La fiera di Sinigaglia, Roma, Grossi, 1760

Vignetta Frontespizio
 SCENA VI
 
 ORAZIO, poi il conte ERNESTO
 
 Orazio
 Questi son quei mezzani
 che per dritto o per torto
 fanno trovar contanti
 e pricipitan spesso i mercadanti.
800Ma io per dir il vero,
 per far di più di quello
 comportava il mio stato,
 da me stesso mi son precipitato.
 il Conte
 Galantuom vi saluto.
 Orazio
                                         Signor conte,
805per dir la verità,
 mi potria favorir con più bontà.
 il Conte
 Noialtri cavalieri
 il grado nostro sostener dobbiamo.
 E non è poco, se vi salutiamo.
 Orazio
810Grazie di tanto onor. (Con ironia)
 il Conte
                                          Voi specialmente
 da me non meritate
 trattamento civil.
 Orazio
                                   Chiedo perdono.
 Nello stato in cui sono,
 creda vosignoria,
815fidar non posso la mia mercanzia.
 il Conte
 Basta, vi compatisco e nonostante
 che mi abbiate trattato un poco male,
 di voi fo capitale.
 Orazio
                                  In quel che posso
 son qui per obbedirla.
 il Conte
                                           Ho di bisogno
820di un abbito per me,
 di uno per la mia dama e le livree
 voglio per li staffieri.
 Orazio
 Ed io la servirò ben volentieri.
 Ma signor...
 il Conte
                         Vi capisco
825povero galantuomo!
 Bisogno avete di danar. Sentite.
 Danar per or non vi darò alla mano,
 vi darò, se volete, tanto grano.
 Orazio
 Ed io lo prenderò.
830Ed io la servirò senza il danaro.
 Ma mi assegni porzion del suo granaro.
 il Conte
 Il granar di quest’anno
 per altri è già disposto;
 ma vi farò sicuro,
835promettendovi il gran l’anno venturo.
 Orazio
 E se vien la tempesta?
 il Conte
                                            In questo caso
 vi pagherò col vino.
 Orazio
                                      E se l’inverno
 fa le viti seccar?
 il Conte
                                Son cavaliere.
 Pagherò ad ogni patto
840e si farà il contratto,
 id est un istrumento
 di pagar l’interesse al sei per cento.
 Orazio
 Coi mercanti del loco
 si può fare il contratto in tal maniera
845ma non con quei che vengono alla fiera.
 il Conte
 Ma questa è un’insolenza.
 Voglio essere servito.
 E se il negate vi farò pentito.
 Orazio
 Pian, pian, la non si scaldi padron mio,
850che so scaldarmi anch’io.
 il Conte
                                                Maggior rispetto
 mertano i pari miei.
 Orazio
 Son servitor di lei,
 la venero e la stimo;
 ma se non ha denari,
855signor conte padron, noi siam del pari.
 
    Cosa val la nobiltà
 senza il lustro del contante?
 Il signore ed il mercante
 non si stima, se non ha.
 
860   Non ho il capo cincinnato,
 non vo liscio né stuccato
 ma mi faccio rispettar,
 se la quaglia fo cantar.
 
    Mi fanno ridere
865questi zerbini,
 senza quattrini,
 quando pretendono
 farsi stimar.
 
    Non se n’avvedono,
870si fan burlar. (Parte)