Le nozze, Venezia, Zatta, 1797

 SCENA VI
 
 TITTA e LIVIETTA
 
 Titta
 Io mostro aver bravura
 ma costui, per dir ver, mi fa paura.
225Non vorrei, non vorrei... Livietta è qui.
 Se mai un qualche dì
 Dorina m’intimasse la licenza,
 questa bona saria per non star senza.
 Livietta
 Il padrone vi chiama
230e voi qui cosa fate?
 Titta
 Ora vado, carina.
 Livietta
                                  Animo, andate.
 Titta
 Perché così stizzosa?
 Livietta
                                        Sono in collera
 con la padrona mia
 e senz’altro da lei voglio andar via.
 Titta
235Perché? Cosa v’ha fatto?
 Livietta
 Vuol far un’ingiustizia;
 ma non la soffrirò, no certamente.
 Vuol dar sposo a Dorina ed a me niente.
 Titta
 E ben, non dubitate,
240l’avrete ancora voi.
 Ne potrete pigliare uno per una.
 Livietta
 Io non voglio gli avanzi di nessuna.
 E poi per maritarmi
 non vuo’ che fra i padroni si contrasti;
245e mi pare di aver merto che basti.
 Titta
 Ditemi, Liviettina,
 caso che Dorina
 si sposasse a Mingone,
 cosa potrei sperar dal vostro amore?
 Livietta
250Che vi mandassi al diavolo di core.
 Titta
 Ma perché?
 Livietta
                         Torno a dirvi,
 caro il mio babbuino,
 ch’io non voglio servir di comodino.
 Titta
 Dunque, per quel ch’io sento,
255son bello e licenziato.
 Livietta
 Che volete da me? Siete impegnato.
 Titta
 Se vuo a disimpegnarmi,
 promettete d’amarmi?
 Livietta
                                             Non lo so.
 Siate libero e poi risponderò.
 Titta
260Brava! Così mi piace,
 ammiro la prudenza.
 Or vado di presenza
 dal padron, da Dorina... E so ben io...
 Basta, basta, chi sa? Livietta, addio.
 
265   Quel che mi bolle in testa
 certo nessuno il sa.
 Chiama il padron. Carina!
 Oh siete pur bellina!
 Vengo. Non so partire.
270Tutto vorrei pur dire.
 Eccomi. Vado e torno.
 Presto verrà quel giorno
 che il mio segreto amor...
 
    Lustrissimo. La servo.
275Cara, vi lascio il cor. (Parte)