Il filosofo di campagna, Venezia, Zatta, 1795

 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada, signor notaro, a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
 a prender altri fogli, altri capitoli,
645per provarvi di me lo stato e i titoli.
 TRITEMIO
 Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu;
 credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
650mi credete voi degno?
 TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 TRITEMIO
                                     Obbligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 TRITEMIO
                                      Per verità
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da chi dipende?
 TRITEMIO
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
655D’Eugenia non pavento.
 TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
 S’ella non fosse in caso
660del mio buon cuor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 TRITEMIO
 Bravo! Un uom di ragion si loda e stima.
 S’ella non puole, amici come prima.
 
665   Io son di tutti amico,
 son vostro servitor.
 Un uomo di buon cuor
 conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
670verrà ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che.
 
    Farò il possibile
 pel vostro merito,
675che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
 famoso egli è.