La vendemmia, Roma, Mainardi, 1760

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA II
 
 IPPOLITO e FABRIZIO
 
 Fabrizio
 Ippolito davvero
 obbligato vi son; voi mi faceste
 un piacere infinito
20nel condurmi con voi a villeggiare
 nella bella stagion del vendemmiare.
 Ippolito
 Veramente per solito
 soglio venir da me; ma questa volta
 con voi mio caro amico
25dividere ho voluto
 quel piacer ch’altre volte mi ho goduto.
 Fabrizio
 Oh quanto mi fa bene
 l’aria della campagna.
 A che ora si magna?
 Ippolito
                                        Oh oh, per tempo
30vi sovviene il mangiar! Mancano forse
 poche ore al mezzodì?
 Fabrizio
 E fino allora s’ha da stare così?
 Ippolito
 Berem la cioccolata.
 Fabrizio
                                       Eh a cosa servono
 queste sciocche bevande?
35Vonn’essere vivande; per esempio,
 si potrebbe pigliar per colazione
 una zuppa nel brodo di un cappone.
 Ippolito
 Bene, ma poi a pranzo
 non potrete mangiar.
 Fabrizio
                                          Io? Compatitemi,
40mi conoscete poco.
 So ch’avete buon coco,
 si metta pure a lavorar di core,
 che m’impegno con voi di fargli onore.
 Ippolito
 (Costui a quel ch’io sento
45venuto è a diluviar).
 Fabrizio
                                        Con buona grazia. (In atto di partire)
 Ippolito
 Dove andate?
 Fabrizio
                            In cucina.
 Ippolito
                                                 Ed a che fare?
 Fabrizio
 Vado a sollecitare,
 perché non posso più, sono a digiuno
 da ieri sera in qua.
50Vi giuro in verità, sento ch’io peno
 quando non mangio ogni tre ore almeno.
 
    La fame vorace
 tormento mi dà.
 Nel corpo il rumore
55sentite che fa.
 
    Borbotta, tarrocca,
 fa strepito e chiasso.
 E dice alla bocca:
 «Son stanco, son lasso».
60Io come un cavallo
 che corre veloce
 men vado in cucina
 per farlo quietar. (Parte)