Il conte Chicchera, Milano, Montano, 1759

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA II
 
 MANTECCA e detti
 
 Mantecca
 Signora, il mio padron...
 Lucrezia
                                               Il tuo padrone
 è un cavalier malnato.
 L’ho deriso mai sempre e non amato.
 Mantecca
965Mi manda il mio padron...
 Lucrezia
                                                   Digli che impari
 a trattar colle dame.
 Mantecca
                                       A dir mi manda...
 Lucrezia
 Vattene via di qua.
 Mantecca
                                      Come comanda. (In atto di partire)
 Ippolito
 Sentimi.
 Mantecca
                    Sì signor.
 Ippolito
                                        Per parte mia
 di’ a madama Lindora ch’io mi pento
970d’averla vagheggiata un sol momento.
 Mantecca
 Glielo dirò. (Come sopra)
 Ippolito
                         T’arresta.
 Dille che di Lucrezia
 il cuor vale un tesoro.
 Che le fui sconoscente e che or l’adoro.
 Mantecca
975Sarà servita. (Come sopra)
 Lucrezia
                           Ascoltami.
 Racconta al tuo padrone
 che sol per sua cagione
 con Ippolito mio sdegnata io sono.
 Ma che scuso il suo fallo e gli perdono.
 Ippolito
980(Oh amore! Oh cortesia!)
 Dille la gioia mia. (A Mantecca)
 Lucrezia
                                    Narra all’indegno
 che in dolce amor si convertì lo sdegno.
 Mantecca
 Sì, sarete serviti,
 farò l’obbligo mio;
985ma voglio dire anch’io
 con vostra permissione
 quel che ha detto di dirvi il mio padrone.
 
    «Vanne» mi disse «o servo,
 vanne dove sai tu.
990Dille...» Mi son confuso;
 non mi ricordo più.
 
    Ora... Mi par... Sì bene.
 Disse ch’è innamorato
 ma di chi poi non so.
995Di voi mi par di no.
 
    Dunque sarà di lei...
 Uh, mi bastonerei.
 Zitto, che mi sovviene;
 me ne ricordo affé.
 
1000   Disse ch’io vi dicessi
 quel che di dir mi ha detto...
 Cervello maladetto
 non vuoi più star con me. (Parte)