Il filosofo di campagna, Parma, Stamperia Reale, 1772

 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
1010egli viene a bravarmi in casa mia.
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava!
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
1015desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
1020Eh t’intendo, furbetta.
 Basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
1025Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 che ho mandato a chiamar per la figliuola,
1030farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia; in un momento,
 farem due matrimoni e un istromento. (Parte)