Le donne redicole, Roma, Grossi, 1759

 Eccellentissima signora,
    sulla viva speranza ch’io nutrisco d’esser l’eccellenza vostra, con quella solita e innata gentilezza e bontà, tanto propria d’un’anima nobile e grande, per gradire qualunque egli sia, nella tenue offerta ch’io le faccio, un atto di mia venerazione e stima, benché di gran lunga inferiore al merito e grandezza dell’eccellenza vostra, mi fa comparire men arduo l’impegno, in cui per la prima volta mi son posto, qual nocchiero inesperto dell’arte e privo d’ogni necessario discernimento, nel contrasto di tanto e così fluttuante tumulto de’ teatri, ne’ quali altri, con esperienza e spirito assai maggiore del mio, e nella scelta e nel buon gusto, saprà distinguersi; mi consolo però che, ogni qualunque cosa potessi io fare, sempre un nulla sarebbe rispetto di quanto merita e di quanto degna saria la grandezza dell’eccellenza vostra; al riguardo però delle belle e tante luminose virtù, che risiedono nell’animo eccelso dell’eccellenza vostra e del vivo incomparabile riflesso de’ raggi di esse, voglio sperare che rimarranno del tutto dileguate e disperse le mancanze, nelle quali abbia innocentemente possuto incorrere; non restandomi altro che umilmente chiederne la scusa e compatimento all’eccellenza vostra, se la piccolezza addunque dell’offerta non merita neppure ch’ella vi fissi lo sguardo, la supplico a riguardare il buon animo di chi gliel’offre, la venerazione, che le professo, e l’immutabile ossequio, con cui mi do l’onore di dedicarmi di vostra eccellenza umilissimo, devotissimo ed obligatissimo servitore.
 
    Giuseppe Balestra