Vuol parlare col re! Dille che aspetti,
che farò l’imbasciata e avrà l’intento. (Parte il cacciatore)
di Fidelingh ad accusar l’inganno.
Non vo’ che ciò gli arrivi all’improvviso.
All’amico milord vo’ darne avviso.
Come! Che vuol costei? Non la capisco.
Vuol parlare col re, ve l’avvertisco.
parli, se vuol parlar. Son persuaso
che a lagnarsi di me sia qui venuta.
Lagnisi a piacer suo. Mi piacque un giorno,
promesso ancora ho di sposarla, è vero,
ma chi cangia d’amor cangia pensiero.
Sì sì, detto mi fu che siete acceso
la caccia e il re, col di cui mezzo a caso
d’un talento sì fino e sì giocondo
che l’acquisto miglior non spero al mondo.
abitava di qui poco lontano;
me l’ho fatta condur nel mio castello,
dove è in guardia fedel dei servi miei
e la pace goder spero con lei.
tempo ancor di parlarle e dichiararmi;
spero con mille offerte e mille doni.
termini in questo dì la real caccia.
l’importuna miledi. Il re che è buono,
l’ascolterà ma non vorrà per questo
Ella è vedova alfine e non zitella
nobil non è ma è virtuosa e bella.
ascoltata che sia, parla e dispone.
Si oscura il tempo e di cangiar minaccia.
Sieno pronti i destrier. Seguiam la caccia.
Sire, miledi Marignon desia
sprona la dama alla foresta, in tempo
basta un cenno real perché sen vada.
No no, son re per tutto e se nel bosco
posso punire un reo, nel bosco ancora
posso far che ciascun giustizia ottenga;
questo è il primo dover; miledi venga. (Riccardo fa cenno alla guardia e la guardia introduce miledi)
Sire, se al vostro piè m’avanzo ardita
e alla regia grandezza usurpo forse
d’innocente piacer qualche momento,
chiedo umile perdon. Difficil troppo
è alla reggia accostarsi e qua confido
quella clemenza da’ regali auspici
che contendonmi altrove i miei nemici.
Esponete l’istanza. (Grave)
sire, da un vostro favorito. Ah spesso
del sovrano il favor godono appieno
quei che la sua bontà meritan meno!
Di voi parlate e non di me. (Imperioso)
Vedova io son è ver ma non per questo
sopra chi mi giurò fede ed amore
e milord Fidelingh è il traditore.
Fé vi promise e amor? Posso un vassallo
obbligare alla fé, non all’affetto.
toglier dal fianco al giovane imprudente
la cagion del mio pianto e del suo scorno.
Ei di femmina vil s’accese il petto;
la rapì, la nasconde e, se ritarda
provvidenza e riparo il pio sovrano,
al nuovo sole ogni mio pianto è vano.
giusto re giudicar sui soli detti
della parte che accusa. A noi lontano
non sarà Fidelingh. Vedrollo e spero,
di ratto e di abbandono, ai suoi doveri
della caccia a seguir le traccie usate, (Ai cacciatori)
voi calmate il cordoglio e in me sperate. (A miledi)
il favor con cui guarda un mio nemico?
da un giusto re che ama gli amici suoi
ma il suo amico primiero è la giustizia.
Se non la rende a me, se quell’ingrato
trionfa ad onta mia, se mi pospone
fondo nella vendetta ogni speranza.
Men furore, miledi, e più costanza.
Tutto fa bello amor, tutto c’insegna
tollerare, soffrir ma l’incostanza
delitto è tal ch’ogni delitto avanza.
una donna vulgar prendere il loco
che ha occupato il mio cuor? Vedrò l’indegno
ed in pace il vedrò? No, non fia mai.
un uomo come voi freme a tal segno?
Eh lasciatemi star. (Milord indegno!)
bella, fresca, gentil, svelta e compita.
è alla caccia da noi poco lontano.
Non l’ho veduto mai. Ah se la sorte
mel facesse incontrar, vorrei gettarmi
domandargli giustizia ai torti miei.
accostarsi a parlare ed un milord
tutti i vostri pensier può render vani.
la vendetta farò. Non son contento,
s’ei non paga col sangue il mio tormento.
voi, la famiglia e gl’interessi vostri?
povero genitor siete arrivato
guardacaccia primiero ed inspettore,
che volete di più? Pensate almeno
che avete una sorella... Eccola appunto;
movavi a compassion la poverella.
Io non penso né a lei né a me né al resto.
Sì, mi vendicherò, giuro e il protesto.
Oh fratello, fratello. (A Giorgio)
Con tanta villania voi mi trattate?
Cosa vi ho fatto mai? (Mortificata)
Voi l’amate, lo so, non l’impedisco
ma son fuori di me, ve l’avvertisco.
Volea dirvi... (A Giorgio con timore)
Che Giannina... (Tremando)
con milord se n’è andata.
E volea dirvi... (Come sopra)
Oh poverina me! Non mi gridate. (Si mette a piangere e canta tutta l’aria seguente interrotta e piangendo e Giorgio s’impazienta. Pascale va facendo de’ cenni a Giorgio perché l’ascolti e Giorgio tanto più va in collera mentre Lisetta canta)
Come! Come! Giannina è ritornata? (Con affanno)
non la lasciate dir. (A Giorgio)
Presto, dite, dov’è? (A Lisetta)
non saprete dov’è, non la vedrete. (Con un pianto un poco rabbioso)
Or or la manderò. (Canta la seguente aria colla stessa musica dell’altra, interrotta, con qualche singhiozzo e qualche volta tremando)
Ho ancor dei dubbi in testa e i dubbi miei...
voglio solo parlar. Itene, o guardie,
poco resta di giorno e se di notte
per la foresta qualchedun trovate,
fate il vostro dovere e l’arrestate. (Le guardie partono e anche Pascale)
Corpo di Bacco! Vorrei farlo in brani.
per calmar della bile il primo foco. (Si ritira)
Giorgio mio, Giorgio mio...
Temo, spero, non so. Tu sei più mia?
Io faccio il mio mestier...
Milord le biade dei poderi sui
vuol che tu vada a macinar da lui? (Con sdegno)
Ma tu gridi e ti scaldi; è questo adunque
della dolce accoglienza il preso impegno? (Con caldo)
Parla, narrami tutto, io non mi sdegno. (Si sforza)
un commercio abbiam noi di biade e grani.
che una madre non ho, vecchia, impossente.
senza sospetto, a contrattar di biada?
per la caccia real, pria ch’io giungessi.
di dispormi ad amarlo; e aperto un scrigno
Povero me! Ti fe’ veder dell’oro?
antepor la ricchezza al suo dovere?
la serva s’avvilì, partì confusa,
chiuse la stanza; io risoluta, ardita,
dal precipizio la salute aspetto;
misuro il salto e dal balcon mi getto.
Oimè! T’hai fatto mal? (Intenerito)
cadei sull’erba e son rimasta illesa.
Ti ringrazio fortuna. Anima mia,
La tua cara non è chi da te merta
tu non meriti più d’esser amato.
M’hai offesa un po’ troppo.
l’amor, la gelosia, l’ira, il sospetto.
ma tu sei un ingrato e non ti credo.
No, bell’idolo mio, non sono ingrato.
Se mi nieghi pietà, son disperato.
Per dir la verità, lo compatisco.
Il caso è stato brutto. Che una donna
torni com’ella è andata, almanco almanco
è cosa da segnar col carbon bianco.
con mio fratel fatta è la pace?
Non gliel’ho detto ancor ma gli vo’ bene.
Ditemi in confidenza, com’è andata?
siete pur da temer! Lisetta mia,
Non le badate. (A Lisetta)
quante le buone son del vostro sesso.
fra gl’uomini e le donne. Il vostro amore
è troppo interessato. Non amate
e sparisce l’amor colla bellezza.
Ho piacer di saperlo in verità.
ch’ella parla così perché ha trovato
farle il male maggior di tutti i mali!
Tutti gli uomini alfin non sono eguali.
E che so io di non trovarne un peggio?
che il core di Pascal sia dei peggiori?
Non sono esperta e non conosco i cuori.
Ah se vedeste il mio, lo trovareste
di zuccaro e di mel fatto impastato.
che è fedel, che è costante e che in sé chiude
tutto quel buon che immaginar si può.
Quando l’avrò veduto, il crederò. (Parte)
e sono anch’io quanto bisogna esperto.
Per provarla farò... Ma che far penso
per provar una donna? È meglio sempre
dir che l’amo, l’adoro e che mi piace.
fino dal primo dì, quand’io l’ho vista,
che la sincerità merito acquista.
ho pensato abbastanza. Il ciel pietoso
Perdere non vorrei la grazia invano;
che si concluda e diamoci la mano.
Da mia madre venite. Ella ha il potere
il mio posto per or. Declina il sole,
si avvicina la notte. Il re potrebbe
di qua passare e s’io non mi trovassi
al passaggio del re nel mio quartiere
mancherei questa volta al mio dovere.
andrò mia madre a consolar. Domani
parlerem delle nozze. Addio. (Lampi e tuoni e si va oscurando la scena)
un’oribbil tempesta il ciel minaccia;
si avanzasse vieppiù la notte oscura. (Lampi e tuoni e si fa più scuro)
Oh fratello, fratello, oh che paura! (Vien correndo)
sulla quercia maggior della foresta.
Colpita avesse di milord la testa.
Che? Milord tuttavia vi sta sul cuore?
Non mi scorderò mai quel traditore.
merita l’odio vostro ed il mio sdegno.
voi avete arrischiato più di me.
Ma che fate voi qui? Non vi fidate
di me, de’ miei compagni?
Giannina a casa sua con mia sorella.
m’han tutte due di stare in compagnia.
Passeranno la notte in allegria.
ragazzina del mondo. Ella ha proposito.
Voi, per vostra bontà, mi avete detto
non sarete contrario e vi protesto...
Or non è tempo di parlar di questo.
Si è dispersa la caccia. Il re medesmo
dicon che si è smarrito e se per sorte
ritrovassi milord perduto, errante,
lo vorrei confinar fra queste piante.
Lontano ancora il calpestio si sente.
andate verso la montagna. Io resto
colle mie guardie sin che arriva il giorno. (S’incamminano per partire uno da una parte, l’altro dall’altra. Giorgio prende un albero isolato per un uomo)
al più vil de’ mortali un re possente.
dal timor, dal dolor; finché sul trono
siede il sovrano, ai sudditi prevale;
quando è solo in un bosco, agli altri è eguale.
Son io. Non intendete? (Con alterezza)
Vo’ sapere chi siete e dove andate.
troppo nuova per me. Chi siete voi?
Guardacaccia del re. Della foresta
e uso con voi l’autorità reale.
Mi convien rispettarla. E bene, io sono
Che amico? Io non accetto
per amici color ch’io non conosco.
Cosa fate a quest’ora in questo bosco?
(Affidar non ardisco a un sconosciuto
a quel nome d’amico. I cortigiani
smarrito io son della foresta oscura.
E morite mi par dalla paura.
cadde dal monte al pian precipitato.
un cavallo spirante in su la strada.
meglio sul mio baston vi appoggiarete. (Gli dà il bastone e prende la spada)
acchetarsi e soffrir). (Da sé)
Con questa oscurità? Per quest’arena?
A tre leghe lontan? No, perdonate.
vi credo galantuom, malgrado al nome
d’amico e cortigian; se voi volete
condurovvi a un mulin che è qui vicino.
domattina un caval; lo pagherete
e vi farò scortar dove volete.
Non mi distaccherei di qui lontano,
se me lo comandasse il mio sovrano.
che alla caccia domani il re ritorni?
No; il re non caccierà per vari giorni.
Una grazia ho a dimandargli.
da tutti abbandonata. I servi miei
né trovo almen per riposarmi un sasso.
Ah ingrato Fidelingh, per tua cagione
di perverso destino... Oh dei! Mi sembra
tacito calpestio sentir non lungi.
Tutto mi rende pavida e tremante.
Celerò il mio timor fra queste piante. (Si concentra nel bosco)
Ehi Riccardo? (Riccardo alla dritta ed il milord alla sinistra)
Ahi. (Mostra quasi di cadere)
un incontro all’amore o alla vendetta). (Da sé fra gli alberi)
Perdo la notte e la Giannina aspetta.
di miledi sarà? S’ella perduta
fosse, qual noi, nel bosco?
non merita pietà. Se un tale affanno
procurato ha da sé, direi suo danno.
Sì mio danno, crudel! (Esce e si fa sentire accostandosi)
È tua colpa, è mio danno il mio tormento.
l’ingiustizia a sentir di un cuore ingrato.
Riccardo. (Sottovoce chiamandolo)
Partiam. La mano (Piano a Riccardo, crede di prender lui per la mano e prende quella di miledi)
Di qui non partirai. (Lo ferma per il braccio colla mano sinistra)
(Oh l’amico davvero è imbarazzato). (Da sé)
Che volete da me? (A miledi)
serbi che mi giurasti o che tu mora.
In un bosco? All’oscuro? Ed a quest’ora?
Non schernirmi, crudel. Con questo stile
vendicarmi saprò. (Impugna uno stile)
disarmar la mia destra. Il mio furore
(Misera me!) (Da sé intimorita, scostandosi un poco)
No; la guardia è una sola e in due noi siamo.
Difenderci convien. (Mette mano alla spada)
Come volete. (Mette mano alla spada)
Chi va là? Chi va là? Non rispondete?
Bravi, signori miei, me ne consolo.
Guidateli ambidue dove sapete. (Alle guardie)
Ah milord Fidelingh, mi spiace assai
Giannina è nel castello che vi aspetta. (Poi da sé ride)
Va’, perfido, spergiuro.... (A milord)
gl’insulti tollerar di un vil ministro,
una donna insolente, un servo audace.
Prendetevi di ciò, signora mia,
la parte vostra, io prenderò la mia. (A miledi)
di un barbaro infedel! Tratta in tal guisa
sola in tale destin voi non sarete.
serbo un cuor troppo fido e se l’amore
spero invan finch’io vivo andar disciolta!
Ma per chi tanta fé? Per un ingrato?
che mi alletta, m’incanta e poi m’uccide?
di quest’orrida notte! Alma ferina
più degli abitator della foresta!
da te, dall’odio tuo, dalla mia sorte?
Viver in pene o accelerar mia morte.
il cuor di Giorgio e quello di milordo
un farina daria candida e pura,
l’altro in crusca andarebbe arida e dura.
Lisetta. (Chiama alla porta dalla casa)
Eccomi qui. (Sortendo dalla porta)
coricarvi potete a piacer vostro.
No no, s’egli non vien, non vado a letto.
Anch’io fino a doman veglio e l’aspetto.
Lavoriam se volete e in un cantiamo. (Si mettono a sedere, cavano dalle loro borse il loro lavoro, lavorano e cantano)
Vado a vedere. (S’alza e corre alla porta che dà sulla strada)
L’amor di Giorgio mio mi sembra bello.
evvi un signore che non so chi sia.
Un signor è con lui? (Si alza e mette via il lavoro)
un galantuom ch’io stesso non conosco.
che mia sposa sarà. (Al re)
Gentile e bella. (A Giannina con gravità, la quale gli fa una riverenza)
Ed io sono di Giorgio la sorella. (Gli fa una riverenza)
Vezzosetta e gentil non men di lei. (Come sopra a Lisetta)
Vostra madre dov’è? (A Giannina)
ma pregarvi vorrei... (A Giannina)
ch’è un di quelli del seguito del re,
ha appetito, cred’io, non men di me.
(La cosa è singolar). (Da sé)
Questo buon cavalier perdonerà. (Al re con una riverenza)
Perdonerà la nostra povertà. (Al re con una riverenza)
Ehi, è amico del re. (A Giannina) Non è egli vero? (Al re)
l’istoria di milord che ci ha insultato;
d’impetrarci dal re buona giustizia. (A Giannina)
che il re farà giustizia? (Al re)
l’oro, l’adulazione e la bellezza.
adulare non so colle persone,
dunque fatene voi la conclusione.
(Un caso tal credo non si sia dato.
Così vero ad un re mai fu parlato).
ch’alla caccia col re sinora è stato
di ristoro, di quiete e di riposo.
come gl’uomini ch’han qualch’intelletto
vogliano affaticarsi a bel diletto.
detestabil mi sembra e vi avvertisco,
che non vi venga mai questo prurito.
Cosa dite, signor, dell’allegria,
del bel talento di Giannina mia?
una briosa natural vivezza.
Con sua licenza. (Fa una riverenza al re)
So anch’io la convenienza. (A Giorgio e parte)
Sarete stanco e sono stanco anch’io. (Siede alla dritta)
Questo è il mio gran piacer. Fo il mio dovere,
tutto il giorno fatico e poi la sera,
in casa di Giannina, oppur da me,
mangio, godo e riposo come un re. (Si stende su la sedia)
Mangerete un boccon se vi degnate.
ai gran banchetti del sovrano augusto,
non vedrete a mangiar sì di buon gusto.
(Credo che dica il vero). (Da sé. Giorgio mangia qualche cosa)
del prosciutto, del pane e del buon vino.
servitevi voi due. Mangi, signore. (Al re)
Mangi almeno un boccon per compagnia. (Al re)
Bevete ancora voi, (Alle donne) beviamo tutti. (Versa il vino in tre bicchieri, ne dà uno per una alle donne e l’altro per sé)
Vada il bicchiere. (Getta via il bicchiere)
e quando il sappia non lo pagherà. (A Giorgio)
Fate conto che il re l’abbia saputo
pregovi di accettar... (Tira fuori una borsa e l’offre a Giannina)
Rimettete la borsa, siamo gente
povera ma onorata. Dei bicchieri
vado a prenderne uno e torno qua. (A Giannina)
Vi ringrazio signor; troppa bontà. (Al re)
Manderebbe il sospetto in abbandono,
s’ei conoscesse il donatore e il dono.
Si ricorda milord... (Al re)
Vi è differenza. (A Giannina)
Milord avea delle intenzion cattive
e, per esempio, questo buon signore
dona senza malizia e di buon core.
Una fanciulla non riceve in dono... (Al re)
Scusate voi. Così incivil non sono. (A Giannina)
che non macchia l’onor né l’innocenza). (A Giannina)
l’innocenza, il candor, mirar sul labbro
la verità, non da malizia involta!
Ah sì, questa è per me la prima volta.
Amico, chi io sia voi non sapete.
voi potrete partir per la città. (Al re bruscamente)
vengono qui le guardie ed ho veduto
Presto; di qui la tavola levate. (Due paesani portano via la tavola. Giannina e Lisetta si mettono dalla parte del re, coprendolo in maniera che quei che arrivano non lo possano veder così presto. Giorgio resta vicino a Giannina ed anch’egli copre il re come sopra)
Questi due che vedete e il terzo poi...
che mi hai fatto arrestar?
che ha nascosto Giannina?
è in mio poter; sappilo a tuo dispetto
né sì tosto uscirà fuor del mio tetto.
Bravo, me ne consolo. (Ridendo)
mi pagherai che fer le guardie a me.
vi domando perdon. (Si getta in ginocchio)
di vostra maestà... (Tremando e facendo la riverenza)
(Oh fortuna!) (Si alza e baccia il lembo dell’abito del re)
Sire... (Raccomandandosi contro milord con collera)
Tacete. (A Giorgio che s’inchina, fremendo)
Dite la verità. (A milord)
È una vil molinara, è un’infelice
che volea quell’indegno... (Giorgio freme)
chi vi ascolta al presente e a chi parlate. (A milord)
a protegger, signor, perché volea
suo malgrado sposarla e non conviene...
Non è vero, signor; Giorgio è il mio bene. (Esce da dove era e corre a’ piedi del re)
spero mi renderà quella giustizia...
lo conducan le guardie in sicurezza.
(Precipizio dell’uomo è la bellezza). (Da sé. Parte con delle guardie)
Sire, a parte io non sono...
Ite voi pure. (A Riccardo)
Io detesto milord e lo condanno. (Al re)
(Mi assocciai con milord per mio malanno). (Da sé. Parte con le guardie)
che arrestar questa notte i prigionieri. (Una guardia riceve l’ordine e parte)
Sarò clemente con milord ma intendo
alla vedova offesa. Ei doppiamente
errato ha per amor; delle due colpe
una ne emendi ed il perdono ottenga
ma sia sincero ed a mentir non venga.
Subito, maestà. (In atto di partire, poi si ferma)
ai comandi di vostra maestà.
per sua real bontà mi aveva dato
di quel poco ch’io so ma per esempio,
con licenza di vostra maestà,
le dirò le mie poche abilità.
è un carattere nuovo agli occhi miei.
i piaceri, egli è ver, ma confinato
il più bello del mondo un re non vede.
se presentarmi ardisco...
ordinario non è che un reo s’avanzi
non condotto e non chiesto al rege innanzi.
reo come lui di forsennati amori;
ma innocente non è chi ha resistito
alle guardie reali. Io stesso, io stesso,
rassegnare alla legge. Ho rispettato
il regio nome. Ai pubblici decreti
il vassallo, il ministro ed il sovrano.
È vero, è ver, la compagnia, il consiglio...
se alla pietà piucché al rigor son prono.
Scuso la prima colpa e vi perdono.
della notte passata e il ver piacere
marche a donar d’aggradimento e gioia.
di Giannina e di Giorgio; è mia intenzione,
per quanto il luogo ove ora siam permette,
l’apparato formar lieto e pomposo.
Sulla vostra condotta io mi riposo.
l’ordine del mio re. Ma deh, signore,
al dolente milord la pietà vostra
S’egli merta pietà, pietade avrò.
Ei difende l’amico e non condanno
l’amicizia in Riccardo; anzi mi sembra
virtù non usitata e forestiera
fra i cortigiani l’amicizia vera.
Sire, alla pietà vostra...
son le vostre avventure e son disposto
(M’agito fra il timore e la speranza).
Eccomi sire a’ cenni vostri.
vi approssimate al re? Caparbio ancora
conosciuti ho, signor, fra i miei perigli.
Li confesso e detesto. Eccomi in mezzo
di un’offesa beltà. Pentito io sono,
a voi chiedo clemenza e a lei perdono.
Grazia, grazia, signor, per me gli accordo
tutto il favore e gli error suoi mi scordo.
Io la grazia soscrivo e vi abbandono
a quel tenero amor che facilmente
un pentito amator rende innocente. (Parte)
Se degno ancor son della bontà vostra...
chiedete pur, non chiederete invano.
Chiedo solo da voi la vostra mano.
non mi lusingo ancor. Lo temo ancora
dubbioso, incerto e guadagnarlo aspetto
coll’uso, il tempo e il più sincero affetto.
un feudo e dei poderi mi ha donato.
pienamente contenta. Giorgio mio,
Quattromilla ghinee ci renderanno.
come fanno le dame e i cavalieri?
Non possiamo star bene e restar qua?
Vicina al mio mulino, ove son nata?
No, mi voglio scordar quel che son stata.
quattromilla ghinee son poca cosa.
che la gente ci dica in su la faccia:
«Ecco la mulinara e il capocaccia».
Non ne dite di più, che mi vien male.
Ricchezza e nobiltà cosa ci vale?
certa smania nel cor che non mi lascia
goder in pace questo ben che abbiamo.
Non sapiam, gioia mia, quel che vogliamo.
Fratello, vorrei dirvi una parola.
e mi risparmierete la fatica.
E ben, cosa volete? (A Lisetta)
che con tutto che siamo quel che siamo
L’amo, lo bramo e lo pretendo ancora.
un nobile sontuoso sposalizio!
Soffrireste un cognato di tal sorte?
che voi foste milord ed io miledi.
A quest’onor non giungeremo mai.
Ah questa cosa mi tormenta assai.
(Sì tentiam di salire un po’ più in su...) (Piano a Giannina)
cosa tale di voi che mi ha sorpreso.
senza soffrir necessitade alcuna,
ricchi sol di virtù, non di fortuna.
quella moderazion che in voi mi piacque,
che la stessa virtù diventa orgoglio.
il don di provvidenza e nol pagate
al caro prezzo di desiri insani.
son le terre, i tesori ed i domini
ma il desire dell’uom non ha confini.
Giannina. (Mostrano la confusione nella quale si trovano)
Eh torniamo a goder. (Con allegria)
Torniam felici. (Con allegria)
che il re, per sua bontade e cortesia,
m’ha fatto capitan d’infanteria.
Salto dall’allegrezza. Oh caso! Oh sorte! (Parte saltando e godendo)