L’Arcadia in Brenta, Amburgo, Spieringk, 1755

 SCENA IX
 
 Arriva un burchiello da cui sbarca il conte BELLEZZA
 
 FABRIZIO
350Poh che gran signorone.
 Costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
 Permetta, anzi conceda
 che prostrato si veda
 al prototipo ver de’ generosi
355l’infimo de’ suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obbligato.
 CONTE
 La fama ha pubblicato
 i pregi vostri con eroica tromba;
 l’ecco intorno rimbomba
360il nome alto sovrano
 di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 CONTE
 Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
365benché il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de’ miei padroni.
 CONTE
 Ah mio signor, perdoni
 se tracotante, ardito,
370prevenendo l’invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
 S’accomodi.
 CONTE
                         La fama
 poco disse finor di voi parlando,
375voi cantando, esaltando,
 veggo più, veggo molto
 in quell’amabil volto
 che con raggi di placido splendore
 spiega l’idea del liberal suo core.
 FABRIZIO
380Signor, lei mi confonde.
 Vorrei dir ma non so,
 per andar alla breve, io tacerò.
 CONTE
 Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
385col muto favellar va rispondendo
 ed io che tutto intendo
 il genio suo comprendo.
 Ella vuol favorirmi ed io mi arrendo;
 ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
390Le renda o non le renda,
 è tutta una facenda.
 Se qui vuole restar, mi farà onore;
 cerimonie non fo, son di buon core.
 CONTE
 Viva il buon cor. Anch’io l’affettazione
395odio nelle persone;
 parlar mi piace natural affatto.
 Perciò dal seno estratto
 il più divoto e caldo sentimento,
 trabocca dalle labra il mio contento.
 FABRIZIO
400Se questo è naturale,
 parla ben, non vi è male.
 CONTE
 La provida natura
 prese di me tal cura
 che mi rese il più vago e il più giocondo
405grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S’ella bramasse
 riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
 accetterò l’onore
 che l’arcisoprafina sua bontà
410gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio, (Al servo)
 servi questo signor.
 CONTE
                                       L’essuberanza,
 anzi l’essorbitanza
 delle grazie, onde lei m’ha incatenato...
 FABRIZIO
415Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non fia mai vero
 ch’io manchi al dover mio...
 FABRIZIO
 Vada lei, mio signore, o vado io.
 CONTE
 
    Non s’adiri, di grazia, ch’io taccio.
420Non vo’ darli più noia né impaccio.
 Bramo solo... Sto zitto e non parlo,
 più non ciarlo, credetelo a me.
 
    Ma tal pena chi puol mai soffrire?
 Io star cheto? Mi sento morire.
425Signor caro... ho finito in mia fé.