Bertoldino e Cacasenno Bertoldo, Venezia, Fenzo, 1749

Vignetta Frontespizio
 SCENA IV
 
 BERTOLDO e detti
 
 Bertoldo
 Riverisco, o signor, con umiltà,
 non già voi ma la vostra maestà.
 Re
 Perché parli così?
 Bertoldo
                                   Perché, per dirla,
120v’apprezzo come re di questo impero
 ma come uomo non vi stimo un zero.
 Re
 Dunque, s’io non regnassi,
 meritar non potrei da te rispetto?
 Bertoldo
 Signor, vi parlo schietto;
125tutti nudi siam nati,
 tutti nudi morremo;
 levatevi il vestito inargentato
 e vedrete che pari è il nostro stato.
 Erminio
 Troppo libero parli.
 Bertoldo
                                       A me la lingua
130per libero parlar formò natura.
 Quel che sento nel cor dico a drittura.
 So che sincerità fra voi non s’usa,
 che dalla corte esclusa
 la bella verità sen va raminga;
135so che convien che finga
 chi grazie vuol sperar dal suo sovrano;
 so che l’uomo da ben fatica invano.
 Io, che grazie non curo,
 che insulti non pavento,
140dico quel che mi pare e quel che sento.
 Re
 (L’audacia di costui non è disgiunta
 da un maturo consiglio). Amico, io lodo
 la tua sincerità. Ti bramo in corte.
 Vuoi tu meco venir?
 Bertoldo
                                        Venir in corte?
145S’io venissi colà, povero voi.
 Poveri i cortiggiani. In poco tempo,
 scoprir vorrei, con il mio capo tondo,
 i vizi della corte a tutto il mondo.
 Erminio
 Di quai vizi favelli?
 Bertoldo
150Non mi fate parlar. Segrete trame,
 maldicenze pungenti,
 calunnie, tradimenti,
 sdegni, amori, rapine e crudeltà...
 Non mi fate parlar per carità.
 Re
155Puoi la lingua frenar?
 Bertoldo
                                          Non sarà mai.
 Tutto tor mi potrebbe un re severo
 ma non la libertà di dire il vero.
 Re
 Adunque in povertà viver tu vuoi?
 Bertoldo
 Son più ricco di voi.
 Erminio
160Come potrai dir ciò!
 Bertoldo
 Lo dico e il proverò.
 Il re non può far niente
 senz’oro e senza gente;
 io, che raccolgo della terra il frutto,
165mangio e bevo a mia voglia e faccio tutto.
 Re
 Orsù, dimmi, che vuoi?
 Bertoldo
                                              Nulla.
 Re
                                                            E a qual fine
 da me venisti?
 Bertoldo
                              A rimirar se il corpo
 de’ monarchi è diverso
 da quel di noi villani.
170Voi avete le mani
 e la testa e le gambe come me.
 Dunque tanto è il villano quanto il re.
 Erminio
 Così parli al sovrano?
 Bertoldo
 Io parlo da villano;
175e se un tale parlar vi dà dolore,
 io dunque me ne vado e v’ho nel core.
 Erminio
 Parti senza inchinarti?
 Re
 E sdegni di cavarti il tuo capello?
 Bertoldo
 Se scopro il mio cervello
180poss’anco raffreddarmi
 né la vostra maestà potrà sanarmi.
 Re
 Dunque siete sì rozzi?
 Qua non s’usa fra voi la civiltà?
 Bertoldo
 Queste sono pazzie della città.
 
185   Quando s’incontrano
 per la città:
 «Servo umilissimo,
 padron carissimo,
 il ciel la prosperi
190con sanità»;
 e nel cor dicono:
 «Possa crepar».
 
    Tutti si abbracciano,
 tutti si bacciano
195e si vorrebbero
 tutti scannar.