Il mondo della luna, Verona, Ramanzini, 1750 (Vicenza)

 SCENA V
 
 ERNESTO e CECCO
 
 CECCO
 Costui dovrebbe al certo
240esser ricco sfondato.
 ERNESTO
                                        E a che motivo?
 CECCO
 Perché a far il mezzano
 egli non ha difficoltade alcuna.
 Ed è questo un mestier che fa fortuna.
 ERNESTO
 Tu dici male; Ecclitico è sagace
245e se in ciò noi compiace
 il fa perché Clarice ei spera e l’ama.
 CECCO
 Ho inteso, ho inteso. Ei brama
 render contenti i desideri suoi
 e vuol far il piacer pagar a noi.
 ERNESTO
250Orsù, taci e ramenta
 chi son io, chi sei tu.
 CECCO
 Per cent’anni, padron, non parlo più.
 ERNESTO
 Vado in questo momento
 denaro a proveder. Tu va’, m’attendi
255d’Ecclitico all’albergo, ove domani,
 mercé il di lui talento,
 spero che l’amor mio sarà contento.
 
    Grandi è ver son le mie pene
 nel pensar al caro bene
260ma il mio cor si strugge intanto
 benché speri un dì pietà.
 
    Il mio spirto resta oppresso
 né ravviso più me stesso
 e consola questo pianto
265la perduta libertà.