Il filosofo di campagna, Torino, Guibert e Orgeas, 1777

 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
935(Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
940Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro,
 per voi languisco e moro.
945Confesso il mio fallire
 ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
 Poverina!
 LA LENA
                     Vi pare
 che convenga sposare
 a un uom come voi femmina tale?
 NARDO
950Non ci vedo alcun male.
 Per me del vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
955Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
960che cosa importa a me, se bella e buona;
 peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
965la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
970il quinto è la virtù.
 Ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
975padrona di me.