L’Arcadia in Brenta, Bonn, Stamparia delle Loterie, 1771

 SCENA X
 
 Il CONTE col nome di Cintio e FABRIZIO da Pulcinella; LAURETTA da Colombina, LINDORA col nome di Diana e infine FORESTO da Pantalone
 
 CONTE
 Sieguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                         Eccome cà.
 CONTE
 Siccome un’atra nube
 s’oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
985coperto il mio bel sol, cui l’altro cede,
 l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parli tidisca, io non t’intendo.
 CONTE
 Fedelissimo servo,
990batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 CONTE
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 CONTE
 Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
995come i comici fanno alla comedia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme na grazia;
 perché da tozzolare aggio alla porta?
 CONTE
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Cà sulla strada?
 CONTE
1000È ver, non istà bene
 che facciano l’amor sopra la strada
 civili onesti amanti
 ma ciò sogliono usar i comedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzelerò ma se qualcuno,
1005quando ho battuto io, batesse a me?
 CONTE
 Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
 Oh de casa.
 LAURETTA
                        Chi batte? (Di dentro)
 FABRIZIO
                                              Son io.
 LAURETTA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Patron, chessa è per me.
 CONTE
                                               Chi siete voi,
1010quella giovine bella?
 LAURETTA
 Io sono Colombina Menarella.
 CONTE
 Di Diana cameriera?
 LAURETTA
 Per servir vosustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 CONTE
                                       Deh vi prego,
1015chiamatela di grazia.
 LAURETTA
                                         Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme, peccerella,
 vienence ancora tu,
 ch’a nce devertarimo fra de nuie.
 LAURETTA
 Sì sì, questa è l’usanza,
1020se i padroni fra lor fanno l’amore,
 fa l’amor colla serva il servitore.
 
 Aria
 
    Il padron colla padrona
 fa l’amor con nobilità.
 Noi andiamo più alla bona
1025senza tanta civiltà.
 
    Dicon quelli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio!»
 Noi diciam senz’altre pene:
 «Mi vuoi ben, ti voglio bene»,
1030e facciamo presto presto
 tutto quel che s’ha da far.
 
    Dicon lor ch’è un gran tormento
 quell’amor che accende il core;
 diciam noi ch’è un gran contento
1035quel che al cor ci reca amore.
 Ma il divario da che viene?
 Perché han quei mille riguardi;
 penan molto e parlan tardi,
 noi diciam quel che conviene
1040senza tanto sospirar. (Si retira fingendo chiamar Diana)
 
 CONTE
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piaceresti, o Menarella?
 CONTE
 Ecco vienne quel bel che m’innamora.
 FABRIZIO
 Con essa vienne Menarella ancora. (Vengono Lindora e Lauretta)
 CONTE
1045Venite, idolo mio,
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio bene, eccomi qua.
 CONTE
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
 Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
1050Ah tu si’ mia bella. (A Lauretta)
 LAURETTA
 E voi siete il mio caro Pulcinella.
 CONTE
 A voi donnato ho il core. (A Lindora)
 LINDORA
 Ardo per voi d’amore.
 FABRIZIO
 Pe’ te me sento lo Vesuvio in pietto. (A Lauretta)
 LAURETTA
1055Cotto è il mio core al foco dell’affetto.
 
 Quintetto
 
 CONTE
 
    Vezzosetta, mia dileta. (A Lindora)
 
 FABRIZIO
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURETTA
 
 Pulcinella bello mio.
 
 LINDORA
 
1060Che contento, che diletto.
 
 LAURETTA
 
 Vien, mio bene, a questo petto.
 
 A QUATTRO
 
 Io ti voglio un po’ abbracciar. (Viene Foresto da Pantalone)
 
 FORESTO
 
    Ola, ola! Cossa feu?
 Abbrazzai? Cagadonai!
1065Via caveve, via de qua!
 
 LINDORA
 
    Io m’inchino al genitore.
 
 LAURETTA
 
 Serva sua. Signor padrone.
 
 CONTE
 
 Riverisco mio signore.
 
 FABRIZIO
 
 Te so’ schiavo, Pantalone.
 
 FORESTO
 
1070El ziradonarve attorno,
 tutti andate a far squartar.
 
 CONTE
 
    Vuol ch’io vada?
 
 FORESTO
 
                                    Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anch’io?
 
 FORESTO
 
                             Mi v’ho mandato.
 
 CONTE
 
 Anderò colla mia bella.
 
 FABRIZIO
 
1075Anderò con Menarella.
 
 LINDORA
 
 Io contenta venirò.
 
 FORESTO
 
 Via, tiolé sto canelao.
 Colle putte? Oh questo no.
 
 LINDORA
 
    Signor padre, per pietà. (S’inchinocchia)
 
 LAURETTA
 
1080Gnor padron, per carità. (Fa l’estesso)
 
 CONTE
 
 Deh vi supplico ancor io. (Fa l’estesso)
 
 FABRIZIO
 
 Pantalon, patrone mio. (Fa l’estesso)
 
 FORESTO
 
 Duro star no posso più.
 Via mattazzi, levé su.
 
 A QUATTRO
 
1085   Io vi prego.
 
 FORESTO
 
                           Zitto là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro.
 
 FORESTO
 
                           Vegnì qua.
 
    Cari fioi, deve la man.
 Alla fin son venezian.
 M’avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
1090Viva, viva Pantalon.
 
 A CINQUE
 
    Viva, viva il dolce affetto;
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
 che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secundo