Il filosofo di campagna, Mannheim, Stamperia Elettorale, [1771]

 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 DON TRITEMIO
555Eccola qui; vedete se son io
 un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
 benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
 ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
560Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia;
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
565L’udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
 entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          Eppur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
570s’ha da far; s’ha da far... se si potrà,
 dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                          Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 DON TRITEMIO
                                                         A voi; (Chiede la mano a Rinaldo)
 prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
575Nardo con quell’anello la sposò;
 e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come!
 DON TRITEMIO
                Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                       Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
580non si può, figlia mia, scioglier l’impegno.
 Voi che dite, signor? (A Rinaldo)
 RINALDO
                                         Dico che tutti,
 perfidi, m’ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
585La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso).
 Udite; ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...