Il filosofo di campagna, Mosca, Università Imperiale, 1774

 SCENA VI
 
 LENA ed il sudetto
 
 LENA
 Eccolo qui; la vanga
 è tutto il suo diletto. (Da sé)
215Se foste un poveretto, (A Nardo)
 compatir vi vorrei; ma siete ricco,
 avete dei poteri e dei contanti;
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia,
220più tosto che parlar come una sciocca,
 fareste meglio maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d’annoiarmi;
 voi dovreste pensare a maritarmi.
 NARDO
225Sì, volentieri. Presto
 comparisca un marito. Eccolo qui. (Accenna un villano)
 Vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccola io ve la do.
 Lo volete? Vi piace? (A Lena)
 LENA
                                        Signor no.
 NARDO
230Va’ a veder se passasse
 a caso per la strada
 qualche affamato con parucca e spada. (Al villano, il quale parte ridendo)
 Vedi? Ride Mingone e ti corbella.
 Povera vanarella!
235Tu sposeresti un conte o un marchese,
 perché in meno d’un mese,
 strappazzata la dote e la fanciulla,
 la nobiltà ti riducesse al nulla.
 LENA
 Ammogliatevi presto signor zio
240ma voglio poscia maritarmi anch’io.
 
    Di questa poverella
 abbiate carità.
 Io son un’orfanella
 che madre più non ha.
245Voi siete il babbo mio.
 Vedete caro zio
 ch’io cresco nell’età.
 
    La vostra nipotina
 vorrebbe poverina...
250Sapete... M’intendete...
 Movetevi a pietà. (Parte)