Il filosofo di campagna, Venezia, Zatta, 1795

 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
1020Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 TRITEMIO
                              Brava!
1025Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
1030lo potete arguire.
 TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
1035a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 TRITEMIO
 Via, pensiamoci adesso.
1040Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
1045Vado a prender Eugenia; in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)