per la serva ancor io smanio egualmente.
di darmela ha promesso in questa sera.
attualmente la fa, che in tutto il giorno
farla non ha potuto e che qualora
non ne ho forse ragion? Star qui a quest’ora
al caffè della Luna e là aspettate.
non tardar a venir. Se mai la lettera...
la lettera non vien, di’ a Marinetta
Sì signor, sì signor, verrò diviato.
Siete qui? Non lo sento; se n’è andato.
Marinetta veder... Ma sento gente.
da vicino parlarvi e stabilire
il tempo e il modo di sposarvi.
di quel briccone di Fabrizio.
Le mura del giardin, voi lo sapete,
forse non si potrà, perché il giardino
più basso è della strada.
ci metterò una scala e voi verrete
questa notte a trovarmi e parleremo
e il giorno delle nozze accorderemo.
(Questa volta, briccon, ti burlerò).
(Sto a veder ma non voglio allontanarmi).
Mi par d’aver sentito... Chi va là?
Manco mal, manco mal, non vi è nessuno.
Quiete non averai, sin che le figlie
tutti soglion pensar la stessa cosa
e cercano il denar più che la sposa.
lor potrei dar ma non vorrei privarmi;
la grazia, la modestia e la beltà...
Chi va là? Chi va là? Eh cospettone! (Li due spaventati partono)
che ronda alla mia porta. Birbonacci!
Chiavi, stanghe, puntelli e catenacci. (Apre, entra in casa e chiude)
Il padrone è rientrato; presto presto,
prendete, ecco la lettera.
e qualche cosa ancor vi troverete,
caro, per amor mio voi lo godrete.
il padron va a dormire ed io v’aspetto.
(Sì m’approfitterò, te lo prometto). (Parte)
D’aspettar m’annoiai. Spicciati.
parmi un’ombra veder. (Osservando il terrazzino)
Sono qui, sono qui, non vi ho sentito.
D’un salamin buono e perfetto.
Oh aspettate, aspettate. Ehi padron mio.
siete arrivato al cesto. Mi consolo
consolerà le vostre ardenti brame;
ma datemi, signore, il mio salame.
Sei pazzo? Sei briaco? Io non capisco
La cosa in verità si va imbrogliando.
Aspettate un pochin, ritornerò.
(Qual impiccio sia questo io non lo so).
un imbroglio assai grande, se qualcuno
di quel vecchiaccio di Pandolfo.
l’amor mio per Cecilia...
vi conosco, ho capito e son a segno.
Padrone audace e servitore indegno.
Altro rissentimento ora non faccio
ma vedrete chi sia questo vecchiaccio. (Parte)
Tu mi fuggi briccon? Bene, a dimani. (Parte)
Questo ancor ci mancava. Il mio padrone
per cui con tanto amore io m’addoprai
morto mi vuol. Non lo credea giammai.
Ma ha ragion da una parte. Io non capisco
come sia questo imbroglio. Marinetta
dubbio che m’ingannasse?... Oh non lo credo.
Eppure, eppur chi sa? Vi sono al mondo
Marinetta burlarmi? Ed a qual fine?
mi ha invitato stanotte... E non potrebbe
tendermi qualche rete? Oh quest’è troppo,
quest’è troppo pensar malizia e inganno,
voglio andar, vuo’ veder, vuo’ assicurarmi
a costo ancora di precipitarmi.
che io parlava a Carlotto e non vorrei
Se mio padre s’accorge, io son perduta.
dee venir nel giardino; ho preparata
Egli ci può levar d’ogni sospetto.
(Come! Qui Marinetta e mia sorella?)
Bene, me n’anderò; ma a nostro padre
dirò che siete qui, che Marinetta
sole in giardino a consigliar si stanno
e che v’è del mistero e dell’inganno.
esser vuo’ a parte del segreto anch’io.
(Che impertinente). Qual segreto?
Non ci facciam sentir. Certo, ha ragione
vuol essere informata e giustamente,
per dover, per affetto, ella è curiosa.
(Poco ci costa ad inventar qualcosa). (Piano a Cecilia)
peggior che possa una fanciulla avere.
Io curiosa non son ma vuo’ sapere.
Vuol sapere e ha ragion. Sappiate dunque
ma per amor del ciel poi non parlate.
Non lo dirò a nessun, non dubitate.
che la luna che nasce in questa notte
è critica, osservabile, astronomica.
del suo vero destino assicurarsi,
al nascer della luna, s’ella sorge
lucida, rubiconda, è sicurissima
la fanciulla di fare un buon acquisto.
S’ella è pallida o nera, il segno è tristo.
(Se l’è bevuta). (Piano a Marinetta)
(Bugiarde! Sono anch’io furba ed astuta).
per saper dalla luna il destin mio.
Bene; quand’è così l’aspetto anch’io.
si confondon gli influsi. (A Dorina)
Andatela aspettar da un’altra parte.
(Verrà mio padre a terminar il gioco).
e che sappia far ben la gatta morta.
Sia quel ch’esser si vuole, aspetterò
ch’ella e il vecchio padron sian coricati
nel giardino a aspettar il mio Carlotto.
che dica al suo patron che bramerei
Dorina ha detto il vero).
mio padre lo scoprisse...
certo non lo saprà; state sicura.
Certo non lo saprà... (Tra le due donne)
son restato così come un stivale,
pettegola insolente... Ma per dirla
di nominar la dote di sua madre.
visitar il fenile e assicurarmi. (Passa da un’altra parte)
sento il vecchio Pandolfo. È troppo presto.
Aspettare convien che a letto ei sia,
se mi scoprisse mai... Voglio andar via. (Cerca la scala, la trova e monta ed in quel mentre Carlotto sulle mura cerca la scala, la trova e scende, s’incontrano testa e piedi e tremano tutti due)
quel briccon di Carlotto.
tranquillamente a riposarmi in letto.
Ah son venuto troppo di buonora. (Cerca la scala)
dove mi asconderò? (Si mette dietro alla scala)
Dalla paura inumidir mi sento.
troverò della gente e tornerò.
ogni tormento, ogni timore avanza,
o in questa stanza o in questo gabinetto.
non so per qual ragione, è fuor di casa
vuo’ tentar di parlargli. Manco male
che le chiavi son doppie e niuno sa
che io le abbia in mio potere... Eccole qua
ma non vorrei sbagliar. So che Fabrizio
è ancor egli serrato. Vo’ provarmi
se il cor mi dice il ver, vo’ assicurarmi. (Va alla camera e batte)
Aspettate, aspettate, io v’aprirò. (Apre la porta)
e invitar nel giardino anche Fabrizio?
salir le mura e ritrovar la scala?
non s’incontrano a caso e certamente
questa notte il briccon furbo ed esperto
inteso sulla strada avrà il concerto.
La vostra gelosia mi fa gran torto.
Sopportate, mio ben, che anch’io sopporto.
Sì, v’amo e tanto basta; ma la lettera
ma se torna il padron... Nell’imbarazzo
lasciamolo il birbante e già che adesso
il padrone non c’è, cogliete il tempo
sortirei volentier, poiché per dirla
sono avvezzo a cenare e ci patisco.
Ora è il tempo opportuno, ora potete
resta quivi Fabrizio e voi avete
No no; la gelosia mi rende ardito,
resto a dispetto ancor dell’appettito.
io non voglio andar via, se egli non parte
vuo’ star qui, vuo’ scoprir le di lui trame,
s’anche credessi di morir di fame.
Se volete restar, restate pure
Mi sento illanguidir ma soffrirò.
Non dubitate, vi darò da cena.
Oh questo è vero amor; questo si chiama
voler bene davver. Principio un poco
(Ah l’amore e la fame è un gran tormento).
Deh Marinetta mia non vi scordate.
Fin qua gli do ragion; ma ch’ei sospetti
è debolezza tal che ogn’altra eccede.
Ah Marinetta. (Affannata)
è passato Leandro e mi ha parlato
che gli ho aperta la porta ed or vien su.
Non posso più. (Affannata)
Verrà qui. Parleremo in tua presenza.
che per lei l’invenzioni ho preparate.
Dite quel che volete e andate via.
Almen per carità... (A Marinetta)
Lascialo dire. (A Marinetta)
Presto perché il padron potria venire.
E cosa dite voi? (A Cecilia)
V’amate tutti due, siete d’accordo,
quest’è un parlar che intenderebbe un sordo.
han prodotto per voi buona fortuna.
(Provedete). (Piano a Marinetta)
(Secondatemi pure e non temete). (Piano a Cecilia ed a Leandro)
di venire a mentire. Domandate
Nol conoscete ed egli è qui per voi?
Dite la verità, non è così?
e dovrete a ragione esser la prima
e s’a lei vuol donar la prefferenza,
scusatemi, conviene aver pazienza.
Chi sa, potrebbe darsi...
di parlar, di fiatar. Se quel signore
ha dell’inclinazion per me o per voi
a lui tocca a spiegare i pensier suoi.
la signora Dorina egli ama e spera
e per lei è venuto qui stassera.
Certo per verità... (Voi m’imbrogliate). (Piano a Marinetta)
Sentite? Arde per voi. Per voi meschino
Si può dare, sarà ma non l’ha detto.
Ei conosce e distingue chi più merta.
fate veder l’invidia e l’astio vero.
Eh scacciate da voi sì rio pensiero.
ch’io comprender non so. Sarebbe mai
schietto, schietto così...
v’era vostra sorella e non conviene.
doman glielo dirà. Ma no, aspettate,
e vi levo così fuor d’ogn’intrico.
e subito gli parlo. (Vo di botto
la cena a preparar pel mio Carlotto). (Parte)
Se fosse vero, oh la sarebbe bella,
che non ha invidia e che di me non teme;
so che finge al di fuori e dentro freme.
Nulla fare si può senza il denaro
e poi dicon di me che sono avaro.
arrestare non vuol quei due bricconi,
col pretesto di sbaglio o d’impostura,
se io non pago le chiavi e la cattura.
che colpevoli son, vuo’ fare io stesso,
prima di denunziarli, il lor processo.
Per timor parleranno. Tu Pasquino,
fingiti il mio notaro; e voi sapete (Agli uomini)
e portatevi bene e beverete.
Apri tu quella porta e di’ a colui
ch’esca fuori di là, ch’è dimandato. (Pasquino va ad aprire)
Principiamo da questo... Eccolo qui.
non ho fatto alcun male e destramente
diffendermi saprò passabilmente).
Perché senza voler mi ci han menato.
Dite la verità se voi volete
Dirò la verità (confusa un poco).
aprite e conducetemi quell’altro.
era stanotte sotto il terrazzino.
aspetto i macheroni e i pasticcetti.
E trovo invece questi bei soggetti).
figlio del quondam Battista Dal Sole,
e servitore di vossignoria.
Scriva pur, non ho paura.
Mi ha pregato non sol m’ancor forzato.
conducete Fabrizio chetamente).
Dite la verità? (A Carlotto)
Come Carlotto è qui? Son preso al visco).
ora che siete messi al paragone
della colpa comun chi è la cagione?
Temerario! Hai tanto ardire? (Tira fuori una lettera)
Io ti farò smentire. Questa lettera
tutto discoprirà. Per una figlia
e ha mandato di notte il servitore.
questa lettera alfine ha detto il vero.
ascoltare di più. Va’ in quella camera. (A Carlotto)
ci anderai da tua posta o strascinato.
No, non ci vado. (Si difende e rinculando verso la camera onde uscì Fabrizio gli uomini lo chiudono in quella)
è lo stesso per me, purch’ei ci sia.
Signor giudice, dunque anderò via.
No no, signor, restate, ancor non sono
abbastanza chiarito. Questa lettera
era in vostro poter. Voi ne dovete
Io l’ho fatto signor senza malizia.
Fatelo dunque entrar. (Agli uomini)
di tanti complimenti. Andrò da me.
(Oh maledetto amor, soffro per te). (Entra nel gabinetto e chiudono)
vi darò, vi darò qualche denaro. (Essi partono malcontenti)
scritta da una mia figlia? Delle due
Non la veggo firmata e non distinguo
il carattere lor, che a tutte due,
ho servito io stesso di maestro.
lor non avessi a scrivere insegnato
ma l’ho fatto per bene. Ho degli affari.
e risparmio con esse un scritturale.
se la figlia s’abusa... Ma di loro
chi sarà l’insolente? Oh senza dubbio
Cecilia la maggior. Mi ha detto in faccia
che si vuol maritar. L’altra è buonaccia.
qualche cosa di buono. Poverino,
l’averà spaventato. Refiziarsi
Non ritrovo la porta, eccola qua. (Apre la porta in cui sta Fabrizio)
(Oh questa è buona). (Da sé sulla porta)
e qualche altra cosetta. I macheroni
lascio aperta la porta e tornerò. (Fabrizio entra e si chiude entro)
e la porta ha serato! Sì ha ragione,
teme d’esser sentito dal padrone. (Passa in atto di partire dinanzi l’altra porta e sente picchio di dentro)
quel bricon di Fabrizio). Disgraziato
meriteresti d’essere impiccato. (Batte alla porta suddetta)
tu mi tratti così? (Di dentro)
Tu mi vorresti vedere impiccato.
mi han messo e mi han cacciato a precipizio.
e quel birbante se l’avrà mangiata.
egli è il tuo favorito. Io son burlato.
a parlarmi così. Ragion non vedo
finger si possa ed ingannar. Convienne
dir ch’è fida davvero e mi vuol bene
mangia la cenna mia. Corpo di Bacco!
Se il potessi burlar! Voglio provarmi,
ho trovato la porta. Eh ehm eh ehm.
Carina, dove siete? (Carlotto va per di dietro a Fabrizio, entra e chiude la porta) Non vi trovo,
Marinetta dov’è? Che sia partita?
Pazienza! Se non bevo mangierò. (Cerca la porta)
qualcun me l’ha ficcata. Sento gente,
nasconder mi vorrei; ma non ci vedo. (Cercando trova la porta donde esce Carlotto, entra e serra)
Ecco una porta; dove sia non so,
per celarmi a chi vien m’asconderò.
ch’è la schiuma de’ furbi e de’ birbanti,
non gli rubberà certo i maccheroni.
Eh ehm. (Aprendo un poco la porta)
sono caldi bollenti. Vado via
Non mi direte più che sono ingrata. (Parte)
Sopra l’ingannator cade l’inganno. (Entra e chiude)
Quel che più mi spaventa è la giustizia.
di una rilegazione o cose tali,
che contro il mio denar sia la cattura.
Non ho alcun protettor; so che Cecilia
conosce qualcheduno e in questo caso
che far potesse per gli affari miei
della sua protezion mi valerei.
saper da lei quel che dall’altra forse
(Mio padre è qui). (Timorosa)
Dorina. (Chiamandola dolcemente)
ma da voi vuo’ saper la verità.
in collera non son. Ma che intenzione
mi potrebbe giovar). Credete voi
che se manda Cecilia a domandarlo
Se il volete veder, manderò io.
No di me. (Vergognandosi)
Sì, mio signore. (Con una riverenza modesta)
Egli mi preferisce a mia sorella.
per me sola Leandro arde d’amore.
S’è ricco, signorsì, l’accorderò
e senza dote la mariterò.
semplice par Dorina ed è più scaltra.
(Nulla posso sperare da costei).
Cosa vorreste dir? Presto parlate.
e un po’ di protezion potrà salvarmi.
Non signor, non signor, siete ingannato.
Leandro mi ama e mi dimanda in sposa.
Dorina ha pur le pretensioni sue,
temo che non vi burli tutte due.
Per me ne son sicura e un testimonio
prendete questa lettera e leggete.
solo concluderò, signore belle,
che siete tutte due due sfacciatelle.
Gridi pur quanto vuol; mi basta alfine
che Leandro sia mio. Pasquino audace (Chiama il servo che viene)
dite che venga qui, che a rivederlo
da una estrema premura io son pressata. (Il servo parte)
Dorina alfine resterà burlata.
non si vada più a letto. S’egli è vero
che Leandro da voi faccia ritorno,
se il vecchio c’entra, a rivederci a giorno.
ritornasse con lui. Chi sa? Può darsi
allor, soli, tra noi, senza Fabrizio,
stabiliremo il nostro sposalizio.
e che vi voglia dar la figlia in sposa.
Volesse il ciel! Ma perché mai due messi,
l’un di Dorina e l’altro di Cecilia,
vi brama, lo sapete, e a voi s’aspetta
di scegliere a piacer. Ma vi consiglio,
se bramate di trarne un qualche frutto,
non parlate di dote, avrete tutto.
son di là che vi stanno ad aspettare.
Ei dice il ver; ma questi matrimoni
non fra i signor ma fra la bassa gente.
vieni, vieni mio ben, sei ritornato?
Certo, perché il padron l’ha comandato.
Perché amor più non voglio aver per te.
perché non m’ami e non m’amasti mai.
Barbaro! E lo puoi dire e ancor ritorni
E torno con ragion, con fondamento.
Qual fondamento, qual ragione?
posso veder di più? Fingi d’amarmi,
mi prometti da cena, e poi m’inganni?
un error innocente e la seconda
porti dei maccheroni al mio rivale.
Come! Che dici mai? Tu non avesti
per Fabrizio schernir, la stanza avea.
In che dunque mancai, s’io nol sapea?
Sempre sospetterò fin che Cupido
Vedrai se questo cor per te è sincero.
non vi state a doler. Verrà per voi,
il buon giorno verrà. Trovar conviene
savio, nobile, ricco e di buon core,
che non curi la dote né il denaro,
che non sia come tanti un uomo avaro.
ma a queste condizion nol troverò.
Via sposatevi dunque. (A Leandro e Cecilia)
Vi do la mano e vi ho donato il core.
andremo al tribunale e se qualcosa
voi farete per me la sicurtà. (A Leandro)