La cameriera spiritosa, Milano, Bianchi, 1766

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa del conte con due tavolette da acconciare la testa, una per parte, e varie sedie per la camera.
 
 MARIANNA e COSTANZA, tutte due alla tavoletta, che finiscono d’accomodarsi; LUCREZIA serve Marianna e BERTOLINA Costanza
 
 le quattro donne
 
    Un po’ d’arte fa del bene
 qualche volta alla beltà;
 ma tradirla non conviene
 con sovverchia infedeltà.
 
 Lucrezia
5Così è, così è signore mie,
 bisogna alla natura
 contribuir. Non contrafarla in modo
 che s’abbia a dir: «Quella fanciulla è bella
 ma spogliatela poi, non è più quella»;
10se vi è qualche difetto,
 correggerlo convien ma con dolcezza.
 Se vi è qualche bellezza,
 procurar che risalti e far di tutto
 che piaccia il bello e non dispiacia il brutto.
 le quattro donne
 
15   Se ha la sorte all’uom concesso
 sopra noi la podestà,
 in soccorso al nostro sesso
 necessaria è la beltà.
 
 Costanza
 Lucrezia? (Chiamandola)
 Lucrezia
                      Mi comandi.
 Costanza
20Accomodate bene
 la contessa Marianna. Oggi, il sapete,
 dee venire lo sposo.
 Marianna
                                       Ah volentieri,
 sorella mia, vel giuro,
 questo prossimo onor vi cederei.
 Costanza
25Bene, ed io di buon cuor l’accetterei.
 Bertolina
 L’accetterebbe? (A Costanza)
 Costanza
                                 Sì.
 Bertolina
                                         Ma non ancora
 il signor cavagliere
 è arrivato a Milan; non può sapersi
 se sia brutto o sia bel, goffo o compito.
 Costanza
30Io non cerco beltà, bramo un marito.
 Lucrezia
 Non dubiti, signora,
 che il suo giorno verrà per ella ancora.
 Marianna
 Verrà, verrà purtroppo. (Alzandosi)
 Costanza
 Purtroppo? (Alzandosi ancor essa con ammirazione)
 Marianna
                         Sì purtroppo.
35Verrà quel dì fatale
 forse ancora per voi che il genitore
 risoluto, severo,
 con assoluto impero
 del vostro cuore disporrà; se mai
40qualche foco nutriste in seno ascoso,
 vedrete qual piacer rechi un tal sposo.
 
    Il pargoletto Imene
 nacque d’Amor germano,
 lega il primier la mano,
45lega il secondo il cuor.
 
    Ed è fatale il nodo
 sol per metà formato,
 nodo funesto, ingrato,
 se non lo stringe amor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 COSTANZA, LUCREZIA, BERTOLINA
 
 Costanza
50Sentite?
 Lucrezia
                   Sì, ho sentito,
 qualche cosa ho capito;
 cotta è la poverina e quasi quasi
 vorrei dire di chi; quel giovinotto...
 Costanza
 Leandro?
 Lucrezia
                     Sì Leandro. Ci scommetto
55ch’egli è la fiamma sua. Farebbe male
 a tradire sé stessa
 per tema o per viltà. Voglio saperlo;
 vo’ che a me lo confidi. Ho compassione
 di lei, dell’amor suo; vo’ consolarla
60ed ho spirto ed ho cuor per aiutarla. (Parte)
 
 SCENA III
 
 COSTANZA e BERTOLINA
 
 Costanza
 Mi fa sdegno costei.
 Bertolina
                                       Perché signora?
 Costanza
 Perché... perché Leandro
 piace a me pure e se la mia germana
 sposasse il cavagliere, anch’io potrei
65sollecitare gl’interessi miei.
 Bertolina
 Fate così, se mai
 la contessa Marianna
 non sposa il cavaglier, fattevi innanzi
 e prendetelo voi.
 Costanza
                                  Convien vedere
70se mio padre vorrà.
 Bertolina
                                       Si tenta almeno.
 Costanza
 Sì dici ben, si tenta.
 Sto a veder, sto a osservar, per regolarmi,
 sia con questo o con quel vo’ maritarmi.
 
    Non cerco maritarmi
75per voglia o per amor.
 Ma voglio liberarmi
 dal stitico rigor.
 
    Se vado alla finestra,
 mi grida il genitor.
80O questa è una minestra
 che mi fa male al cuor.
 
    Son nubile, son nobile,
 mi voglio maritar.
 E il primo che mi capita
85nol lascierò scappar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 BERTOLINA, poi il CONTE
 
 Bertolina
 La compatisco affé, la soggezione
 è una cosa assai dura. È ver che spesso
 la donna maritata
 è più soggetta ancor d’una fanciulla;
90ma questo non fa nulla, è un’altra cosa,
 si può sempre ingegnar, quand’una è sposa.
 il Conte
 Dov’è Marianna?
 Bertolina
                                   Non lo so, signore.
 il Conte
 Trovala tosto e dille
 che il signor cavagliere
95mandato ha il suo corriere,
 che a momenti verrà, che si prepari
 a ricever lo sposo e che non faccia
 le scene che suol far la sua testaccia.
 Bertolina
 Perché dite così? La contessina
100è docile e buonina.
 il Conte
                                     Sì, una volta
 docile mi parea, mi parea buona.
 Or si è cangiata affatto,
 dal giorno che il contratto
 l’ho obbligata a segnar del matrimonio,
105non la conosco più, pare un demonio.
 Bertolina
 Su ciò, se mi permette,
 dirò la mia opinione.
 il Conte
 Parla e dimmi, se sai, qualche ragione.
 Bertolina
 Non so ma potria darsi...
110Se mai per accidente...
 Ciò si è veduto in tante...
 Se avesse un altro amante...
 il Conte
                                                     Come, come?
 Ha un amante mia figlia? (Con sdegno)
 Bertolina
                                                   Non so nulla.
 il Conte
 Se fosse ver... Cospetto?
115Se penetrar potessi... Non può stare;
 mi conosce mia figlia e non pavento.
 Subito, sul momento,
 dille che si prepari,
 per genio o per dovere,
120dar la mano di sposa al cavagliere.
 
    Senti. Se mai ci avesse
 qualche difficoltà,
 dille ch’io lo comando
 e ch’ho l’autorità,
125che mi farò obbedire,
 che la farò tremar.
 
    Vanne... Ma no m’ascolta,
 tenta, per questa volta,
 tentala con le buone,
130senti la sua ragione...
 Eh che ragion non vale,
 il mio voler prevale,
 dille che mi obbedisca
 o la farò tremar. (Parte)
 
 SCENA V
 
 BERTOLINA sola
 
 Bertolina
135O povera ragazza!
 Per timor, per impegno o per rispetto,
 converrà che lo prenda a suo dispetto.
 È ver che al genitore
 noi dobbiamo obbedir; ma in queste cose
140dovrebbero anche i padri
 usarci carità, che finalmente
 siam noi che ci sposiamo
 e ci dobbiamo star, finché viviamo.
 
    Quanto importa quel momento
145che si dice: «Signorsì!»
 Sia piacere o sia tormento
 s’ha da goder la notte e il dì.
 
    Lo capisco e pur chi sa?
 Come l’altre anch’io farò.
150Il mio sì prononzierò
 e sarà quel che sarà. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Loggie terrenne con un telaio da ricamare e diverse sedie.
 
 MARIANNA e LUCREZIA
 
 Lucrezia
 Povera padroncina!
 Voi mi fate pietà.
 Marianna
                                   Che mi consigli
 nello stato in cui sono?
 Lucrezia
                                            Io non saprei.
155Aiutarvi vorrei ma è un po’ difficile.
 Il conte vostro padre,
 che ha diversi difetti, ha quel fra gli altri
 d’ostinazion ch’ogni difetto avvanza
 e ch’ei chiama virtù, seno e costanza.
 
 SCENA VII
 
 BERTOLINA e le suddette
 
 Bertolina
160Oh signora, signora, in questo punto
 è arrivato lo sposo.
 Marianna
                                     Oh me meschina!
 Bertolina
 Che amabile figura! (Ironico)
 È una caricatura.
 Saluta ogni momento
165ed ora allo stalier fa un complimento.
 Lucrezia
 Dite, è in casa il padron? (A Bertolina)
 Bertolina
                                                 No non è in casa.
 Lucrezia
 Tanto meglio per noi. (A Marianna) Andate subito, (A Bertolina con premura, con foco)
 incontrate lo sposo;
 fatelo trattenere.
 Bertolina
170Ma che bel servitor che ha il cavagliere. (A Lucrezia)
 Lucrezia
 Bello davvero?
 Bertolina
                              È un bocconcin da re. (Parte)
 Lucrezia
 (S’è qualcosa di buon lo vo’ per me).
 
 SCENA VIII
 
 MARIANNA e LUCREZIA
 
 Marianna
 Ma tu, Lucrezia mia,
 tu d’inutili cose altrui ragioni;
175e mi lasci dolente e m’abbandoni.
 Lucrezia
 Son qui, son qui per voi, vediamo un poco
 quello che si può far. Sì; ricevetelo.
 Marianna
 No.
 Lucrezia
           Vi dico di sì; finger conviene.
 Marianna
 Fingere non saprò...
 Lucrezia
                                       Se vostro padre
180del segreto s’accorge, (Sempre con foco)
 povera voi. Sentite?
 Eccolo nella sala.
 Marianna
                                 Chi?
 Lucrezia
                                             Lo sposo.
 Marianna
 Son morta.
 Lucrezia
                        Presto, presto.
 Lasciate fare a me,
185giacché il conte non v’è,
 prendete il mio grembiale.
 Mettetevi al telaio e lavorate.
 State zitta, sedete e secondate. (Si leva il suo grembiale e lo mette a Marianna, sempre collo stesso foco, per far spiccare la mutazione di carattere)
 Ehi chi è di là? Che venga
190il signor cavaglier, se si contenta. (Con gravità)
 Marianna
 Ah il mio povero cuor trema e paventa. (Siede al telaio e lavora)
 
 SCENA IX
 
 Il CAVAGLIER e le suddette
 
 il Cavaliere
 
    Mio bel sole, idolo amato,
 ecco il giorno sospirato
 in cui posso vagheggiare
195la beltà che il ciel mi dona.
 Del mio cor sola padrona,
 vaga stella, sol lucente
 che mi rende il seno ardente.
 Io v’adoro e a voi m’inchino
200e ringrazio il mio destino.
 Oh che grazia, oh che beltà.
 
 Lucrezia
 Tanta bontà congionta
 a tanta gentilezza
 mi confonde, signor, sieda, s’accomodi.
 il Cavaliere
205Deh mi permetta almeno
 che sulla man le imprima
 i teneri, i divoti
 di rispetto, d’amor segni primieri.
 Lucrezia
 Vuol bacciarmi le man? Ben volontieri.
 il Cavaliere
210Oh man che mi consola,
 mano che mia sarà!
 Lucrezia
                                       Sieda, la prego.
 il Cavaliere
 Siedo per ubbedir. Chi è quella giovane?
 Lucrezia
 È la mia cameriera.
 il Cavaliere
 Mi permetta... (A Lucrezia alzandosi)
 Lucrezia
                               Che fa?
 il Cavaliere
                                                Per un momento (Si accosta a Marianna)
215cameriera gentil della mia sposa
 tenete un picciol pegno... (Le dà una tabacchiera)
 Marianna
 Mi perdoni signor. (Fremo di sdegno). (Ricusa la tabacchiera)
 il Cavaliere
 Perché tal rustichezza? (A Lucrezia parlando di Marianna)
 Lucrezia
                                             Compatisca.
 È modestia signor. Su via prendetela. (Leva la tabacchiera di man al cavaliere)
220Lo comando, lo voglio e non mi fate
 mai più di queste azioni. (Finge di dare la tabachiera a Marianna e se la mette in tasca non veduta dal cavaliere)
 (La tabacchiera è mia). Sieda e ragioni. (Al cavaliere con gravità, siedono)
 il Cavaliere
 Non vorrei che la collera
 vi facesse del mal. (A Lucrezia)
 Lucrezia
                                     No no, non dubiti;
225per queste cose non mi scaldo il sangue.
 il Cavaliere
 Se mai per mia cagion...
 Lucrezia
                                               Dica, signore,
 ha ella fatto buon viaggio?
 il Cavaliere
                                                  Ottimo; amore
 scorta fedele, amica...
 Lucrezia
 L’avrà fatto venir senza fatica.
 il Cavaliere
230È ver.
 Lucrezia
               Da dove viene?
 il Cavaliere
 Da Torino.
 Lucrezia
                       Torino
 è una bella città, mi piace assai.
 il Cavaliere
 L’avrete vista?
 Lucrezia
                              Non l’ho vista mai.
 il Cavaliere
 E vi piace? (Con ammirazione)
 Lucrezia
                         Mi piace
235come patria felice
 del signor cavaglier.
 il Cavaliere
                                       Oh dolce, oh cara,
 oh amorosa espression che mi consola.
 Or conosco mio ben che voi mi amate.
 Lucrezia
 Ho piacere signor che il conosciate.
 il Cavaliere
 
240   Quegl’occhietti neri neri,
 que’ labbretti lusinghieri,
 quel pallor misto al vermiglio,
 quasi rosa insiem col giglio,
 quando pur mi guardi e taci
245abbastanza son loquaci
 per esprimermi il tuo amor.
 
    Ma una voce al cor parlante
 sento a dirmi: «La tua amante
 del labbretto vezzosetto,
250di quel occhio furbarello
 no, men bello non ha il cor».
 
 SCENA X
 
 LEANDRO e dette
 
 Marianna
 (Leandro? Oimè!)
 Leandro
                                     (Qui il mio rival!)
 Lucrezia
                                                                        (Che vedo!) (Osservando Leandro)
 il Cavaliere
 Chi è quel signor? (A Lucrezia)
 Lucrezia
                                     Venite
 galantuomo, venite. (A Leandro)
255Egli è il disegnatore
 che alla mia cameriera
 i disegni provede. (Al cavaliere)
 Ite da quella giovine,
 ella v’additerà certo disegno,
260parto del mio buon gusto e del mio ingegno. (A Leandro)
 Leandro
 Non capisco...
 Marianna
                            Signor venite qui.
 Leandro
 Qual disegno sia questo?...
 Lucrezia
                                                   Andate lì. (Si alza e spinge Leandro verso Marianna e Leandro si accosta al telaio)
 Questi disegnatori,
 pieni più d’ambizion che di sapere,
265han timor che si rubi il lor mestiere. (Al cavaliere)
 il Cavaliere
 Han ragion di temer; poiché dal vostro
 peregrino talento
 svergognato sarebbe Appelle istesso.
 Lucrezia
 Questo di sua bontà, questo è un eccesso.
 il Cavaliere
270Oh me beato appieno, (Inchina)
 se oggi potrò sposare
 la vezzosa Marianna. (A Lucrezia)
 Leandro
 Questo non sarà mai. (Voltandosi con empito)
 il Cavaliere
                                           Con chi parlate? (A Leandro)
 Lucrezia
 Gelosia di mestier; non gli badate. (Al cavaliere)
275(Che m’avesse a scoprir io non vorrei). (Da sé)
 (Non avete cervello!) (Piano a Leandro) Eccommi a lei. (Al cavalier inchinandosi)
 
    Andiam, se si contenta,
 andiamo a spasseggiar.
 Lasciamo colla serva
280quel pazzo taroccar. (S’incaminano)
 
    Scusi. Un momento solo. (Si ferma)
 La prego a perdonar. (S’accosta a Leandro)
 (Se avete dell’ingegno
 capite il mio disegno,
285prestate, profittate,
 di più non posso far). (Piano a Leandro)
 
    Signore, mi perdoni,
 andiamo a spasseggiar. (Parte col cavaliere che le dà il braccio)
 
 SCENA XI
 
 MARIANNA e LEANDRO
 
 Marianna
 Non la capite ancor? (Alzandosi)
 Leandro
                                         Sì sì ho capito
290ma la mia gelosia mi avea stordito.
 Marianna
 Per profittare adunque
 del momento felice,
 bastivi di saper che ad altro oggetto
 questa man non darò, che vostra sono.
 Leandro
295Ah voi mi consolate.
 Marianna
 Così vi basti, andate.
 Leandro
                                         E perché mai
 mi volete privar...
 Marianna
                                    Deh vi scongiuro;
 itene per pietà. Tremo e pavento.
 Leandro
 Quando, o dei, finirà sì rio tormento. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 MARIANNA, poi LUCREZIA
 
 Marianna
300Della mia fé Leandro
 dubitare non può; d’altri il mio core
 non sarà mai. Ma lusingar non posso
 il mio amor, la mia speme
 di passar lieti i nostri giorni insieme.
 Lucrezia
305Presto, presto, signora, (Leva a Marianna il grembiale con fretta)
 datemi il mio grembial.
 Marianna
                                              Cos’è avvenuto? (Timorosa)
 Lucrezia
 Nulla, nulla; ho veduto
 il servitor del cavalier; mi piace. (Mettendosi il grembiale)
 E anch’io con vostra pace...
310Eccolo qui; vi prego (Osservando fra le scene)
 lasciarmi in libertà.
 Marianna
                                       Ma il cavagliere...
 Lucrezia
 Ne parleremo poi.
 Se operato ho per voi, vo’ far per me.
 Marianna
 Non mi tradir, ch’io sol confido in te. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 LUCREZIA, poi PASQUINO
 
 Lucrezia
315Quanto è il padron ridicolo,
 tanto il servo è gentile e Bertolina
 spera con esso invano
 di far le grazie e prendermi la mano.
 Pasquino
 Si può venir? (Sulla porta)
 Lucrezia
                             Venite.
 Pasquino
320Scusi. (Con riverenza)
 Lucrezia
                Chi domandate?
 Pasquino
 Mi par, se non m’inganno,
 che lei la sposa sia del mio padrone.
 Lucrezia
 Oibò non lo vedete,
 all’aria ed al grembiale,
325che la serva son io?
 Pasquino
                                      Circa al grembiale,
 non ho niente che dir ma circa poi
 all’aria maestosa e graziosissima,
 ella sembra padrona e padronissima.
 Lucrezia
 Accetto il complimento
330dalla sua gentilezza. (Assai disinvolta)
 Pasquino
 Oh che grazia, oh che vezzo, oh che bellezza!
 Lucrezia
 E ben, che comandate?
 Pasquino
                                             Il mio padrone
 manda alla sua padrona... Ma! Cospetto.
 Il mio padron m’ha detto
335ch’ella è la sposa sua.
 Lucrezia
                                         No, v’ingannate.
 Pasquino
 Bene, m’ingannerò.
 Lucrezia
                                       Su via parlate.
 Pasquino
 Mi manda il mio padron con queste gioie,
 perché io abbia l’onor di presentarle...
 Lucrezia
 Alla sposa?
 Pasquino
                        Alla sposa.
 Lucrezia
340La padrona non c’è.
 Potete intanto consegnarle a me.
 Pasquino
 Eccole. (Le dà un scrignetto)
 Lucrezia
                 Oh sono belle,
 magnifiche, sontuose!
 Alla signora le presenterò.
345(Queste non son per me; le guarderò).
 Pasquino
 Fortunata padrona
 che ha serva sì gentil!
 Lucrezia
                                          Troppa bontà.
 Pasquino
 Il suo nome?
 Lucrezia
                           Lucrezia.
 Pasquino
 Romana?
 Lucrezia
                     Ah... Ah... Scherzate. (Ridendo)
350Voi come vi chiamate?
 Pasquino
 Io mi chiamo Pasquino.
 Lucrezia
 Di Marforio fratel?
 Pasquino
                                      Brava davvero! (Ridendo)
 Lucrezia
 (Vo’ la sorte tentar).
 Pasquino
                                        (Qualcosa io spero).
 Lucrezia
 Scusatemi, signor, siete ammogliato?
 Pasquino
355Non ho ancora trovato
 la donna sfortunata
 che si attacchi al suo peggio e che mi sposi.
 Lucrezia
 Fortunata sarà chi ha tal ventura.
 Pasquino
 Si potrebbe ingannar.
 Lucrezia
                                           Ne son sicura.
 Pasquino
360Parto del suo bel cuor.
 Lucrezia
                                           Giustizia al merito.
 Pasquino
 Mi fa onore...
 Lucrezia
                            È dover...
 Pasquino
                                                Grazia...
 Lucrezia
                                                                  Tributo...
 Pasquino
 Mi confonde...
 Lucrezia
                             Perdoni...
 Pasquino
                                                 Io resto muto.
 Lucrezia
 Signor, se mi permette,
 vado per un affar. Ci rivedremo.
 Pasquino
365Sono agli ordini suoi.
 Lucrezia
                                          Se in questa casa
 ha bisogno di nulla
 non ha che a comandar.
 Pasquino
                                              Troppo gentile.
 Lucrezia
 (Non ho veduto mai grazia simile).
 
    Siamo certe bestioline
370che son belle, che son buone
 carezzette, paroline,
 rispettarne da padrone
 e poi dica chi sa dire
 che di meglio non si dà.
 
375   Ma chi tratta d’animale,
 che ne sgrida e ne tempesta,
 se dirà che il nostro male
 sta in due dita della testa,
 donne care, donne belle
380non ci sia per lui pietà. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 PASQUINO solo
 
 Pasquino
 Ho ritrovato affé
 quello che fa per me. Buona allegria,
 vezzosa leggiadria,
 cuor aperto, bellezza e buon talento,
385se l’avessi a pigliar, sarei contento.
 Ma! Bisogna pensarci,
 l’esterno è bello assai. Quel che si vede
 esser non può migliore
 ma è donna, è donna e non si vede il cuore.
 
390   È proverbio assai antico
 che a conoscere un amico
 ci bisogna un anno almen.
 E la donna? Almeno due.
 No, non basta. Almeno tre.
395No né men. Vi sono stati
 de’ mariti sfortunati
 che son morti disperati
 pria d’avere della moglie
 conosciuto il natural.
 
400   Se mi ho da maritar, ti prego amore
 fammi conoscer ben la donna mia;
 e acciò ch’io possa rilevar qual sia,
 falle, ti prego, un finestrin nel core. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 Il CONTE, LUCREZIA e BERTOLINA
 
 il Conte
 Finalmente Marianna,
405ritornata in sé stessa,
 ha fatto il suo dover. Ne son contento
 e lo sposo ancor più. Di’, Bertolina,
 hai tu detto a mia figlia
 ch’ero contro di lei furente, irato?
 Bertolina
410Sì signor, sì signor. (Non le ho parlato).
 il Conte
 Così bisogna far con queste giovani
 prosontuose, ostinate.
 Lucrezia
                                           Siete certo
 ch’ella lo sposerà?
 il Conte
                                    Ne son sicuro.
 Non v’è alcun dubbio. Il cavaliere istesso
415la vide, le parlò, da lei fu accolto...
 bene, come io volea, perfettamente.
 Si vede apertamente
 che le minaccie mie fatto han del frutto.
 Lucrezia
 (Povero vecchio! Se sapesse tutto!) (Da sé)
 il Conte
420Or tocca a voi a pensare,
 la casa a accomodare
 per le nozze vicine. Io delle spese
 vo’ rilegger la nota. (Si mette da un canto leggendo una carta scritta e non bada a quel che siegue)
 Lucrezia
                                       Oimè, che vedo.
 Il cavalier! Su via (A Bertolina correndo per portare una sedia)
425aiutatemi presto.
 Bertolina
                                   Ih ih, che fretta!
 Lucrezia
 Disgrazia maledetta. (Finge di aver stracciato il grembiale e se lo leva in fretta)
 Ho stracciato il grembial. Tenete amica,
 portatelo di là per cortesia. (Dà il grembiale a Bertolina)
 Bertolina
 Dov’è rotto? (Osservando se vede lo stracciato)
 Lucrezia
                           Osservate. (Ne straccia un pezzo in qualche parte)
 Bertolina
430Ma se or lo stracciate...
 Lucrezia
 Via fatemi il piacer, buona ragazza.
 Bertolina
 Qualche volta da ver mi sembra pazza. (Parte e porta via il grembiale)
 
 SCENA XVI
 
 Il CONTE, LUCREZIA, poi il CAVALIERE, poi PASQUINO. Il conte resta osservando i suoi conti
 
 Lucrezia
 (Ora son nell’imbroglio.
 Farò quel che potrò per riuscir bene).
435Ma dov’è il cavaliere? Eccol ch’ei viene. (Si mette in serietà e va incontro al cavaliere per allontanarsi un poco più dal conte)
 il Cavaliere
 A riveder ritorno (Brillante senza veder il conte)
 la mia sposa, il mio ben.
 Lucrezia
                                               Dica più piano.
 Non disturbiam, signore,
 la seria applicazion del genitore. (Piano)
 il Cavaliere
440Scusatemi. Davvero (Piano)
 non l’aveva veduto. E quando, o cara,
 quando verrà il momento
 che potrò consolar l’ardente affetto.
 Lucrezia
 Verrà. (Con affettata tenerezza)
 il Cavaliere
                Verrà. (Con tenerezza)
 Lucrezia
                              Sì sì verrà. (Come sopra)
 il Cavaliere
                                                    L’aspetto. (Come sopra)
 il Conte
445O cavalier. (Accorgendosi ch’egli è, lo chiama)
 il Cavaliere
                        Perdono. (Si volta impettuosamente e corre da lui)
 Non vorrei disturbarvi.
 il Conte
 Non vo’ rimproverarvi. (Scherzando per averlo veduto vicino a Lucrezia e passa nel mezzo)
 Ma vedo che voi siete...
 Lucrezia
 Signor mi conoscete? (Gravemente con riverenza al conte)
 il Cavaliere
450Sono mortificato.
 Non temete di me. Son delicato. (Al conte)
 il Conte
 Nulla, nulla, scherzai. Quando volete
 si concludan le nozze?
 il Cavaliere
                                           Ogni momento
 che si tarda, o signor, per me un tormento.
 
455   Col rispetto ch’è dovuto
 della sposa al genitor,
 vi dirò ch’io son venuto
 per aver sì bell’onor.
 
 il Conte
 
    Sì signore, ci s’intende.
460In contrario non c’è nulla.
 Quando è pronta la fanciulla,
 io l’accordo di buon cuor.
 
 il Cavaliere
 
    Cosa dice la signora? (A Lucrezia)
 
 Lucrezia
 
 Una figlia obbediente
465si rassegna ed acconsente,
 quando parla il genitor.
 
 il Conte
 
    Quando parlo son sentito
 e voglio essere obbedito. (Al cavaliere)
 
 a tre
 
 Sì signor, così va bene
470e meschiare ognor conviene
 la dolcezza col rigor.
 
 Pasquino
 
    Con buona grazia. (Viene dalla parte di Lucrezia)
 
 Lucrezia
 
 (Un altro imbroglio).
 
 Pasquino
 
 Ho consegnato
475quel che mi ha dato. (Al cavaliere)
 
 il Cavaliere
 
 Tutte le gioie? (Con Pasquino con allegria)
 
 Pasquino
 
 Sì mio signor.
 
 il Conte
 
    E dove sono?
 
 il Cavaliere
 
 Ma chi le ha avute?
 
 Pasquino
 
480Qui... (Accenando Lucrezia)
 
 Lucrezia
 
               Le ho vedute, (Pronta)
 sono bellissime,
 son sontuosissime.
 E a chi le dona
 fan dell’onor.
 
 il Cavaliere
 
485   Piccola cosa
 per una sposa
 che gioie merita
 di più valor.
 
 Pasquino
 
    Lucrezia... (Piano a Lucrezia)
 
 Lucrezia
 
                          Zitto. (Piano a Pasquino, urtandolo senza guardarlo)
 
 Pasquino
 
490Vorrei... (Come sopra)
 
 Lucrezia
 
                    Tacete. (Come sopra)
 
 il Conte
 
 Che cosa avete
 col servitor? (A Lucrezia)
 
 Lucrezia
 
    Mi chiede conto
 di quelle gioie
495che a me fur date.
 
 Pasquino
 
 Le ho consegnate.
 
 il Conte
 
 Vorrei vederle.
 
 Lucrezia
 
 Si vederanno.
 
 il Cavaliere
 
 Vederle intorno...
 
 Lucrezia
 
500Si porteranno.
 
 il Conte, il Cavaliere a due
 
 Farà gran mina
 la mia sposina
 tutta brillante,
 tutta in splendor.
 
 Lucrezia
 
505   (Le gambe tremano,
 mi batte il cor).
 
 Pasquino
 
    Dov’è il grembiale? (Piano a Lucrezia)
 
 Lucrezia
 
 (O che animale). (Da sé)
 Con buona grazia,
510con lor licenza. (In atto di partire)
 
 il Conte
 
 Per questa sera
 che sia allestito...
 
 Lucrezia
 
 Sarà servito.
 
 il Cavaliere
 
 Ah questa sera
515sarò felice. (Passa vicino a Lucrezia e la prende per la mano)
 
 il Conte
 
 Piano signore. (Ritirandolo un poco)
 
 Pasquino
 
 Signor padrone. (Geloso di Lucrezia)
 
 il Cavaliere
 
 La soggezione
 mi straccia il cor.
 
 tutti
 
520   Nozze, nozze, presto, presto.
 Più tardar non si dovrà.
 Tutto è pronto, tutto è lesto
 e la mano si darà.
 
 Fine dell’atto primo