Il filosofo di campagna, Parma, Stamperia Reale, 1772

 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
920Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna;
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh, signor no.
925Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera, infelice!
 Compatite se tanto
930amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire;
 ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
935(Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 ad un uom come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso,
940serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
945che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se è bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
950che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà,
 secondo è la beltà,
955il terzo è la creanza,
 il quarto è l’abbondanza,
 il quinto è la virtù;
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa,
960sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)