Il festino, Parma, Monti, 1757

Vignetta Frontespizio
 SCENA II
 
 Il CONTE, poi la CONTESSA
 
 il Conte
45Costui, per dir il vero,
 è un servitore antico
 che ama la mia famiglia;
 e a ragion mi riprende e mi consiglia.
 Servo una dama stravagante, inquieta
50ma in impegno son io, non vi è rimedio.
 Ecco la moglie mia; povera dama!
 Questa merita bene
 essere amata ed essere servita;
 ma servitù di sposo
55spesso è dopo tre dì bella e finita.
 la Contessa
 Conte, un piacer vorrei.
 il Conte
                                              Sì, comandate.
 la Contessa
 Ditemi, è ver che date
 una festa, una cena?
 il Conte
 
                                        Sì, egli è vero;
 e di dirvelo tosto avea in pensiero.
 la Contessa
60Si può saper chi sieno
 almeno i convitati?
 il Conte
 Lascerò che da voi sieno invitati.
 la Contessa
 Bene; invitiamo dunque
 le dame che frequentano
65la mia conversazione,
 Aspasia mia cugina,
 mia germana Enrichetta
 e la mia genitrice.
 il Conte
 E fra le altre madama Doralice.
 la Contessa
70Bravo, signor consorte;
 stupire i’ mi volea
 non ci fosse la vostra cicisbea.
 il Conte
 Cara consorte mia
 codesta gelosia,
75lasciate ch’io vel dica,
 è passione ordinaria e troppo antica.
 la Contessa
 Io gelosa non son; servite pure,
 se non basta una dama, e quattro e sei
 ma non posso e non vuo’ soffrir colei.
 il Conte
80Perché?
 la Contessa
                  Perché purtroppo
 so che tentò quel labbro
 prosontuoso, ardito
 screditarmi nel cuor di mio marito.
 il Conte
 Ma no, cara contessa.
85Conosco il mio dovere
 ed unisco il marito al cavaliere.
 Vi potete doler de’ fatti miei?
 Il cuore a voi, qualche attenzione a lei.
 
    Il gran mondo d’oggidì,
90lo sapete, vuol così.
 Vi dovete persuader
 che ogni dama ha il cavalier.
 Mi direte: «Ed io non l’ho».
 La canzon vi canterò.
 
95   Voi siete come il can dell’ortolano,
 non mangia e non ne vuol lasciar mangiare.
 Vivete a modo vostro, io vivo al mio;
 e m’intenda chi può, che m’intend’io. (Parte)