Costanza! Non mai. Scoprirò dunque
l’inganno al genitor! Né meno. Oh stelle!
l’adorata beltà che il cor m’accende;
vittima del suo sdegno amor mi rende.
intricando si va; ma non dispero
il bandolo trovar. Tempo e mi basta.
far che ognun mi ringrazi e ognun respiri.
voi principiate a tormentarmi il cuore.
le donne non von essere assediate.
di un tenero amator vi reca tedio?
Voi la sfuggite e la chiamate assedio.
senza offender l’amor che a voi mi lega,
parmi più compiacente e men severa.
s’ella vi piace più, se la trovate
conforme al genio vostro...
Se volete Costanza, io ve la cedo.
Pietà, perdono. (S’inginocchia a’ piedi di Lucrezia)
(Ah ah scoperto ho il ver. Si prende spasso
Come rimedierò?) Signore, andate. (Al cavaliere)
v’ama, vi stima ed ha pietà di voi.
Ah respira il mio cuor... (Alzandosi)
Siate più cauto e subito partite.
Vorrei dire di più ma non ardisco. (Parte)
col mio Pasquino ed imbrogliar l’affare).
Ah il mio caro Pasquino...
Ella troppo si abbassa, è troppo buona.
Troppo onore mi fa la mia padrona. (Ironico)
ch’ella finga di più? Si è divertita
abbastanza finor. Son servitore
io per buffon non ho servito ancora.
il mio padrone, sviscerato amante,
alla sua sposa inginocchiato innante.
Alla sua sposa? (Ridendo)
Era a’ miei piedi inginocchiato, è vero.
La padrona (Con forza per essere ascoltata)
di placar i suoi sdegni. Io non voleva
meschiarmi in tal affare ed ei meschino,
per pregarmi di cor, si è inginocchiato.
Bertolina. (Chiamandola verso la scena)
Mi ha detto la padrona...
la sposa, la maggior, mi ha comandato
di accomodarle il finimento nuovo
di pizzi d’Inghilterra. Io da me sola
tutto non posso far. Voi lo vedete
e spero che anche voi m’aiuterete.
E il mio grembial stracciato
Ve lo potete accomodar da voi.
Sì sì, avete ragione. (E ben, che dite?
Siete sicuro ancor?) (Piano a Pasquino)
per burlarvi di me). (Piano a Lucrezia)
Signor padrone. (Chiamando verso la scena)
la contessa Marianna, vostra figlia,
Questa sera o diman, quando vorrà. (Parte)
Siete convinto ancor! (A Pasquino)
Comodatevi pur. (Tutto per lei). (Da sé)
Voglio andare in un loco e voi verrete
in maschera con me). (Piano a Pasquino)
(Sì di buon cuore). (Piano a Lucrezia)
(Voglio con libertà parlar d’amore). (Da sé)
non vi è niente di male. Un certo affare
Non crediate che sia malizia espressa.
Sono, il sapete, l’innocenza istessa. (A Bertolina. Parte)
la sua semplicità mi piace molto.
di creder quel che dice? E non vedete
che sa dire, e sa far la gatta morta.
è il saper s’ella sia la cameriera.
Poco più, poco men, so che è lo stesso
e so l’arte qual sia del vostro sesso.
Volea dire di più ma sul più bello
il coraggio mi manca. Volea dirgli
che stimi il di lui merto; volea dirgli
ch’altre vi sono e che vi sono anch’io
ma non è sì sfacciato il labro mio.
la canzon non ho fatta e poi l’autore
delle donne vuol dir di mal odore.
È una cosa crudel con questi autori,
senza che delle donne dican male.
potrei desiderar. Se voi volete...
(A poco a poco arriveremo al segno).
Oh cosa vedo! Il mio padron. (Guardando fra le scene)
non mi conoscerà. Vo’ divertirmi.
Voi fatemi un piacer. Andate subito
per me una limonata. Al cavaliere
d’esser la sposa sua, la mia padrona.
Mi permettete di scherzare un poco?
profittare potrei. Mi sugerisce
Voglio tutto tentar; son nell’impegno.
qualche cosa comprar che le piacesse,
un ventaglio di gusto, una cosetta... (Lucrezia si accosta al cavaliere e gli fa un inchino)
Voi conoscete me? Voi sospirate?
Oh ciel! Voi m’incantate. (Siamo soli).
Or della sposa mia non ho paura.
E voglio approfittar dell’avventura. (Guarda d’intorno)
(Se si lascia allettare e se fa il matto,
il disegno va bene e il colpo è fatto). (Da sé)
Corpo di Bacco! Un voglio in vita mia
non ho sofferto ancor da chi che sia.
Voi avete ragion ma è inviperita.
queste son bagatelle e quando mai...
Le donne hanno a soffrir di peggio assai.
che gliel’ho detto anch’io. Ma è ostinatissima.
Scusatemi, signor, se un mio consiglio
fate quel che dich’io. Date marito
alla seconda figlia. Il cavaliere,
che placare Marianna invan procura,
Costanza sposerà, ne son sicura...
la cura d’operar, bastami solo
che mi date di ciò il consentimento.
Sì, levami d’attorno un tal tormento.
Ho fatto il primo passo e il più importante
ma ecco il cavalier. Conosco il debole.
So che vano e superbo è di natura.
Irritarlo convien con sprezzatura.
a me più non convien. Per me è finita.
mi ha posta in libertà. Tenga, signore,
tenga le gioie sue. Non più parole. (Gli dà lo scrigneto)
Le doni a chi le par, sposi chi vuole. (Parte)
Saprò riffarmi e vendicarmi anch’io.
(Ecco qui il cavaliere. Mi dispiace
lasciar Leandro; ma se il genitore
di far il cambio mi consilia anch’esso,
l’uno o l’altro sposar per me è lo stesso).
(Son stordito. Non so quel ch’io mi faccia,
di costei vendicare i torti miei,
soddisfato, contento io partirei).
(Ah la fortuna (Osservando Costanza)
(Io non ardisco d’essere la prima
E colle gioie vi offerisco il core.
non ha stima per voi, non sente affetto,
gradisco il dono e il vostro core accetto. (Prende lo scrigno)
geloso del mio onor, ripara il torto.
Voi sarete il mio bene, il mio conforto.
Or le gioie son mie; se mai nascessero
degli accidenti non previsti e strani,
queste non escon più dalle mie mani. (Parte)
Costanza sposerò che è di buon cuore.
il nome si cambiò nell’istromento.
Mi consolo con lei ma se il permette,
vorrei un poco maritarmi anch’io.
Ch’è una ragazza spiritosa e bella.
Non badare a colei; tu sei gabato.
per un disegnatore ed io medesimo,
protettore di lui, preso ho l’impegno
di far ch’ei giunga delle nozze al segno.
mi schernisce così? Vo’ che mi senta,
di una burla simil vo’ che si penta. (Parte)
Spiaccemi per Pasquin ma la parola
Mi consolo di cuor col cavaliere.
a far il mio dover. Son contentissima
che sposiate Costanza. Il ciel vi renda
ora cognato mio saremo amici.
non voglio che ci sia fra noi che dire,
ogni rissa, ogni sdegno ha da finire.
una prova desio che me ne diate.
Tutto farò per voi. Deh comandate.
venga il disegnator colla fanciulla.
Il disegno, signor, non è finito. (Al cavaliere)
Non temete, che or or sarà compito. (A Leandro)
foste voi protettore e testimonio
di questi innamorati al matrimonio.
di far che il padre non lo prenda a sdegno.
Avete inteso? (A tutti due)
poi andate a finir di disegnare. (A Leandro)
Lo vado a prevenir di tai sponsali. (Parte)
Io vi lascio signori e m’incamino
ad operar per me col mio Pasquino. (Parte)
se non approva il genitore...
mi ha promessa Costanza; o l’una o l’altra
siete entrambe sue figlie.
ho l’usato timor che mi martora.
Sì, Bertolina mia, voi siete buona.
del ben che le volea son già pentito.
Sì, son buona, egli è ver, ma non crediate,
ch’io vi voglia servir di comodino.
(O disgraziato). (Ascolta da lontano)
(Non ne voglio di più, voglio andar via). (Parte)
quando in collera son con la sua bella,
ma ritornano poscia al primo loco. (Parte)
Ha ragione, ha ragione, approffitarmi
con quest’altra fraschetta ingannatrice,
che or sarei più contento e più felice!
e per questo e per quello, io sarò dunque
la sola maltrattata e malcontenta?)
Ella, padrone mio, non sa ch’io sia.
Pure son qui; mi scordo del passato
Ecco porgo la mano alla mia sposa.
Ti stringo di buon cor, mano amorosa.
che la vostra Lucrezia cameriera
si mariti con un che piace a me.
Ben volentieri. Chi è di là?
Favorisca signora. (Verso la scena) Eccola qui.
che Pasquino alla fin mi avria gabbata).
E lo sposo son io per obbedirla.
Che inganno! Che finzion!
Si contenti per or della sua sposa.
Venga signore (Verso la scena)
i favori a goder del protettore.
Chi è Marianna? (Al conte)
Questa è la figlia mia. (Al cavaliere)
Ecco quella, signor, ch’ella ha sposato. (Additando Costanza)
dal padre ingiustamente violentata
ad essere contenta e consolata.
La burla a tutti due ci ha caricata.
Io mi acquieto e l’approvo e non mi pento.
Quietatevi ancor voi, siate contento.