Il mondo della luna, Vercelli, Panialis, 1752

 SCENA VII
 
 Camera.
 
 CLARICE e poi FLAMINIA
 
 CLARICE
 Eh venite germana,
 andiam su quella loggia
285a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
 Se il genitor austero
 ci ritrova colà misere noi!
 CLARICE
 Ch’ei badi ai fatti suoi,
 ci vuol tener rinchiuse
290e dall’aria difese,
 come fossimo noi tele di ragno?
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
 al nostro genitor, soffrir conviene.
 CLARICE
 Ma io per vero dire,
295stanca di questa soggezion noiosa
 non veggo l’ora d’essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose,
 avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem soggette più che mai.
 CLARICE
300Eh sorella i mariti
 non son più tanto austeri,
 aman la libertà al par di noi
 ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi se ci toccasse in sorte
305un marito alla moda! Ah sventurate,
 se un geloso ci tocca!
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch’io lo guarirei
 o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò.
310Ma il segreto io so
 con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
 Se l’accordasse il padre,
 spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
315Lo spererei anch’io
 con Eclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell’Eclitico vostro
 è un uom che altro non pensa
 che a contemplar or l’una, or l’altra stella.
 CLARICE
320Questo è quello, sorella,
 che in lui mi piace più,
 finch’ei pensa alla luna, ovver al sole,
 la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitor, io temo,
325non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
 un ottimo espediente,
 maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
 Ciò so che non conviene a onesta figlia
 ma se amor mi consiglia
330e il padre a me si oppone,
 io temo ch’all’amor ceda ragione.
 
    Benché veda a me d’intorno
 tutto il ciel sdegnato e fiero,
 non pavento, non dispero,
335pur verrà sereno il giorno
 e più lieto il cuor sarà.
 
    Fra la sorte a me fedele
 non mi lagno del mio stato,
 del rigor d’averso fato
340l’alma mia timor non ha. (Parte)